GEORGE SOROS E LA BOLLA DELLA SUPREMAZIA AMERICANA

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LA BOLLA DELLA SUPREMAZIA AMERICANA – Gorge Soros

Quando, durante i lavori del Comitato dei Radicali Italiani, sabato pomeriggio ho “strappato” di mano a Matteo Angioli una delle copie de “La bolla della supremazia americana” di George Soros, l’ho fatto con la mia “normale” cupidigia di possesso di documenti, che poi chissà dove se ne vanno a rintanarsi, a casa. Matteo l’avevo visto spesso, andando al partito, chino tra dizionari e carte, mentre in quella bolgia che il partito sa essere, traduceva pagina dopo pagina il lavoro di Soros. Di e su Soros con Matteo ho parlato più di una volta, e anche durante il comitato il mio diffidare (che resta) del fatto che un signore, dai mezzi e dal potere si direbbe illimitato si metta in testa di essere l’ostetrico della democrazia in una quantità di paesi dove la democrazia non c’è, o c’è in quantità molto modica. L’esempio della Georgia ex sovietica, per esempio è notorio che dietro i moti di piazza che hanno rovesciato e scalzato Eduard Shevardnadze, c’è la sua mano; i suoi uomini hanno “studiato” e sono stati “istruiti” da istituzioni da lui, Soros, sovvenzionate. Se nel caso della Georgia ex sovietica l’operazione – incruenta, nonviolenta di massa si potrebbe dire - non solo ha avuto successo, ma poteva risultare anche giustificata, chi garantisce in futuro che altre, analoghe operazioni abbiano lo stesso svolgimento, esito, risultato e siano anche, parimenti, giustificate? E’ la vecchia storia, tutto sommato, del chi controlla il controllore, con l’aggiunta (e forse l’aggravante), che nessuno ha nominato Soros “controllore”, si è autonominato, forte del suo potere, del suo denaro. E né questo, né quello sono sottoposti al vaglio di alcuna elezione o controllo. Non resta che sperare che Soros continui ad agire come agisce?
Ma qui si scivola nell’astratto, forse. Fatto è che strappata la copia al Matteo, prima la sfoglio distratto, poi comincio a leggere e ad appuntare. Son centocinquanta pagine o giù di lì, me la son cavata in tre ore, tra il pomeriggio del sabato e parte della mattinata di domenica, profittando di interventi giudicati a torto o a ragione meno “interessanti” e bisognosi dunque di minore attenzione.
Credo di aver impiegato molto bene quella porzione del mio tempo, e subito, dunque, grazie Matteo.
Sempre a Matteo avevo promesso che gli avrei detto cosa ne pensavo; e questo “polpettone” è il risultato di cotanto pensiero. La colpa è tutta sua.

Prima di tutto una constatazione che forse non vale nulla, forse invece qualche valore può averla.
Nel precedente libro di George Soros, “Globalizzazione, le responsabilità morali dopo l’11 settembre” (Ponte alle Grazie), tre pagine sono dedicate ai “Ringraziamenti”. Tante persone, un centinaio quelle menzionate, cui Soros è grato per i consigli, i suggerimenti, per le comunicazioni verbali o scritte. Due soli, i nomi italiani Emma Bonino e Violetta Tentai. Mi è poi venuta in mente l’affermazione di Michel Ledeen a “La 7”, dove lui, da dichiarato “neo-cons” diceva che si sentiva, tra gli italiani, in sintonia con Emma Bonino e i radicali. E mi par di un qualche significato che due persone agli antipodi si ritrovino su un nome.

Soros, curioso e affascinante personaggio il più aggressivo filantropo del mondo, certamente uno dei più spietati speculatori di Wall Street, ha donato milioni a non so quanti paesi del mondo, ebreo di nascita certamente praticante non so, non ha dato un dollaro uno a Israele. Una notte, diede ordine di liberarsi entro un paio d’ore di tutti gli investimenti fatti in Giappone (e poi si capì perché gli Stati Uniti annunciarono le restrizioni al commercio con Tokio), e tutto questo ha un nome preciso insider trading. Un tribunale francese lo ha condannato a pagare una multa di due milioni di dollari, per un’operazione del genere. Tutti ricordano la sua “scommessa”, vinta, contro la sterlina inglese del 1992. Poi c’è l’altro Soros quello che “investe” centinaia di milioni di dollari ogni anno per “trasformare le società chiuse in aperte”.
Mort Abramovitz, un esperto del Dipartimento di Stato che “apre” la lista dei “ringraziati” in “Globalizzazione”, sostiene che un uomo come Soros evidentemente conduce una sua politica estera e non lo nega. Qualche volta va d’accordo con il governo americano, qualche volta no. Cerca sempre di convincerci delle sue idee e non sembra rendersi conto che il solo uomo negli Stati Uniti ad avere una politica estera, è il presidente”.
Strobe Talbott, ex vice-segretario di Stato, aggiunge “La sua è quasi sempre compatibile con quella del governo, però è un’entità indipendente, più o meno come quella che può essere un governo alleato. Prima di fare una mossa è d’uso consultasi con la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e con George Soros”.
C’è da credere che George W. Bush non si consulti con Soros. E’ forse questa una delle chiavi per capire come per Soros Bush sia diventato una sorta di quintessenza del male, e per dirla in breve, “Bush delenda est?
Non è la prima volta che ricchissimi magnati americani si vogliono togliere la soddisfazione della politica Ross Perot in passato ha anche cercato di fondare un suo partito, e un paio di volte si è (rovinosamente) presentato come candidato indipendente alla Casa Bianca; mai però è accaduto che un tycoon di Wall Street scendesse ufficialmente e pesantemente in campo come ha fatto Soros, “solo” e unicamente per contrastare l’elezione di un altro candidato. Ha già stanziato 18 milioni di dollari per finanziare l’avversario di Bush, chiunque egli sia. Intervistato da “Forbes” ha detto “Faremo una campagna politica su scala che non si è mai vista in questo paese. E questo perché sconfiggere Bush è il fulcro della mia vita. Anzi, è un atto d’amore per l’umanità. Il destino del mondo dipende dagli Stati Uniti e il nostro presidente ci sta guidando nella direzione sbagliata. Ricorre alla forza e ignora la cooperazione internazionale. Prosegue una politica di dominio mondiale mascherata da lotta contro il terrorismo. Io ho vissuto l’occupazione tedesca e quella sovietica, e sento suonare tutti i campanelli d’allarme se ascolto Bush dire che ‘chi non è con noi è contro di noi’. Sono cose che suonano come la retorica sovietica come se dicessimo agli altri paesi che possono essere liberi finché fanno quello che vogliamo noi”.

I repubblicani comprensibilmente vedono Soros come fumo negli occhi. Ma forse merita spendere una riflessione su quel che si poteva leggere sul New York Times, giornale fondamentalmente contrario alla guerra in Irak e alla presidenza Bush Soros veniva indicato come un’anomalia, non priva di rischi. In sostanza si diceva che se era difficile da digerire la vicenda di Tbilisi, con il parlamento georgiano invaso dai gestori di un fondo di investimento, la cosa era decisamente indigeribile se si fosse dovuta ripetere altrove. Ma qui si scivola sui dubbi e le perplessità che. Come una litania, ho sciorinato tante volte al Matteo.

