Telecom, l'inchiesta si allarga:"Spiati i pm Colombo e D'Ambrosio"
• da Repubblica.it del 29 gennaio 2007
di Piero Colaprico, Giuseppe D'Avanzo
I pubblici ministeri di Milano stanno verificando se i detective, ingaggiati dalla Pirelli, abbiano spiato illegalmente tra il 2004 e il 2005 Gherardo Colombo (oggi giudice in Cassazione) e Gerardo D'Ambrosio (oggi senatore dei Ds), l'uno e l'altro tra i protagonisti della stagione di Mani Pulite. La necessità di un accertamento nasce dallo spulcio dell'archivio di Marco Bernardini, il private eye che con Emanuele Cipriani (Polis d'Istinto) e Gianpaolo Spinelli (Global Security Services) è stato il braccio operativo della Sicurezza di Pirelli/Telecom diretta da Giuliano Tavaroli.
Dall'archivio sono saltate fuori le schede delle operazioni controllate dagli uomini di Bernardini. In ogni scheda, i nomi (in codice) degli "operatori", il nome (in codice) dell'"operazione" e, in molti casi, il nome dell'obiettivo.
Nelle carte, che Repubblica ha potuto leggere, è possibile risalire anche al committente dello spionaggio. C'è una legenda del numero dei protocolli con cui le operazione vengono archiviate. Pirelli è "1". Telecom è "2". I lavori trasmessi dalla "Global Security Services" di Gianpaolo Spinelli a Marco Bernardini sono collazionati con la sigla "Gp". E' aggiunta la lettera "E" se è necessario allargare l'indagine abusiva all'estero e "R" se lo "studio" - par di capire così - è a "rete", da un personaggio all'altro, da una società all'altra, da un Paese all'altro.
Alla fine del 2004, Marco Bernardini è alle prese con, per lo meno, venti "operazioni" commissionate dalla Cavi e Sistemi Pirelli.
Ecco il codice delle operazioni: Monte; Garbo (Giorgio Garbellini); Cavallo (Andrea Cavalli); Profeta (Walter Giacobbe); Soda; Kuneo; Brigitte; Casanova; Moto; Akuel; Drago; Wolf (Wolf Gang Staele); Rose; Kazakistan; Slovacchia, Corona (in Lussemburgo); Cheope (in Egitto); Biscotto (in Togo); Duma (in Russia). E' in questo elenco che i pubblici ministeri hanno ritrovato le tracce dello spionaggio contro Gherardo Colombo e Gerardo D'Ambrosio. Con il numero di protocollo "1/5" è segnalata l'Operazione Piccione. E' una due diligence.
La formula maschera, nei rapporti tra il detective e il committente, lo spionaggio che viene definito così: "Informazioni/investigazioni di ordine approfondito in area nazionale su persone fisiche finalizzate a poter tracciare un indice di affidabilità, con riferimenti patrimoniali e indicatori di rischio". C'è un altro modo, a quanto pare, per camuffare l'attività illegale di spionaggio Nell'archivio di Bernardini sono state rintracciate note in bianco in cui Pierguido Iezzi, già responsabile della Sicurezza delle Informazioni prima in Pirelli e poi in Telecom, assegnava a Bernardini un'indagine (preliminare) con l'obiettivo formale e giuridico di avviare una non meglio precisata "iniziativa legale".
Nell'Operazione Piccione contro Gherardo Colombo, ancora in via di accertamento, sono coinvolti tre spioni. In codice, "C4", "K2" e "Chalet". Sono sei invece i "segugi" in azione nell'Operazione San Gennaro contro il napoletano Gerardo D'Ambrosio (numero del protocollo 1/6): "C4", "K2", "Chaled", "Shalom", "Diodo", "Az". Le schede Colombo (Piccione) e D'Ambrosio (San Gennaro) sono raccolte nello stesso file (e in una voce diversa) che custodisce le notule dello spionaggio contro Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera. "Operazione Mucca Pazza", numero di protocollo 2 (Telecom)/2. Operatori "K2" e "Josef". La documentazione dà conto con minuzia delle spese sostenute per il lavoretto sporco. L'undici gennaio del 2005 è necessario seguire Mucchetti in auto (il pieno costa 78 euro) e stargli dietro in un ristorante (66 euro).
Questa faccenda dei soldi non è un dettaglio trascurabile.
