Il vento della Padania

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Mer, 24/06/2009 - 20:35

v.carraro

Iscritto dal: 18/11/2000

Se si prende come punto di riferimento la Seconda repubblica, si deve ormai constatare che la Lega Nord di Umberto Bossi è diventato il partito più vecchio d'Italia. Tutti gli altri, magari pur avendo riferimenti ideali e radici antiche, hanno cambiato nome. In alcuni casi il fatto è stato determinato da eventi epocali come l'implosione del comunismo sovietico. Altri hanno preferito modificare i loro simboli dopo la discussa stagione di Tangentopoli. Altri ancora sono sorti in pochi mesi come Forza Italia, confluito oggi nel Partito della libertà insieme agli ex missini di Alleanza nazionale. Il panorama politico italiano è profondamente mutato. Insomma, la forza politica che, alla fine degli anni Ottanta rappresentava un'assoluta novità, è diventato un movimento quasi tradizionale che si è radicato sul territorio in quasi tutto il Nord italiano e secondo alcuni osservatori sta già attraversando il “confine politico” rappresentato dal fiume Po. Sulla Lega ci sono stati diversi studi, molti saggi sociologici e molte analisi di trasformazione economica del tessuto produttivo del settentrione italiano che cercano di spiegare l'irruzione della Lega sulla scena politica italiana, soprattutto in zone dove si votava massicciamente Democrazia cristiana, ma anche socialista e comunista.

Il primo che seppe tradurre in linguaggio giornalistico il fenomeno Lega, aggiungendo la cronaca politica alle considerazioni di carattere generali fu Daniele Vimercati, che era vicinissimo anche al personaggio Umberto Bossi. In un periodo in cui la Lega e Bossi erano confinati quasi nel folklore, oppure “nella febbre di un Paese”, come diceva Ciriaco De Mita, Vimercati seppe spiegare chiaramente le ragioni profonde della nascita del Carroccio e seppe anche delineare la capacità, il fiuto politico del “popolano” Senatùr. Oggi, ai libri di Vimercati si è aggiunto un testo di notevole valore storico, che nasce dal gusto di una cronaca quasi minuziosa, fatta da un grande giornalista, Guido Passalacqua, inviato di Repubblica da Milano. Il libro, edito da Mondadori ha un titolo un poco evocativo, ma sostanzialmente secco, “Il vento della Padania” e ricostruisce il tragitto politico della Lega dai tempi della prima Pontida fino alla vittoria politica del centrodestra alle elezioni del 2008, con l' insediamento del nuovo governo Berlusconi. Passalacqua, nella sua precisa cronaca, aggiunge conoscenze che al grande pubblico sono passate forse sotto traccia. Ad esempio quella della formazione e trasformazione dei movimenti autonomisti e anche secessionisti del Nord in una grande forza politica. Qui emerge la vera capacità del Senatùr, di quell'Umberto Bossi che a volte sbandava tra secessionismo e federalismo, che a volte si sdoppiava nel gioco politico con i suoi luogotenenti, ma che aveva sempre ben chiaro il suo obiettivo: fare entrare nel grande gioco politico italiano forze disperse e separate sul territorio settentrionale con una sostanziale unificazione; diventare in seguito decisivo nel nuovo bipartitismo italiano in formazione.

In effetti, nel momento in cui Bossi si impegna in politica, al Nord non ci sono solo le enclave storiche, con addirittura lingue differenti, come l'Unione Valdotaine e i sudtirolesi altoatesini. Sparsi per il Settentrione ci sono: la Liga Veneta di Franco Rocchetta, vari movimenti autonomistici in Piemonte come quello di Gipo Farassino, anche vari tipi di “autonomismo lombardo”. Alcuni hanno una lunga storia, altri sono la “spia” di un localismo che si oppone al processo di globalizzazione abbandonando ideologie ormai decadenti. Ma nessuno di questi movimenti, nemmeno i più radicati, riesce a divincolarsi dal suo ristretto localismo. È Bossi che capisce invece la forza del Nord economico e sociale. Una forza che può trasformarsi in grande movimento politico. Ed è in questa costruzione complicata, ricca di colpi di scena, di scissioni e ricomposizioni interne, che Bossi compie il suo “primo capolavoro”. Passalacqua lo spiega dettagliatamente, rivisitando le date e portando alla luce i vari passaggi, quasi riunione dopo riunione, all'interno della Lega.

Basterebbe prendere in considerazione questo periodo storico della Lega Nord, che Passalacqua passa al setaccio, per comprendere come Bossi e il movimento siano stati sottovalutati, scambiati per “qualunquisti” alla Guglielmo Giannini, oppure per un impasto poco comprensibile di bizzarre rivendicazioni ideologiche, etniche, regionali. In realtà, Bossi ha fatto il “fuoco con la legna “ che aveva a disposizione e quando la Lega è stata organizzata ha vinto la sua prima partita decisiva. Poi, imbarcando in un primo tempo personaggi come il professor Gianfranco Miglio o Irene Pivetti, per poi scaricarli, è riuscito ad arrivare a quella che rappresenta la “seconda fase” della Lega, cioè una grande presenza politica nazionale. Ora si può dire che la Lega Nord stia entrando in una “terza fase” della sua storia: quello dell'insediamento sul territorio con una nuova classe dirigente di amministratori locali, puntando a una sintesi di classico movimento politico: essere un riferimento di grandi scelte nazionali e allo stesso tempo presidiare saldamente il proprio territorio.

E' incredibile come nessuno dei grandi politici della prima repubblica, salvo forse Bettino Craxi, abbia saputo comprendere la portata esplosiva che poteva avere la Lega sul piano politico e sociale. Passalacqua mette bene in evidenza questo fatto e riesce a pescare l'allarme che all'inizio del 1991 aveva lanciato la Fiom-Cgil della Lombardia: “Tra i metalmeccanici lombardi c'è una forte permeabilità alla cultura o quanto meno al sistema dei valori propugnato dalla Lega: localismo, antipartitismo, intolleranza sociale”. Commentando quello studio della Fiom, Passalacqua chiosa giustamente: “La Fiom lombarda aveva visto bene e lontano se si guardano i commenti dopo le elezioni del 2008 sul voto operaio alla Lega”. Cioè per spiegare la spostamento di voti da sinistra alla Lega. In realtà, il “vento” della Padania lo capirono le associazioni di base, territoriali, i commercialisti che compilavano la cartella delle tasse ai piccoli imprenditori. Ma non lo capì il mondo della politica.

Milano, 24 giu (Velino)

E' stato Marco Pannella ad affossare i 20 referendum rifiutandone l'accorpamento elettorale con le amministrative e la conseguente garanzia di quorum.

Lun, 28/03/2011 - 04:28