“La bolla della supremazia americana”, dunque. Per una sua buona metà è un duro, spietato pamphlet contro Bush, accusato di “aver dichiarato guerra al terrorismo e con questa scusa ha realizzato un programma di politica estera radicale (sic!) che risaliva a prima della tragedia dell’11 settembre” (pag. 7). Queste persone (si sta parlando del vice-presidente Dick Cheney, del segretario della Difesa Sonald Rumsfeld, di Paul Wolfozitz, di Zalmay Khalilzad e altri) “avevano chiara la direzione in cui volevano guidare il paese e quando si è presentatal’occasione con l’11 settembre e i suoi attacchi terroristici, l’hanno colta senza nascondere i loro fini. Il pubblico non è ancora pienamente consapevole di questa storia” (pag.11). Un piano che prima dell’11 settembre i teorici dell’New American Century non potevano attuale per due ragioni Bush era entrato in carica senza un chiaro mandato; e poi “l’America non aveva un nemico ben definito tale da giustificare una drammatica crescita nella spesa militare (pag.11). Ma l’11 settembre ha rimosso entrambi gli ostacoli “Bush ha dichiarato guerra al terrorismo e la nazione si è allineata dietro il suo presidente. Poi il governo ha continuato sfruttando l’attacco terroristico per i suoi scopi. Ha deliberatamente nutrito la paura che aveva attanagliato il paese per silenziare le critiche e per mantenerlo unito dietro il suo presidente ed ha utilizzato la guerra al terrorismo per realizzare il suo sogno della supremazia americana. Ecco come l’11 settembre ha cambiato il corso della storia” (pag. 11).

Un piano che Soros aveva in parte già svelato nel suo “Globalizzazione”, anche se i fini dell’amministrazione Bush apparivano più “moderati” e concretamente terreno “Politicamente l’attacco terroristico ha fornito all’amministrazione Bush il nemico di cui aveva bisogno per giustificare la propria forte posizione di difesa. Prima dell’11 settembre, l’amministrazione Bush stava cercando in lungo e in largo un nemico contro il quale lo scudo antimissile NMD potesse essere presentato come una difesa idonea. Giudicò di averlo trovato, almeno per il breve termine, nella Corea del Nord. Il presidente Bush esercitò pressioni sul presidente sudcoreano Kim Dae Jung perché ponesse fine alla politica di disgelo verso la Corea del Nord. Nel lungo periodo invece l’amministrazione Bush aveva indicato come potenziale rivale strategico la Cina, pur non escludendo del tutto la Russia” (pag.142).

Come sia, Bush “sta guidando gli Stati uniti e il mondo in una direzione molto pericolosa” (pag.11). Ma bisogna andare a pagina 15, perché è lì che si individua e denuncia un “nodo” “La politica dell’amministrazione Bush non danneggia soltanto la posizione dell’America nel mondo; sul piano interno favorisce il ricco a danno della classe media e del povero e rafforza la spregevole alleanza tra lo Stato e il grande business che fu identificato per primo dal Presidente Eishenower come ‘complesso industriale militare’ ”.

Un secondo “nodo” lo si trova a pagina 21 “C’è un parallelo tra la guerra al terrorismo e la guerra alla droga la cura è inadeguata alla malattia. Nel caso della droga, ci confrontiamo con un problema di salute pubblica, non un problema di crimine. Il problema di salute pubblica non può essere affrontato propriamente se trattiamo i tossicodipendenti come criminali. Per proteggerci dai terroristi ci servono ricerche, buone informazioni e cooperazione con la popolazione, non l’azione militare,. In entrambi i casi, il ricorso alla guerra è una falsa metafora che può essere usata per giustificare misure repressive”.
Ancora più interessante la nota a piè pagina
“Quando ho deciso di estendere il lavoro della mia Open Society Foundation agli Stati Uniti ho scelto la politica sulla droga come uno dei primi campi di battaglia. Sentivo che la droga era la questione in cui gli Stati Uniti mettevano a maggior rischio i fondamenti della società aperta. Non pensavo affatto di avere le risposte giuste, ma ero sicuro di una cosa la guerra alla droga recava più danno delle droghe stesse – e questo punto è evidente. Le droghe uccidono le persone, ne disabilitano molte di più e procurano notti insonni ai genitori; ma la guerra alla droga mette molte persone dietro le sbarre. Smembra comunità intere, specialmente nei centri delle grandi città, e destabilizza paesi interi”.
Parole che echeggiano quelle di Milton Friedman. In una bella e lunga intervista a “l’Espresso” del 15 gennaio (passata chissà perché inosservata), Friedman dice, a un certo punto “Il governo non ha alcun diritto di dirmi che cosa devo mangiare, bere, iniettarmi. Le nostre leggi stanno causando centinaia di migliaia di morti in America Latina, inoltre negli Stati Uniti incarceriamo un gran numero di persone, più che in qualsiasi altro paese del mondo, per crimini minori legati al consumo di droghe. Come se non bastasse, questa situazione genera molta violenza e corruzione poliziesca. Si tratta di un sistema fallimentare che è giustificato proprio dalla criminalizzazione di un prodotto che se venduto legalmente potrebbe generare entrate che potrebbero essere usate per finanziare tantissimi programmi sociali. Le droghe potrebbero essere tassate alla maniera del tabacco e dell’alcool”.