Dalle carte dell'archivio, risulta evidente che la cifra destinata allo spionaggio da Telecom/Pirelli è ben superiore ai 20 milioni di euro in nove anni, di cui si è parlato finora. In un solo mese del 2004, Bernardini riceve 462mila euro e spiccioli da Telecom Italia. Importi simili si succedono nei mesi . E in più ci sono: 11.910 da Telecom Brasile; 105.500 da Pirelli; 22.270 per i mezzi e gli uffici di Roma e Milano.
Eccentrici anche i modi di pagamento. Le "Operazioni" erano retribuite, come si legge da decine di note bancarie, presso un istituto di credito di Annandale, Virginia, la Suntrust Bank, 7617 Little River Turnpike (la Global Security Services di Gianpaolo Spinelli è nei dintorni, al 4504 di Mullen Lane).
I saldi della Telecom agli spioni sono vari e anche cospicui. Si va dai 1.200 euro dell'"Operazione Pira" (3 marzo 2005, la distruzione dell'archivio della Security, una volta avviata l'inchiesta giudiziaria) ai 156 mila dell'Operazione Gancio (14 gennaio 2005) o ai 240 mila dell'"Operazione Zucca" (12 gennaio 2005).
E' singolare che non ci sia un'unica fonte di pagamento. A volte il dovuto agli spioni è liquidato da Telecom Italia, via Torino 2. A volte, dal Centro servizi amministrativi della Telecom, piazza Affari 2. E' poi singolarissima la forma di pagamento. Niente "check". Niente "credit card". Sempre e soltanto "cash", come si legge nelle note della banca americana. Moneta sonante, dunque.
La procedura inusuale conferma, comunque, che lo spionaggio non è stato retribuito da una sola sorgente di pagamento. Dunque, non solo dalla Security di Giuliano Tavaroli. Da chi, allora? Aiutano a sciogliere il nodo alcune lettere pre-stampate sequestrate a Bernardini. "Il vicepresidente per l'Europa della Global Security Services" (così firma le missive), il 15 febbraio 2005, spedisce un preventivo di 77 mila dollari per servizi di "competitive intelligence area nazionale e Svizzera, Inghilterra e Brasile" non a Giuliano Tavaroli, ma al "dott. Valente".
Il "dott. Valente" è Giancarlo Valente, il gestore del "Fondo del Presidente" della Telecom, Marco Tronchetti Provera. E non poche operazioni di intelligence (sei su dieci, stando ai primi atti dell'inchiesta), sono state retribuite da Giancarlo Valente con risorse di quel "Fondo".
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O.376/2010 del 15/12/2010
Camera di Consiglio del 15/12/2010, Presidente DE SIERVO, Redattore TESAURO
Conflitto: Ammissibilità di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della nota del Presidente del Consiglio dei ministri 03/12/2009, n. 50067/181.6/2/07.IX.I e della nota del Presidente del Consiglio dei ministri 22/12/2009, n. 52285/181.6/2/07.IX.I
Oggetto: Segreto di Stato - Procedimento penale a carico di Nicolò Pollari e di Pio Pompa, rispettivamente direttore e collaboratore poi dipendente del SISMI all'epoca dei fatti - Note del Presidente del Consiglio dei ministri di conferma del segreto di Stato opposto dagli imputati.
Dispositivo: ammissibile
Atti decisi: confl. pot. amm. 7/2010
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2010-12-24/perche-telecom-chiedera-danni-110528.shtml?uuid=AY9MIKuC#continue
Ecco perché Telecom non agirà contro Pirelli e perché la Consob ha riaperto il caso
di Antonella OlivieriCronologia articolo24 dicembre 2010
Storia dell'articolo
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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2010 alle ore 11:28.
Niente liti, è Natale. Il board Telecom Italia rinuncia all'ipotesi di avviare azioni di responsabilità contro i precedenti amministratori per le vicende giudiziarie che hanno interessato il gruppo negli ultimi anni (Tavaroli & dossier, carte Sim fasulle, frode Sparkle), ma la Consob fa riaprire un caso che sembrava già chiuso. La Commissione ha chiesto infatti di spiegare meglio al mercato cosa è successo nella riunione di giovedì 16 dicembre, quando il consiglio ha deciso di soprassedere. Regalando così un insolito «dietro le quinte» ufficiale.