Per tornare al libro di Soros “Facendo un bilancio, si può dire che la guerra al terrorismo non abbia fatto avanzare la causa della democrazia”, si legge a pag.35. Affermazione recisa e netta. Facile da contestare. Si può anche sostenere, come appunto Soros sostiene che “a due anni di distanza dall’intervento americano l’Afghanistan è ancora instabile e nell’area meridionale di Pushtun, i talebani si stanno riorganizzando”; ed è senz’altro inquietante “l’Afghanistan ha prodotto un raccolto eccezionalmente abbondante di oppio nel 2002, stimato attorno alle 3400 tonnellate” (pag. 34).
Non si può però dimenticare, come Soros mostra di dimenticare, travolto dalla sua foga anti-Bush, che solo qualche anno fa era impensabile in Afghanistan, il varo di una Costituzione che mette sullo stesso piano uomini e donne; era impensabile che in Marocco e in Giordania venissero varate norme e legislazioni che affrancano, sia pure tra mille contraddizione, le donne; era impensabile che perfino nell’arcaica Arabia Saudita si cominci a parlare di elezioni e diritti; e vedere in Iran mobilitate le donne, in prima fila per chiedere libertà e democrazia. Perfino l’importante conferenza sui diritti umani e la democrazia di Sana’a, fortissimamente voluta e organizzata da Emma Bonino e da “Non c’è pace senza giustizia”, solo un paio d’anni fa, chissà se si sarebbe potuta fare…Tiranni e dittatori mediorientali hanno perfettamente compreso che qualcosa sta cambiando; e per questo oppongono una strenua resistenza. Non deve sfuggire che in Irak come in Afghanistan quella viene impropriamente definita guerriglia, sempre più è terrorismo puro, indiscriminato, disperato. Ormai si compisce nel mucchio, non solo americani e occidentali. Come hanno fatto in Afghanistan, dove due bombe hanno fatto strage di ragazzini usciti da scuola. Attenzione usciti da scuola. C’è, insomma, una scuola. Forse più di una. Ai tempi dei Talebani, le scuole non c’erano, solo le madrasse. I ragazzini dovevano studiare a memoria solo le sure del Corano, e non potevano giocare neppure con gli aquiloni.
Troppo perentorio – e anche miope – Soros, quando afferma che “la nostra presenza in Irak voleva pacificare il Medio Oriente; abbiamo ottenuto il risultato opposto” (pag.44). Lo si può facilissimamente smentire. “L’idea che grazie alla caduta di Saddam si riesca in breve tempo a liberare l’intero Medio Oriente è pura fantasia”, scrive Christian Rocca in “Esportare l’America” (pagg.43-44). “Ma i primi segnali di un’inversione di rotta ci sono già. Pensiamo soltanto alla differenza tra il 2002 e il 2003. Nel 2002 in Israele c’era un attentato al giorno, Arafat era saldamente al potere, così come Saddam, e non si poteva nemmeno lontanamente parlare di pace in Medio Oriente. Un anno dopo, la politica di Bush ha portato alla liberazione dell’Irak, ai continui cedimenti siriani, allo sciopero generale e alle proteste studentesche in Iran, alla minaccia di dimissioni dei deputati riformisti di Teheran, alla nomina di due nuovi primi ministri palestinesi e alla road map per la pace in Medio Oriente…”.
Il rapporto annuale dell’Ufficio Antiterrorismo del Dipartimento di Stato, una pubblicazione con cui ogni anno la diplomazia americana informa il Congresso sullo stato del terrorismo nel mondo, registra un 44 per cento in meno di attentati rispetto gli anni precedenti. Si legge che più di tremila affiliati ad Al Qaeda sono stati arrestati in oltre cento paesi. Il coordinatore del rapporto Cofer Black, sostiene che “i governi e le istituzioni stanno prosciugando le fonti di finanziamento dei terroristi. L’azione militare in Afghanistan e in Irak li hanno cacciati via e hanno distrutto i rifugi nei quali si riunivano e dai quali dipendevano”.
C’è tuttavia un terzo “nodo” che merita la nostra riflessione “Abbiamo tollerato gli abusi di Saddam per molti anni senza fare nulla in merito. Dobbiamo trovare un modo per sbarazzarci di tutti quelli come Saddam, ma la politica dell’amministrazione Bush rende l’obiettivo ancora più difficoltoso” (pag.45).
Dobbiamo trovare un modo. E questo a prescindere dall’esserci o meno dell’amministrazione Bush, che a ben vedere è un problema fino a un certo punto. Perché se fino ad ora abbiamo letto che Bush delenda est, arrivati a pagina 51 apprendiamo che sì, “la sprezzante ricerca della supremazia americana ha messo noi e il resto del mondo in pericolo. L’unico modo per uscirne è non rieleggere il presidente Bush”. Ma non basta “Le prossime elezioni sono un’eccellente opportunità per sgonfiare la bolla della supremazia americana. Ma non è sufficiente sconfiggere Bush. L’America deve adottare una diversa visione del suo ruolo mondiale. La revisione deve essere abbastanza profonda”.
Quanto basta perché Soros diventi un beniamino di tutta quella parte di opinione pubblica “politicamente corretta” che quando si tratta di Israele dice di avercela solo con i sionisti, non con gli ebrei (“anzi, molti amici miei sono ebrei”), e che non ce l’ha con gli Stati Uniti (“anzi, molti amici miei sono americani”), ma solo con Bush e quelli come lui. Quell’opinione pubblica politicamente corretta farà però bene a leggere quel che si scrive a pagina 62-63 c’è molto Amartya Sen, Heraldo de Soto, e se si permette, anche di radicale “La globalizzazione è certamente uno sviluppo auspicabile per molte ragioni…Un’impresa privata è più capace di produrre ricchezza di quanto non lo sia quella statale…Anche se è difficile dimostrarlo, la globalizzazione ha forse velocizzato una crescita economica a livello mondiale…anche se i mercati sono tutto fuorché perfetti, si suppone che sia meglio lasciare la disposizione delle risorse ad essi piuttosto che interferire mediante regolazioni nazionali o internazionali…I paesi che hanno revisionato la loro previdenza sociale e le condizioni di lavoro – primi fra tutti gli Stati Uniti e il Regno Unito – sono fioriti economicamente, mentre quelli che hanno cercato di mantenerli – per esempio Francia e Germania – sono rimasti indietro”.
Da qui si arriva a quello che è il pregio, senz’altro, del libro di Soros quella seconda parte dove si propone “una visione costruttiva”.
Gli Stati Uniti, scrive Soros, “data la loro posizione dominante” hanno il compito di guidare il progetto di creare “un sistema multilaterale in cui tutti gli stati sottostiano alle stesse regole e partecipino agli stessi accordi”, che consentirebbe di “conciliare l’interesse comune col principio di sovranità” (pag.57).
Qui mi si confondono i piani. “Comunque la si voglia giudicare, la politica dell’amministrazione Clinton e quella dell’amministrazione Bush sono fondate su un presupposto comune e spiccatamente americano l’idea che gli Stati Uniti siano la nazione indispensabile. Gli americani si propongono di difendere e favorire un ordine internazionale liberale”, scrive Robert Kagan in “Paradiso e potere” (pagg.105-106). Sempre Kagan, uno dei capifila dei new-cons, cita Henry Kissinger, che in “Diplomacy” racconta d’aver chiesto a Harry Truman per che cosa gli sarebbe piaciuto essere ricordato. E la risposta fu “Abbiamo sconfitto completamente i nostri nemici e li avviamo costretti ad arrendersi. E poi li abbiamo aiutati a riprendersi, a diventare democratici e a reinserirsi nella comunità delle nazioni. Soltanto l’America avrebbe potuto far questo”. E facilmente s’indovina perché questo aneddoto viene sottoposto alla nostra attenzione.
Anche per Soros un ruolo degli Stati Uniti alla guida di uno sforzo cooperativo per migliorare l’attuale ordine mondiale, è un qualcosa di idealistico, ma non di irreale. Per questo sostiene che “gli Stati Uniti dovrebbero prendano la guida di una comunità delle democrazie e cambiare il loro comportamento di conseguenza. La leadership dovrebbe consistere in una solida associazione che rispetti le regole che gli Stati Uniti vorrebbero imporre agli altri. Dato che gli sforzi di cooperazione pacifici non sempre riescono, gli Stati Uniti avranno ancora bisogno del loro mezzo militare, che però sarebbe impiegato a proteggere l’ordine mondiale, e sarebbe considerato come tale dal resto del mondo”(pagg.107-108).
Una Comunità delle Democrazie che “potrebbe offrire la fonte di legittimità per l’ingerenza negli affari interni degli stati non democratici, specialmente se si tratta di un intervento di forma costruttiva” (pag.79). Per ora Soros ammette che la Comunità delle Democrazie è “un involucro vuoto…ma non deve essere così”.
Quel che si lumeggia è un qualcosa di molto intrigante “La Comunità delle Democrazie potrebbe risultare influente anche all’interno dell’ONU attraverso la creazione di una fazione, o blocco. Al momento, l’appartenenza alle varie commissioni ONU ruota su base geografica. Questo sistema potrebbe rimanere, ma i membri del blocco potrebbero impegnarsi a votarsi soltanto tra loro, escludendo così i paesi non democratici. La Siria non potrà più essere un membro del Consiglio di Sicurezza, e la Libia non potrà più presiedere la Commissione per i Diritti Umani” (pag.80).
Andrebbe forse un po’ meglio chiarito chi e cosa consente di far parte della “Comunità delle Democrazie”; al loro interno in quale modo si assumono le decisioni; che cosa si fa quando una decisione non trova il consenso di tutti i suoi membri, ecc. Ma questi sono “dettagli” di successiva soluzione, né risposte a queste domande vanno fatte a Soros. Quel che mi pare significativo è che anche Soros vede negli Stati Uniti il perno di quella che definisce “assistenza internazionale”.