Questa, dunque, alla luce anche delle integrazioni comunicate ieri in tarda serata, la ricostruzione degli avvenimenti. Il giovedì della settimana scorsa il consiglio di amministrazione Telecom si riunisce al gran completo per l'ultimo appuntamento dell'anno. Al punto 3 dell'ordine del giorno, sotto la voce «comunicazioni», c'è un'indicazione in codice: «progetto Greenfield - report risultanze». Si tratta del lavoro di ricognizione commissionato alla società di revisione Deloitte per evidenziare tutte le possibili criticità aziendali legate alle vicende finite sotto la lente degli inquirenti. I consiglieri è la prima volta che l'esaminano: a chi l'ha chiesto non è stato consegnato. Qualche dettaglio però filtra sulla stampa e proprio giovedì esce un pezzo ben informato su Repubblica.
La documentazione, si apprende dalle integrazioni, viene dunque a quel punto messa a disposizione dei consiglieri: il rapporto Deloitte (qualche centinaio di pagine) e i pareri legali degli avvocati (Bruno Cova e Franco Bonelli) incaricati di formulare una valutazione sull'esperibilità di un'eventuale azione di responsabilità che, giocoforza, chiamerebbe in causa la Pirelli di Marco Tronchetti Provera, all'epoca dei fatti contestati principale azionista della compagnia telefonica. Tronchetti ha lasciato il board Telecom e con questo la carica di presidente nel settembre 2006 e dunque, direttamente, le sue responsabilità si fermano lì. A settembre del prossimo anno cadono perciò i primi termini di prescrizione per un'eventuale azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori «esecutivi». L'ultima assemblea in calendario, utile per deliberare nel merito, è quella della prossima primavera che, oltre ad approvare il bilancio, dovrà anche provvedere a rinnovare il consiglio, comprese le cariche di presidente e amministratore delegato oggi affidate, rispettivamente, a Gabriele Galateri e Franco Bernabè.
Nel consiglio della settimana scorsa, dunque, il compito di illustrare in sintesi le risultanze del report Deloitte spetta al capo-progetto Antonio Cattaneo. Cova e Bonelli espongono le loro valutazioni. «Tecnicamente», si apprende dalla comunicazione sollecitata dalla Consob, l'azione è «proponibile», ma quali sono le reali possibilità di vincere una battaglia legale su questioni per definizione opinabili? Cova è possibilista, Bonelli (e non da ieri) invece è scettico, anche perchè non c'è giurisprudenza in materia cui fare riferimento. Ad ascoltare ci sono tutti, tranne Tarak Ben Ammar: il "mediatore d'affari" franco-tunisino, legato da rapporti di lunga data al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si assenta nel bel mezzo dell'esposizione dei consulenti per "precedenti impegni".
Tenuto conto della complessità della materia e della mole della documentazione prodotta, l'ad Bernabè propone di rinviare ogni decisione a una successiva riunione del consiglio. Il board però, considerato anche che indiscrezioni sul progetto Greenfield sono già in circolazione come risulta dagli articoli di stampa, preferisce esprimere subito un orientamento per non lasciare sospesa per settimane una questione delicata che coinvolge anche un'altra società quotata. Si conviene di rivedere la posizione, dovessero emergere fatti nuovi anche dal fronte giudiziario, ma, pur senza votare, il consiglio si trova d'accordo sul fatto che non ci sono elementi sufficienti per suggerire l'avvio di un'azione di responsabilità contro i precedenti amministratori esecutivi.
Tutti d'accordo, tranne uno: il consigliere indipendente, nominato dalla lista dei fondi, Luigi Zingales che fa mettere a verbale la sua «totale contrarietà» all'orientamento emerso dal cda. I motivi li ha precisati ieri la nota Telecom. Zingales «ha anzitutto condiviso il suggerimento formulato dall'amministratore delegato di rinviare le discussione a successiva riunione», e «in mancanza – sulla scorta di una valutazione da parte sua dell'illustrazione degli stessi pareri legali, che, tecnicamente, consentono la proponibilità di un'azione – si è dichiarato favorevole all'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori esecutivi cessati, in base a considerazioni di principio e di equità, e comunque a fronte dei costi in termini d'immagine e gestionali che, a sua opinione, la scelta di non farla avrebbe comportato».
E il collegio sindacale? Pure sollecitato dalla Consob, fa sapere di avere avviato, anche con l'ausilio di propri consulenti legali, l'analisi della documentazione, per «le eventuali iniziative che ritenesse necessario assumere», intendendo comunque esprimere le proprie valutazioni in tempo per il deposito della relazione all'assemblea di bilancio. I sindaci, precisa comunque la loro nota, non hanno rilevato «irregolarità» nel corso della riunione consiliare del 16 dicembre.
Una digressione riguarda il caso Sparkle, che ha già prodotto l'avvio di un'azione di responsabilità contro l'ex amministratore delegato della controllata, Stefano Mazzitelli. La nota integrativa del cda dà conto dell'intervento di Zingales, sempre nella riunione della settimana scorsa, che ha riferito «in merito alle analisi documentali personalmente svolte in merito alla vicenda, esponendo alcune considerazioni personali e formulando una serie di quesiti». «Alcuni di detti quesiti – prosegue un po' criptica la nota – sono stati fatti oggetto di esplicita trattazione da parte dei consulenti, con rappresentazione di conclusioni difformi da quelle autonomamente raggiunte dal consigliere, peraltro sulla base di un più limitato supporto informativo». Alcuni dei profili sollevati potranno però «diventare oggetto di trattazione in una successiva riunione» del board.
Il giorno successivo Tronchetti aveva commentato in un'intervista rilasciata al Tg1 di non essere sorpreso dell'orientamento espresso dal consiglio Telecom, dato che, aveva rivendicato, alcuni dei fatti censurabili erano stati scoperti e denunciati proprio dalla sua gestione. L'Asati, l'associazione dei piccoli azionisti Telecom, aveva invece gridato allo scandalo, appellandosi alla Consob per supposti conflitti d'interesse dei consiglieri. Pirelli & C, a sua volta, aveva preannunciato un contro-esposto alla Consob per le rappresentazioni a suo giudizio non veritiere dei fatti. Da ultimo, il presidente dell'Adusbef Elio Lannutti aveva presentato un'istanza parlamentare. Il caso, però, allo stato dell'arte sembrava chiuso. Sarà da verificare in che misura il dossier sia stato riaperto dall'intervento della Consob che, per inciso, non può e non vuole entrare nel merito delle decisioni degli organi societari, ma può e vuole pretendere tutta la trasparenza opportuna, tanto più che la situazione non ha precedenti.
"La Repubblica", VENERDÌ, 24 DICEMBRE 2010
La procura punta a verificare se esista qualche ulteriore nesso tra i precedenti manager, mai indagati, e i responsabili della Security finiti nell´inchiesta. Il rapporto infatti è una consulenza che la Telecom ha commissionato alla società di revisione per capire di chi siano le responsabilità nelle condotte illecite emerse durante la gestione precedente e per ripercorre i processi decisionali all´interno del gruppo, concludendo che non esiste in Telecom Italia un adeguato sistema di controllo. Per di più sul tema della consapevolezza dei vertici, il rapporto contiene alcuni capitoli specifici, corredati da testimonianze mai prese in considerazione nei vari procedimenti penali. Fra le più significative, l´Audit del dicembre 2003 che anticipava le falle nella gestione dei pagamenti effettuati ai fornitori della Security attraverso la procedura semplificata e le e-mail di Tavaroli o di alcuni dirigenti di Telecom Italia.
In una di queste, datata 16 novembre 2005, per esempio, emerge chiaramente un contatto diretto tra l´allora amministratore delegato, Carlo Buora, e Tavaroli. Buora dopo aver ricevuto una e-mail relativa a una società che propone servizi di sicurezza, la gira a Tavaroli dicendo «Ci pensa lei?». Il giorno seguente Tavaroli chiede informazioni a un collega: «Tramite i tuoi soliti contatti mi fai sapere chi sono che rispondo a CB (Carlo Buora, ndr)?». E così via altra corrispondenza che denota una linea diretta tra i vertici e l´ex numero uno della Security.
La Consob, invece, ha chiesto alla società di spiegare come è andato il consiglio del 16 dicembre, di dettagliare meglio chi era presente e come si è svolta la discussione. Alla fine dei lavori, in cui il board aveva sommariamente analizzato il rapporto Deloitte, il consiglio di amministrazione di Telecom Italia aveva fatto sapere che non avrebbe proposto un´azione di responsabilità, specificando però che si riservava di valutare eventuali nuove iniziative sulla scia di quanto avrebbe fatto la magistratura milanese. Sotto questo profilo, il rapporto Deloitte potrebbe avere qualche aspetto interessante.