E’ di tutta evidenza che la parte del pamphlet di Soros dedicata a convincere che Bush va sconfitto, interessa relativamente. Piuttosto è dove propone “una visione costruttiva” che merita d’essere concentrata la nostra attenzione. Non so se e come (e neppure se sia giusto) si possa ottenere che gli Stati Uniti “devono stare alle leggi e alle convenzioni internazionali allo stesso modo degli altri stati” (pag.57), anche quando queste leggi e convenzioni internazionali dovessero confliggere con i loro interessi. E’ comunque interessante che Soros si ponga il problema (sfida, la definisce) di come intervenire negli affari interni degli stati sovrani, e come assicurarsi che l’intervento sia utile all’interesse comune. Ed è certamente significativo che Soros faccia suo l’enunciato di un documento poco conosciuto, “la Dichiarazione di Varsavia” “…è nell’interesse di tutti i paesi democratici nel loro insieme alimentare lo sviluppo della democrazia in tutti gli altri paesi” (pag.75).
In questa seconda parte, Soros richiama l’attenzione su un “nodo” che aveva già segnalato nelle prime pagine “C’è sempre stata una connessione fra il business e l’esercito, ed è sempre stata sospetta. Il presidente Eisenhower parlò del complesso militare industriale. Il nesso tra i grandi affari e il governo può corrompere entrambi. Storicamente, gli Stati Uniti sono stati relativamente liberi da questa influenza perché hanno avuto piccoli eserciti; soltanto dopo la Seconda Guerra mondiale sono cambiate le condizioni e il presidente Eisenhower fu abbastanza attento da metterci in guardia circa il pericolo…” (pag.116). Il fatto che il vice-presidente Dick Cheney sia stato presidente di Halliburton e che Halliburton ora abbia contratti lucratici in Irak, o le commistioni di un Richard Pearle sono certamente discutibili e censurabili. Ma il complesso militare industriale è qualcosa di molto più complesso, i rischi e i pericoli paventati da Eisenhower vanno ben al di là di Bush, che semmai ha il pregio di aver esplicitato e reso più “visibile” una situazione. Ma la crociata di Soros contro Bush somiglia molto alle mobilitazioni dei girotondini che individuano in Berlusconi l’alfa e l’omega del “caso Italia”, mentre invece ne è solo uno degli attori, tra i più appariscenti forse, e malaccorti probabilmente.
Né è molto convincente, Soros quando sostiene che “la ragione degli attentati suicidi ci è sembrata incomprensibile in quel momento, ma oggi comincia a spuntare una luce i terroristi volevano che reagissimo come abbiamo reagito. Forse loro ci hanno capiti meglio di quanto non abbiamo fatto noi stessi” (pag.117). Personalmente dubito che l’obiettivo di Osama Bin Laden e delle forze che dietro di lui si celano fosse questo. Resta il fatto che di fronte a attentati come quello delle Twin Towers e del Pentagono, che fare di altro che quel che si è fatto e si è cercato di fare?
Una risposta Soros non mi pare l’abbia, né si preoccupi ora di averla. Rimanda a quando Bush sarà sfrattato dalla Casa Bianca. Il che non è detto; e forse non è neppure auspicabile. Siamo certi che se avesse vinto Al Gore le cose sarebbero andate meglio, o diversamente? Mi consento qualche dubbio.

L’editore italiano dovrebbe seguire il “consiglio” che gli offre il samizdat curato da Matteo, e includere anche le due post-fazioni quella di Daniele C. e di Marco P. un bell’esempio di ibridazione, come solo nei e con i radicali è dato vedere. Naturalmente non ne farà nulla.

a.tapparini (non verificato)

GEORGIA: PRIMO MINISTRO TROVATO MORTO IN APPARTAMENTO A TBILISI

Tbilisi, 3 feb. (Adnkronos/Xin) - Il primo ministro della Georgia Zourab Zhvania e' stato trovato morto in un appartamento di un amico a Tbilisi. A dare la notizia e' stato il ministro dell'Interno Nano Merabihvili. Dai primi accertamenti sembra che il decesso possa essere riconducibile a un'intossicazione da gas.

(Ses/Gs/Adnkronos)
03-FEB-0507:07

c.andretta (non verificato)

Dunque Rocca scrive che:

" Dati alla mano, i tre analisti politicamente corretti spiegano che non sta in piedi "l'idea che alcuni valori culturali di certe società ­ asiatiche, africane, europee dell'est, ex sovietiche o arabe ­ siano intrinsecamente incompatibili con la democrazia".
Vi suona nuovo?
Oppure l'avete già sentito dire a George W. Bush?

E' questa la cosa curiosa. I liberal e l'establishment accademico si organizzano, spendono soldi, producono libri e tirano fuori idee che George W. Bush sta già provando a realizzare."