L´unica voce discordante era stata quella del consigliere Luigi Zingales, eletto dai fondi, che, oltre ad avere avuto un forte scontro con il collegio sindacale, era apparso in disaccordo con l´interpretazione data dai consiglieri sul parere dei due consulenti legali, lo studio Bonelli Erede & Pappalardo e Paul Hasting. Entrambi riconoscevano uno spazio per avviare l´azione di responsabilità, ma, soprattutto, lo studio Bonelli, metteva in luce le difficoltà e l´opportunità di azione legale per la mancanza di precedenti e la gogna mediatica che avrebbe procurato. Nessun parere escludeva quindi la possibilità di avviare l´azione di responsabilità.
"La Repubblica", VENERDÌ, 17 DICEMBRE 2010
Insomma tutti i consiglieri ad esclusione di Zingales sono stati ben contenti di togliersi un peso di dosso senza neanche prendersi un po´ di tempo per leggere le carte raccolte dalla Deloitte. D´altronde era facile attendersi un esito simile poiché quasi tutti i consiglieri hanno legami più o meno evidenti con la Pirelli di Marco Tronchetti Provera. Il quale ha potuto contare sulla "moral suasion" pesante del presidente di Generali Cesare Geronzi, compagnia che ha investito pesantemente in Telecom anni addietro. Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca, e Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo, sono azionisti di Pirelli attraverso le rispettive banche. Tarak Ben Ammar è legato da stretta amicizia con Geronzi ed è entrato in consiglio per conto di Mediobanca. Aldo Minucci e Mauro Sentinelli sono espressione di Generali, anch´essa azionista di Pirelli, Elio Catania è stato indicato da Intesa, Jean Paul Fitoussi da Generali mentre Paolo Baratta è consigliere indicato dall´azionista Marco Fossati ed era presente anche nella passata gestione come rappresentante dei fondi. Forse poteva parlare Roland Berger, stimato consulente indipendente, entrato in cda su richiesta di Fossati, ma evidentemente non ha ritenuto opportuno prendere posizione contro uno schieramento di cotanti potenziali clienti. Certo, questa è l´ennesima dimostrazione che la governance di Telecom dell´era Mediobanca-Intesa-Generali è assai poco rappresentativa dell´azionista-mercato, ma ciò non è una novità. D´altronde, è il ragionamento di diversi consiglieri, perché dovremmo noi prendere delle iniziative pesanti se anche la magistratura non ha affondato il colpo contro Marco Tronchetti Provera e Carlo Buora? E Franco Bernabè, l´ad di Telecom che ha incaricato la Deloitte, pensi piuttosto a gestire meglio le attività del mobile piuttosto che andare a disturbare il salotto buono con le sue inziative in nome della trasparenza.
"La Repubblica", VENERDÌ, 17 DICEMBRE 2010
Un elenco di operazioni che hanno interessato le Procure di mezza Italia, che hanno provocato danni alla società e che sono state compiute quando le leve di comando del gruppo telefonico erano in mano alla Pirelli. Ieri i consiglieri avrebbero dovuto solo prendere atto della documentazione e ascoltare i pareri di due esperti legali, il professor Franco Bonelli (Bonelli Erede & Pappalardo) e l´avvocato Bruno Cova (Paul Hasting), incaricati di spiegare se vi fossero i margini per un´azione di responsabilità nei confronti di Marco Tronchetti Provera e degli altri manager. Invece i consiglieri, espressione degli azionisti concentrati in Telco (Telefonica, Intesa, Generali e Mediobanca) e quelli eletti dal gruppo Fossati, hanno preferito pronunciarsi subito e sgombrare il campo da eventuali incertezze. «Non faremo nessuna azione di responsabilità».
L´unica voce dissonante è stata quella di Luigi Zingales, professore di Finanza all´Università di Chicago, eletto dai fondi. Lo spazio per un´azione di responsabilità c´è – pensa Zingales - come hanno dimostrato entrambi i pareri legali. Le vistose carenze di controllo rilevate dalla Deloitte confermano le violazioni dell´articolo 2381 del Codice civile, che obbliga gli amministratori ad adottare strutture di governo societario adeguate. Mancano, invece, soprattutto secondo il parere del professor Bonelli, l´opportunità e le possibilità di successo di una causa, non esiste giurisprudenza al riguardo e i precedenti di azioni di responsabilità contro gli amministratori sono relativi per lo più a casi di fallimento. Non ci sono neppure sentenze di condanna e le probabilità di successo sono, appunto, scarse. Si può dire semmai che gli amministratori non siano stati bravi, ma dimostrare che siano stati responsabili di quanto accaduto è estremamente difficile.
La business judgment rule, mutuata dalla giurisprudenza statunitense e citata dal professor Bonelli, stabilisce che l´agire dei consiglieri si presume corretto finché non vi è la prova che abbiano violato i loro doveri. E in questo caso, al di là dell´ostacolo giuridico nel dimostrare la prova, non vi è alcuna evidenza che gli amministratori abbiano agito nel proprio interesse o contro quello della società, distraendo soldi per esempio. Semmai dovessero emergere altre evidenze da qui al prossimo anno, soprattutto in ambito penale, ci sarà ancora spazio nel consiglio che si terrà a gennaio per inserire l´azione di responsabilità nell´ordine del giorno dell´assemblea di aprile. Secondo i legali, a sfavore dell´azione di responsabilità hanno pesato anche gli oneri di una eventuale causa, la graticola mediatica, nonché le conseguenze sui titoli Telecom e Pirelli. Per l´Asati, l´associazione che rappresenta i piccoli azionisti di Telecom, «la decisione adottata rappresenta un grave vulnus ai danni degli azionisti di minoranza e di tutti i dipendenti».
"La Repubblica", GIOVEDÌ, 16 DICEMBRE 2010
La conclusione è messa nero su bianco nel rapporto Deloitte che oggi verrà illustrato ai consiglieri di Telecom Italia. Ed è la medesima conclusione dalla quale partono i due studi legali (Bonelli, Erede & Pappalardo e Paul Hasting) incaricati di fornire un parere sulla possibilità di compiere un´azione di responsabilità contro la precedente gestione. Per entrambi, Marco Tronchetti Provera e i suoi manager, non hanno messo in piedi un adeguato assetto organizzativo, mostrando soprattutto un carente sistema di controllo e gestione. Nel caso della Security, poi, ai tempi in mano a Giuliano Tavaroli, i costi sono stati eccessivi, così come il ricorso alla "procedura semplificata" per i pagamenti dei fornitori, un modo per eludere i controlli. La sorveglianza era tanto bassa che venivano pagati servizi senza nessuna prova della loro realizzazione. L´abuso di questa procedura era già stata denunciata nel 2003 da un audit interno, eppure nel 2004 è stata utilizzata «per circa - si legge nel rapporto Deloitte - l´80% del consuntivato nell´anno 2004». E l´autore dell´audit, Maurizio Nobili, mette a verbale che con i fondi della Security sarebbero stati pagati ben 38 politici. Il report era nelle mani del giornalista Guglielmo Sasinini.
Sono impressionanti anche i numeri del mancato controllo sulla rete dei rivenditori di servizi, i dealer, accusati di aver attivato sim card false per ottenere premi aziendali. Per Deloitte, le prepagate irregolari sono state 6,8 milioni, soprattutto tra il 2005 e il 2007. Un´enormità se si pensa che a fine 2007, le sim card prepagate di tutto il gruppo Telecom erano 30,8 milioni. Che i vertici sapessero di questa gestione allegra della Security e dei numeri delle linee telefoniche mobili, lo denunciano a più riprese gli stessi manager di Telecom finiti davanti ai pm, ovvero Tavaroli, Nobili, Pierguido Iezzi per la Security e Luca Luciani, Lucio Golinelli e Gabriele Della Vedova per le sim card. Ed è Luciani noto per le sue gaffe su Napoleone, a denunciare apertamente i vertici: erano a conoscenza del fenomeno «oltre a me - dice Luciani nel suo interrogatorio del 13 maggio 2009 - e alla struttura da me dipendente, anche i miei superiori, inclusi gli amministratori delegati succedutisi nel tempo». Fa un nome in particolare: «Ruggiero (Riccardo n.d.r.) diventa l´uomo forte dell´azienda. Impone una politica commerciale spinta ed esercita pressioni finalizzate all´incremento progressivo delle quantità commerciali di vendita». Insomma, i controlli aziendali erano carenti, da qui lo spazio per un´azione di responsabilità, nella quale resta poi da dimostrare che i vertici siano stati più consapevoli che incapaci nel gestire (business judgment rule). Con l´incertezza poi di una totale mancanza di precedenti al riguardo.