Della serie: faziosità come elemento mistificatore. In effetti Rocca ci spiega che il governo americano stà facendo esperimenti di democrazia in Iraq come Soros auspica siamo fatti nei paesi non democratici Guardate non c'è manco da commentare, l'enormità è palese. Quello il problema è "l'ebbrezza neoconservatrice" causate dalle prove di forza, carattere e decisione dei duri della Casa Bianca che tanto entusiasmano il nostro amico giornalista. Una sorta di traslazione da delirio di onnipotenza. Meno male che c'e' Pannella che si rende conto che "l'Iraq è un disastro".

a.tapparini (non verificato)

THE RIGHT SOROS

"Accadono cose molto curiose nel mondo della circolazione delle idee politiche. Il finanziere-filantropo George Soros, si sa, ha speso tanti soldi per tentare di sconfiggere George W. Bush e, come ha raccontato mercoledì il Financial Times, molti altri ne spenderà nei prossimi mesi. Il mezzo prescelto dall'uomo che un tempo speculò sulla lira e che da sempre finanzia le iniziative democratiche di mezzo mondo è quello più nobile: creare una rete di centri studi, di associazioni e quant'altro per produrre idee e rispondere ai serbatoi di pensiero della Right Nation. La Right Nation, come da titolo del libro dei due corrispondenti Usa dell'Economist, è l'America Giusta e di Destra che trent'anni fa cominciò una battaglia culturale e politica contro la deriva a sinistra del liberalismo. Quella battaglia è stata vinta. Oggi l'agenda politica è dettata dagli studi, dalle riflessioni e dalle analisi dei think tank di destra nati sulle ceneri della rovinosa sconfitta elettorale di Barry Goldwater. La sinistra liberal invece è costretta a rincorrere, a rintuzzare, ed è dai tempi del movimento per i diritti civili che non conduce più il dibattito politico.

Il primo prodotto di questo rinnovato sforzo di Soros è un libro appena pubblicato. Si intitola "The Democracy Advantage" ed è stato scritto da tre analisti: Morton H. Halperin, collaboratore di Madeleine Albright e oggi direttore della Open Society di Soros; Joseph T. Siegle, del Council on Foreign Relations; e Michael M. Weinstein, ex editorialista economico del New York Times, oggi direttore della Fondazione Robin Hood.
Il libro spiega con un mucchio di dati, cifre e grafici come i regimi democratici producano ovunque e comunque pace e prosperità. Nei circoli diplomatici e accademici ci sono sempre stati ­ denunciano gli autori ­ dubbi molto consistenti sull'opportunità di promuovere la democrazia nelle parti del mondo meno sviluppate: "Nel secondo dopoguerra la visione prevalente è stata quella secondo cui lo sviluppo economico dovesse precedere la democrazia". L'idea, ripresa di recente anche da un fortunato saggio di Fareed Zakaria, si basa sulla convinzione che la democrazia non abbia alcuna possibilità di riuscita in mancanza di una forte classe media e di una identità comune. Insomma, le cose che si sentono dire ogni giorno a proposito dell'esperienza afghana e irachena. "La conseguenza di questa visione porta a sostenere che nelle fasi iniziali della nascita di una nazione, i governi autocratici siano più capaci di generare sviluppo. E che i paesi poveri non siano adatti".
Non è affatto così, spiega il libro. Non è vero che aprire le urne nei paesi etnicamente divisi contribuisca a radicalizzare le posizioni. Non è vero che la guerra civile sia il risultato inevitabile. Dati alla mano, i tre analisti politicamente corretti spiegano che non sta in piedi "l'idea che alcuni valori culturali di certe società ­ asiatiche, africane, europee dell'est, ex sovietiche o arabe ­ siano intrinsecamente incompatibili con la democrazia".
Vi suona nuovo?
Oppure l'avete già sentito dire a George W. Bush?

E' questa la cosa curiosa. I liberal e l'establishment accademico si organizzano, spendono soldi, producono libri e tirano fuori idee che George W. Bush sta già provando a realizzare. Accusano l'establishment politico e culturale mondiale di non capire l'importanza del fattore democratico, ma non si accorgono che sono proprio loro l'establishment. La prefazione di George Soros altrimenti sarebbe un manifesto neocon: "Nel corso degli anni molti hanno sostenuto che un qualche tipo di dittatura fosse necessaria per ottenere lo sviluppo economico nei paesi poveri". E' un errore blu, spiega Soros. "Il riconoscimento del vantaggio democratico dovrebbe riformare le strategie occidentali per ridurre la povertà, rilanciare lo sviluppo e alimentare le speranze dei due terzi del mondo impantanato nella povertà. Eppure nell'attuale sistema globale mancano le forze interne che dovrebbero spingere i singoli paesi nella direzione democratica".
Mancano? Sì, per Soros, mancano. "Banche internazionali e società multinazionali spesso si sentono più a loro agio con un regime forte, se non autocratico. Questo sostegno diretto o implicito alle leadership autocratiche riflette una realtà importante: molte persone che vivono nelle democrazie industrializzate non credono che la democrazia sia un principio universale". Nell'universo pare ci sia anche l'Iraq.
E' sempre Soros a scrivere, non Paul Wolfowitz, che le democrazie funzionano anche nei luoghi più disagiati perché dotate di "meccanismi di auto-correzione per attenuare i disastri". Soros non fa cenno a Bush. Scrive solo un paio di righe per denunciare che la war on terror, come la Guerra fredda, minaccia di perpetuare il sistema autoritario e promuove la democrazia soltanto per distruggere il Male. Infine: "Nonostante le democrazie non siano immuni al terrorismo, è molto meno probabile che diventino complici delle reti terroristiche e della proliferazione delle armi di distruzione di massa".
Parola di The Right Soros.

C. Rocca, il Foglio, 14.1.05

a.tapparini (non verificato)
Iscritto dal: 05/06/2002
User offline. Last seen 5 anni 38 settimane ago.

Colla di pesce da esportazione con bollino blue!

d.capezzone (non verificato)

porca miseria suttora mi ha beccato...
-)

ciao!
d.

Iscritto dal: 16/08/2000
User offline. Last seen 1 anno 26 settimane ago.

Capezzone che canta ha fatto l'uovo. E' chiaramente lui il mandante. Hanno usato la stessa colla che usano i radicali per attacchinare i manifesti

a.tapparini (non verificato)

La c olla della supremazia?

d.capezzone (non verificato)

...io non sono stato ero a roma, e c'ho un alibi di ferro.
-)

d.

a.tapparini (non verificato)

Perché il thread si è fermato?
Vediamo se si può rianimare con il faceto

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George Soros bagnato e cosparso di colla

(ANSA)-KIEV,31 MAR - George Soros e' stato bagnato di acqua e colla a Kiev da due giovani ucraini, che hanno fatto irruzione nella sala in cui teneva una conferenza.
''Soros, fuori dall'Ucraina, non otterrai niente qui'', hanno gridato al miliardario americano i due, nel locale in cui era in corso un Forum sui diritti umani. Gli autori del gavettone sono stati subito fermati e portati via dai servizi di sicurezza. La Fondazione Soros e' attiva nel promuovere democrazia e riforme nei Paesi dell'ex blocco dell'Est.
2004-03-31 - 131000

s.scuppa (non verificato)

Vai sul 3d di Tapparini "il caso Haiti", poi capirai bene.

c.andretta (non verificato)

Cosa succede che dobbiamo guardare ad Haiti, Stefano?

s.scuppa (non verificato)

Non dipende da noi, ma dagli USA e in particolare dai Neocons & i Neosion; qualcosa si sta' movendo, basta osservare quanto il Pentagono collaborera' con l'Armee' ad Haiti.

c.andretta (non verificato)

Blair ha creato il minitrilateralismo UE e potrebbe anche far decollare il mito Eurasia, se escluso dai futuri segreti del Pentagono

Insomma, Scuppa, se le cose stanno come dici tu, a maggior ragione bisogna fare presto con Stati Uniti d'America e d'Europa.

a.tapparini (non verificato)

Il piano americano per esportare la libertà con l’aiuto del G8
DEMOCRAZIA, EDUCAZIONE, LIBERA IMPRESA. GLI OBIETTIVI DELLA GREATERMIDDLE EAST INITIATIVE PER BATTERE IL TERRORE

[…] Ma ora Bush e il suo segretario di Stato, Colin Powell, hanno messo in campo l’altro pilastro, lo strumento più raffinato e convincente per diffondere pacificamente i principi liberali la Greater Middle East Initiative.
L’idea sarà presentata al G8 dell’8-10 giugno che si terrà a Savannah, in Georgia, ma della Greater Middle East Iniziative si parla già da qualche settimana, poco sui giornali europei, moltissimo su quelli arabi. Uno di questi, Al Hayat, giornale egiziano che si stampa a Londra, ha ottenuto una bozza del progetto che gli americani hanno consegnato agli otto ministri degli Esteri come strumento di lavoro in vista del G8.
Il documento specifica che per Greater Middle East si intendono “i paesi del mondo arabo, più Pakistan, Afghanistan, Iran, Turchia e Israele”, e spiega come i tre deficit del mondo arabo individuati dagli autori (arabi) dei Rapporti Onu sulla situazione in Medio Oriente, abbiano contribuito a sviluppare le condizioni che oggi minacciano gli interessi nazionali degli Stati membri del G8.
I tre deficit sono
1) la mancanza di libertà,
2) la mancanza di conoscenza, e
3) la mancanza di diritti delle donne.
Se le cose continuassero così, si legge nel documento americano, avremmo un incremento di estremismi, di terrorismo, di crimini internazionali e di migrazione illegale. I dati non lasciano dubbi. Il prodotto interno lordo dei 22 Stati della Lega araba è inferiore a quello della Spagna. Il 40 per cento degli arabi adulti, circa 65 milioni di persone, è analfabeta, due terzi dei quali sono donne.
[…] Tutto ciò costituisce un terreno fertile per il fondamentalismo e una minaccia per gli interessi
dei paesi industrializzati.

“L’alternativa – c’è scritto sul documento americano – è la strada delle riforme. I due rapporti delle Nazioni Unite rappresentano un’urgente chiamata all’azione in Medio Oriente. Lo chiedono attivisti, accademici, e imprenditori della regione. Alcuni leader hanno già prestato attenzione a queste richieste e hanno già intrapreso passi verso riforme politiche, sociali ed economiche”.
L’opportunità è storica, sostengono gli americani. La liberazione dell’Afghanistan e dell’Iraq da due regimi brutali offre la possibilità di intervenire e andare incontro alle richieste di chi, da dentro lo stesso mondo arabo, chiede aiuto e riforme.
Gli obiettivi dell’iniziativa, proposta dagli americani ai partner del G8, sono la promozione della democrazia e della buona amministrazione, lo sviluppo della conoscenza e il rilancio delle opportunità economiche “Queste priorità di riforma sono le chiavi per lo sviluppo della regione la democrazia e la buona amministrazione sono la struttura dentro la quale lo sviluppo prende corpo. Gli individui che hanno studiato sono gli agenti dello sviluppo. Infine, le imprese ne sono il motore”.

Il piano americano prevede assistenza tecnica e aiuti concreti a quei paesi che da qui al 2006 hanno annunciato elezioni, attraverso scambi di parlamentari, programmi di addestramento legislativi, e con una specifica attenzione al sostegno del ruolo delle donne. E poi, ancora, aiuti legali che completino gli sforzi di numerose istituzioni internazionali che promuovono già iniziative di assistenza ai giudici e alle riforme dei codici. L’idea, in questo caso, è di partire dal basso, da dove comincia la vera percezione della giustizia. Per cui sono previsti finanziamenti a centri, collegati
con le università di Giurisprudenza, dove i singoli cittadini possano ricevere assistenza legale. Un’altra iniziativa vuole sostenere i mass media indipendenti, attraverso un programma di scambi, di stage e di formazione giornalistica. I paesi del G8, secondo il progetto, dovrebbero incoraggiare e finanziare direttamente giornali indipendenti, associazioni e iniziative che promuovano la democrazia e quelle per i diritti umani e delle donne, cercando di convincere i governi della regione a farli operare liberamente nei loro paesi. Nel documento sono molto più dettagliati i progetti scolastici ed educativi, i piani di diffusione della conoscenza e della formazione, come le soluzioni per il rilancio economico attraverso prestiti, finanziamenti e mille altre attività.

Colin Powell ha detto che “quello che stiamo cercando di fare è aiutare ciascuno di quei paesi, nel modo che sceglieranno. Non vogliamo imporre niente a nessuno. Potrà funzionare soltanto se le nazioni della regione scopriranno che è nei loro interessi muoversi in questa direzione”.

Christian Rocca

[Il Foglio, 02.03.04]

s.scuppa (non verificato)

Se non arriva un attentato N. o B. o C. di Al Qaeda, il nuovo ordine mondiale antislamico made in USA, anziche' consolidarsi, si scioglie come neve al sole;
Questo non deve accadere finche' Perle & Company non avranno reso la Cina "l'impero del male infinito" e gli USA "l'impero del bene infinito".
In questo non c'e' differenza tra Soros e Neocons perche' entrambi temono l'ipotetica Eurasia termine coniato dalla CIA gia' alla fine dell'URSS; Le Pen in Francia parla apertamente di alleanza franco-tedesco-russo-cinese, la quale stava per decollare proprio a causa della guerra in Iraq, anche per questo criticata da Soros e dal suo socio occulto il banchiere Rothschild. Blair ha creato il minitrilateralismo UE e potrebbe anche far decollare il mito Eurasia, se escluso dai futuri segreti del Pentagono. I Neocons possono strumentalizzare Israele senza problemi, ma con il Regno Unito devono stare piu' attenti...(piu' la societa' USA diventa multiculturale e multietnica, piu' gli Wasp si avvicineranno alla "zia Inghilterra".

a.tapparini (non verificato)