"La Repubblica", MARTEDÌ, 07 DICEMBRE 2010
Secondo le prime indiscrezioni, il rapporto è diviso in quattro parti. La più corposa riguarda le vicende della Security, già in scena al Tribunale di Milano. Oltre a ripercorrere il processo, i consulenti hanno analizzato la società, la sua governance, chi ricopriva le varie funzioni della Security e le procedure con cui si acquistava "sicurezza". Queste erano sostanzialmente di due tipi, una ordinaria e una semplificata e proprio l´abuso della procedura semplificata sarebbe stata al centro di un audit effettuato già nel 2003 da Maurizio Nobili, ai tempi uno dei revisori aziendali. Un allarme caduto nel vuoto, visto che qui si potevano annidare falle nel sistema. Di fatto poi la ricompensa delle fatture degli investigatori privati Emanuele Cipriani e Marco Bernardini, tra i protagonisti dei dossieraggi illeciti, è passata proprio attraverso questo canale. La cattiva gestione della sicurezza avrebbe arrecato alla società danni riscontrabili per circa 50 milioni di euro, mentre non sono stati quantificati da Deloitte i danni di immagine e di reputazione.
Una seconda parte si occupa della questione Telecom Italia Sparkle, la frode Iva sul traffico telefonico internazionale. E lo fa non nel suo insieme, ma solo in un aspetto marginale, perché la parte più corposa, anche dal punto di vista dei danni (circa 400 milioni di euro da risarcire al Fisco), è stata lasciata al Tribunale di Roma, dove la società ha chiesto di costituirsi parte civile. Deloitte analizza il traffico telefonico solo delle controllate di Singapore e di San Marino di Telecom Italia Sparkle e denuncia le varie anomalie, ma lascia fuori la controllante depotenziando di molto il valore finale degli eventuali danni.
Un terzo punto del rapporto passa in rassegna il caso delle sim card con intestazioni fittizie e giunge a stigmatizzare il sistema di controllo dei rivenditori, i "dealer Telecom" lasciati spesso liberi di fare quello che volevano. Deloitte ha conteggiato tra i 20/30 e i 60/70 milioni di euro i danni subiti per la carenza di controllo nel commercio di sim false. L´ultimo punto, infine, si occupa delle vendite anomale di servizi premium e dei terminali, ponendo l´accento sugli aspetti gestionali e di nuovo sulle procedure di controllo.
Il consiglio del 16 non sarà dirimente, ma prenderà atto solo della documentazione prodotta. La decisione sull´azione di responsabilità dovrebbe slittare al prossimo anno, verosimilmente a gennaio, quando si inizierà a lavorare all´ordine del giorno dell´assemblea annuale. La stessa riunione in cui gli azionisti dovranno esprimersi sul rinnovo del mandato dell´attuale amministratore delegato, Franco Bernabè.
EMILIO RANDACIO
"Falsa" perché le indagini della procura di Milano condotte dal pm Alberto Nobili, iniziate in seguito a un esposto della società telefonica, hanno appurato che quella microspia, in realtà non era una microspia, ma un pezzo di un telefonino Motorola. Nel 2004 Nobili, prima dello scandalo sul dossieraggio illecito, archiviò la questione senza porsi il problema di capire chi avesse avuto l´interesse a creare tutta quella messa in scena.
Il ritrovamento della finta cimice in effetti è cruciale nella vita dell´azienda, in quanto permette di sostituire sia il segretario generale, considerato vicino al vecchio management (in particolare a Roberto Colaninno) sia il responsabile della Sicurezza. Il ruolo di Gallina viene preso da Luciano Gallo Modena, uomo di fiducia di Bondi e poi nel 2003 da Giuliano Tavaroli. Di fatto, però, nella nuova ipotesi investigativa di Robledo e del sostituto procuratore, Nicola Piacente, la cacciata di Gallina e di Nola permette fin da subito, cioè dal cambio di controllo di Telecom passata da Colaninno a Pirelli, a Giuliano Tavaroli, già responsabile della Security di Pirelli, di estendere il proprio dominio sulla nuova controllata e sul suo budget milionario in fatto di sicurezza. Non è un caso che ora siano di nuovo finiti nel registro degli indagati, con l´ipotesi di estorsione, Tavaroli e il suo sodale, l´investigatore Emanuele Cipriani, che ricevette l´incarico di "ripulire" l´auto da Giancarlo Valente, uomo di Tavaroli. L´opera di bonifica fu affidata da Cipriani alla ditta Verzoletto di Firenze, che confermò con una relazione la presenza della cimice. La smentita arrivò poi con la perizia disposta dai pm.