(Si potrebbe aggiungere un po’ di pepe ricordando anche i rapporti tra Soros e quel Mikhail Chodorkovsky, “l’uomo più ricco della Russia”, già padrone della seconda compagnia petrolifera russa, la YUKOS, e grande finanziatore dell’opposizione a Putin ma soprattutto delle attività sorosiane in russia. Chodorkovsky venne arrestato nell’aeroporto di Novosibirsk all'alba del 25 ottobre dello scorso anno dagli uomini dell'ex Kgb con l'accusa di frode fiscale, subito dopo che aveva acquistato il Moscow Times, e proprio mentre stava trattando la cessione del pacchetto di maggioranza della Yukos alla Texaco e/o alla Exxon. Ricorderete che il Berlusca, in quella famigerata conferenza stampa in occasione del vertice Ue-Russia in cui aveva giocato a fare l’“avvocato” di Putin, aveva preso le difese dell’amico Vlad non solo quanto alla guerra in cecenia, ma anche quanto al caso Yukos. Soros invece prese le difese del petroliere in un’intervista ad un quotidiano di proprietà di Chodorkovsky parlò di “persecuzione”, finalizzata a “mandare un messaggio inequivocabile che nessuno può essere indipendente in Russia”. Fu subito accontentato un paio di settimane dopo, 40 uomini armati fecero irruzione nella sede moscovita della Soros Foundation sequestrando tutto e tutti, ufficialmente per una disputa legale sulla proprietà dell’edificio [ehm]. Ma Soros non fu l’unico “avvocato” di Chodorkovsky anche il neocon Richard Perle – proprio lui! – giunse a chiedere esplicitamente che la Russia fosse espulsa dal G8. E a luglio Il New York Times (aveva riportato da Mosca che "Quando il consigliere politico chiave di Washington Richard Perle ha avuto un meeting, questa settimana, con i più importanti analisti politici russi, ha dato un consiglio non richiesto lasciate stare la Yukos Oil Co., il gigante russo dell'energia intrappolato in un confronto con dei giudici criminali" ).

a.tapparini (non verificato)

Oggi sul Foglio un articolo maliziosissimo propone una lettura dietrologica delle motivazioni della campagna anti-bush di Soros

“Il finanziere ungherese, guardando con attenzione alle attività della sua Open Society nell’Europa dell’Est e nelle Repubbliche sovietiche, trova un motivo più che valido (dal suo punto di vista) nel fatto che le riserve petrolifere e di gas naturale presenti nella regione del Mar Caspio hanno perso valore all’indomani della guerra Iraq.
Uno studio compiuto dai ricercatori Open Society, l’organizzazione filantropica fondata da Soros per seminare la democrazia in quelle parti del mondo “più a rischio”, mette in luce il potenziale economico di Stati come l’Azerbaigian e il Kazakistan. Le ricchezze naturali presenti nei paesi sono state per così dire assicurate da Soros dal 1993. […] La “liberazione” dell’Iraq dal regime di Saddam ha messo a disposizione dei paesi industrializzati nuovi milioni di barili di petrolio al giorno, rischiando di deprimere il prezzo del greggio. […] Azerbaigian e Kazakistan possono trasformarsi in ricche ex Repubbliche sovietiche, se saranno in grado di mettere a punto un sistema
politico democratico. Secondo lo studio della Open Society, l’instabilità economica della regione può gettare nello scompiglio le diverse nazioni e consentire a qualche tiranno locale di entrare in possesso dei giacimenti del Caspio. Soros ha cercato di democratizzare la regione, conquistando
fiducia delle autorità locali. […] I dubbi che i giacimenti petroliferi sauditi possano soddisfare la domanda internazionale per altri decenni aumentano. […] Una “discrepanza” di oltre tre milioni di barili al giorno che potrebbe essere sopperita dalle riserve petrolifere irachene, se il paese si stabilizzasse, o dai paesi della regione euroasiatica.
Per Soros, la guerra preventiva di Bush in Iraq rappresenta il classico bastone tra le ruote. Lo scoppio di disordini in uno dei paesi che si affacciano sul Mar Caspio potrebbe giustificare l’intervento di truppe americane, mandando in fumo un lavoro quasi lobbistico durato oltre un decennio”.

L’articolo non lo ricorda, ma il petrolio “dei paesi che si affacciano sul Mar Caspio” , cioè dell’Azerbaigian e del Dagestan, storicamente veniva portato tutto in Russia e solo da lì smerciato altrove. Il canale di passaggio era un oleodotto che passa, penzaunpò, dalla Cecenia (il “Baku-Grozny-Novorossiysk”). La prima guerra cecena fu fatta soprattutto per questo, se non ricordo male. Poi, nel 1999, il petrolio Azerbaigiano ha preso ad essere incanalato sulla linea Georgia-Turchia, bypassando non solo la Cecenia ma anche la Russia. In generale, le compagnie petrolifere occidentali stanno puntando su percorsi alternativi che portino il petrolio verso il Mediterraneo attraverso territori non controllati dalla Russia (né dall’Iran). E’ in corso la costruzione di quello “Baku-Tbilisi-Ceyhan”.

c.andretta (non verificato)

e la fiducia che nutre verso i leader
di Pechino “La Cina non è un problema, i suoi dirigenti stanno facendo il massimo per promuovere la democrazia”

No, no, qua Soros secondo me ha torto. Anzi, mi sembra sensata l'idea di attuare una politica di contenimento come propone Bush. La Cina fa letteralmente paura. De marchi ha parlato di una psicologia che in embrione si puo' definire neonazista.

Iscritto dal: 16/08/2000
User offline. Last seen 1 anno 26 settimane ago.

(ANSA - 24 FEB 2004) Per pura coincidenza nei giorni scorsi Marco Pannella era a San Francisco, proprio mentre e' crollata la diga che impediva i matrimoni gay. Che sia stata la semplice presenza in citta' del nostro paladino dei diritti civili a favorire l'evento storico? Radicale e' stato il primo movimento italiano gay, il Fuori (Fronte unitario omosessuali rivoluzionari italiani) fondato nel 1971 da Angelo Pezzana.

Pannella e' andato per la prima volta in vita sua in California invitato al congresso dei buddisti vietnamiti (che in patria vengono ancora perseguitati). Uno dei loro leader e' un monaco che venne ospitato a Roma negli anni Sessanta dal capo radicale, il quale appoggiava la terza via nonviolenta fra Vietcong comunisti e soldati americani.

Di passaggio a New York, l'altra sera Pannella ha partecipato a una cena in suo onore organizzata da Gianluca Galletto, rappresentante dei Ds nella citta' americana, alla quale hanno partecipato una sessantina di prestigiosi esponenti della comunita' italiana a New York, fra i quali il console Bandini e il presidente dei giornalisti italiani in America Giampaolo Pioli (corrispondente della Nazione di Firenze e del Resto del Carlino).