Nola fin dal 2005 ha presentato un esposto alla magistratura per far luce sull´intera vicenda, mentre sul fronte del lavoro ha avviato una causa che in primo grado si è però conclusa a favore di Telecom. La sentenza, depositata a febbraio 2010, ha accertato «l´assenza di responsabilità di Telecom nella risoluzione dei rapporti intervenuti secondo una scelta libera, nonché l´estraneità di Telecom alla causazione dei danni lamentati». Nel 2001, per lasciare l´azienda Nola ha ricevuto 1,8 miliardi di lire. La questione tuttavia non sembra finita: «Faremo appello alla luce dell´udienza preliminare e delle nuove indagini sviluppate dalla procura di Milano», hanno dichiarato i legali di Nola, Irma Conti e Alessandro Cassiani.
Tra questi l´onorevole Gianni Letta, Marco Tronchetti Provera (Pirelli), Carlo Buora (Pirelli), Cesare Romiti (ex Rcs), i direttori del Corriere Stefano Folli e Paolo Mieli, Vittorio Colao (Vodafone), Marco de Benedetti (ex Tim), l´ex poliziotto Sergio Genchi, il giornalista Massimo Mucchetti, il notaio PierGaetano Marchetti, il consulente Giorgio Rossi Cairo, il faccendiere brasiliano Daniel Dantas e i professori Guido Ferrarini e Ferdinando Superti Furga (Telecom).
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Partiamo da Mokbel. Meglio, dalla descrizione che ne fa l´ex parlamentare anche lui arrestato per questa indagine. Il 10 agosto Di Girolamo, risponde alle domande dei pm nel carcere di Regina Coeli e spiega nel dettaglio i rapporti dell´imprenditore con i servizi. «Fu Mokbel a presentarmi il colonnello Seno. In una occasione mi ha invitato ad un pranzo al circolo Antico Tiro a Volo per presentarmi, come suo amico, Marco Mancini, insieme a Seno e all´avvocato di Mancini. Il pranzo fu organizzato allo scopo di chiedermi un intervento come parlamentare per appoggiare in vario modo la posizione del Mancini, allora sottoposto a Milano a un processo penale».
Un idillio, quello tra Mokbel e Di Girolamo che, però, a un certo punto si è rotto. Il 23 marzo l´ex senatore mette a verbale le seguenti parole. «Mokbel nei miei confronti è stato minaccioso e intimidatorio fino ad arrivare quasi sul punto di aggredirmi. Ricordo che nell´ultimo periodo, all´Antico circolo del tiro al volo, mi ha aggredito colpendomi con tre o quattro pugni al torace. Spesso ero minacciato anche di conseguenze nei confronti dei miei familiari e in particolare dei miei figli. Mokbel si arrabbiava perché, a suo dire, mi ero scollato dal suo entourage e avevo iniziato a rivendicare una mia autonomia. Mi veniva rimproverato di non "occuparmi" del gruppo».
Guai in vista, almeno stando alle carte dell´inchiesta, anche per l´ex amministratore delegato di Fastweb, Silvio Scaglia che, in questi mesi, ha sempre detto di non sapere nulla della frode al fisco. L´ex responsabile grandi aziende di Fastweb, Bruno Zito, ricostruisce l´origine dell´operazione: «Non conoscevo Carlo Focarelli (mente della truffa secondo l´accusa, ndr), l´ho conosciuto perché il mio amministratore delegato (Scaglia, ndr) mi ha detto che dovevamo fare questa operazione commerciale con Focarelli, come poi abbiamo fatto. Il mio ruolo era da project manager. Non avevo realizzato che si potesse trattare di un´operazione fraudolenta».
Da Fastweb a Finmeccanica. L´inchiesta sul colosso degli armamenti, infatti, su cui la procura è ancora al lavoro, è stata stralciata proprio da questo fascicolo. Il raccordo sarebbe l´affare Digint, società controllata al 51 per cento da Finmeccanica e al 49 da Mokbel e i suoi. Marco Toseroni, collaboratore dell´imprenditore romano, il 7 giugno dice ai magistrati: «Di Girolamo mi disse che l´eventuale plusvalore che Mokbel inizialmente prospettava in 10 volte l´ammontare investito, sarebbe stato diviso, nella parte riguardante Cola tra lui e i vertici di Finmeccanica». Ieri i magistrati hanno interrogato Massimo Massoli, gestore delle gioiellerie di Mokbel: a casa sua, i carabinieri del Ros hanno trovato alcuni diamanti.