Il leader radicale ha poi incontrato dirigenti dell'Onu, della Freedom House (l'organizzazione che monitorizza il grado di liberta' e democrazia in ogni paese del mondo) e della Open Society del finanziere George Soros, di cui Pannella e' grande amico e col quale conduce la battaglia per la legalizzazione delle droghe.
Sempre in tema di antiproibizionismo (ma riguardante il tabacco), l'incorreggibile Marco si e' acceso varie sigarette durante la cena al ristorante Mosto, in barba al divieto totale antifumo del sindaco Mike Bloomberg.

a.tapparini (non verificato)

Perché Soros si fida della Cina e odia Bush, che gli ha rubato il mestiere

New York. “Con Paul Wolfowitz negli anni 90 andavo d’accordo, entrambi chiedevamo a Bill Clinton una politica più muscolare nei Balcani”. Nulla di personale, insomma.
George Soros l’altra sera ha parlato davanti al Council on Foreign Relations, forse il potere forte più forte d’America. E non ha detto molto di nuovo rispetto all’intemerata anti Bush che è l’ultimo suo libro, “La bolla
della supremazia americana”.
Il finanziere che sta spendendo 20 milioni di dollari per
“cacciare l’attuale presidente” (ne ha già versati 12 a varie organizzazioni) ha precisato però che la sua avversione a Bush è iniziata solo con la guerra all’Iraq (“Su quella in Afghanistan ero d’accordo” ), e non perché sia mancato il sì dell’Onu (“Bastava un largo consenso, come sul Kosovo” ).
Altre due affermazioni sorprendenti riguardano il suo no di principio alla “war on terror” (“Per far guerra ai terroristi dovremmo avere il loro indirizzo. Invece sono invisibili, e la risposta militare fa troppe vittime innocenti” ) e la fiducia che nutre verso i leader
di Pechino “La Cina non è un problema, i suoi dirigenti stanno facendo il massimo per promuovere la democrazia”.

In realtà, lo ha confessato, Soros è arrabbiato perché Bush gli ha rubato il mestiere si è messo a promuove nel mondo quella “società aperta” di cui il finanziere si considerava
l’unico depositario da 15 anni.
Un caso di concorrenza, che si è palesato anche nei giorni scorsi a Durban (Sudafrica) dove,tre anni dopo il congresso Onu in cui Israele fu definito “Stato razzista colpevole di atti di genocidio”, si è svolta la conferenza mondiale del Wmd (World Movement of Democracy). Una lobby mondiale pro democrazia che ha la sua spina dorsale nella Ong americana Ned (National Endowment for Democracy). Finanziata dal Congresso, nata nel 1983 sotto Reagan, guidata da Carl
Gershman e ora gravitante in area bushista, la Ned è balzata all’attenzione mondiale un mese fa, quando Bush ha annunciato il raddoppio dei fondi a sua disposizione.
La Ned è accusata dagli antiamericani a oltranza di essere “lo strumento con cui gli Stati Uniti forniscono soldi e sostegno ai propri alleati nel mondo, facendo apertamente quel che la Cia faceva segretamente”, come ha scritto il Manifesto del 6 giugno 2002.
In effetti, questi furfanti della Ned combinano un sacco di porcherie per esempio, finanziano forze di opposizione in paradisi del popolo quali Cuba o Iran.
Ma fra i 600 delegati delle Ong provenienti da tutto il mondo questa volta l’antioccidentalismo non l’ha fatta più da padrone. L’attenzione delle Ong è pragmaticamente rivolta al futuro, sull’efficacia dei processi di nation
building e di promozione dei diritti umani.
Gli unici due delegati italiani sono stati il radicale Matteo Mecacci e il deputato della Margherita Gianni Vernetti. A Durban i radicali hanno organizzato il seminario “Promuovere la democrazia multilateralmente”
assieme alla Ong statunitense Dcp (Democracy Coalition Project) che è di Soros, e che ovviamente vede con fastidio il rafforzamento annunciato della Ned bushista.
Lo status della Ned è ambiguo dovrebbe essere una Ong, ma in realtà è un’agenzia governativa finanziata con fondi pubblici. La si potrebbe definire “il braccio nonviolento
di Bush”, ma all’interno del partito del presidente viene criticata dagli isolazionisti. Ron Paul, deputato repubblicano del Texas, accusa “Noi ci permettiamo di
iniettare fondi nelle campagne elettorali di paesi stranieri a favore di un partito o dell’altro. Ma sappiamo bene quanto possa valere un centinaio di migliaia di dollari dati a un politico in un paese povero. Cosa diremmo
se il governo cinese venisse a casa nostra per finanziare un candidato americano amico di Pechino?”.

Insomma, esportare la democrazia va bene, ma senza immischiarsi poi nelle lotte interne dei paesi liberati.
Cosa che invece Soros ha fatto apertamente in Georgia, dove la sua tv privata Rustavi ha di fatto organizzato a gennaio la sostituzione del presidente Eduard Shevardnadze con il giovane filo Usa Michael Saakashvili.
Shevardnadze ha accusato Soros di avere compiuto un “golpe privato”.
Per fortuna la rivoluzione “rosa” georgiana si è svolta in modo pacifico. Ma se ci fosse stato del sangue il “filantropo” Soros sarebbe finito sul banco degli imputati difficile criticare l’unilateralismo di Bush, quando ci si comporta come lui.

Mauro Suttora

[Il Foglio, 20.02.04]

c.andretta (non verificato)

Allora, Saul nel 95 scriveva cosi'<>.
Dunque, secondo Saul, Soros è un furfante finanziario. Ma se è un furfante finanziario ravveduto, Soros potrebbe(dico potrebbe) fare proprio al caso nostro. Dopo tutto, Matteo era un pubblicano.

an.ridolfi (non verificato)

Prof. pseudo-Scuppa, Le ricordo che un iceberg ha affondato il TITANIC........

an.ridolfi (non verificato)

(hihihihihihihihihihihihihihi)..................

an.ridolfi (non verificato)

Povero zio Pannella, prima fa' il gatto mammone con il cuginetto amerikano e ora ci prova con quello franko-tedesko; le origini giacobine sono piu' resistenti di qualsiasi tipo di origine religiosa.

Evvvvai!!!!!!!!!!!!!!!!!!! La sindrome da linguaggio para-massonico ha colpito pure il prof. Stefano pseudo-Scuppa......... (al secolo, Orazio M. Petracca?).............

m.provenza (non verificato)

In pratica esisterebbe un asse Bush-Kerry.
La cosa non sorprende.
E' l'asse dell'attuale assetto di potere in America costruito su fasci di corporazioni degli industriali-finanzieri e dei consumatori.

Kerry può diventare ,da perdente designato , l'elemento vincente se trova il coraggio e l'interesse di sceglie Dean e la volontà del popolo americano di non vedere aumentata la spesa statale in armi di distruzione di massa ed in pericolose missioni per i propri figli ,ma che è disposto a spendere ,sicuramente meno e più efficacemente, in armi di pace e attrazione di massa.

La sicurezza del diritto alla vita dei cittadini di tutto il mondo,impone il diritto di ingerenza,soprattutto lì dove si può intervenire con la dovuta forza e la reale capacità di instaurare un tipo di società aperta e democratica in difesa del diritto della persona.
Una Comunità delle Democrazie è un affare che interessa innanzitutto gli Stati Uniti d'America ed i suoi Cittadini.

s.scuppa (non verificato)

SKULL AND BONES & OPUS DEI

Povero zio Pannella, prima fa' il gatto mammone con il cuginetto amerikano e ora ci prova con quello franko-tedesko; le origini giacobine sono piu' resistenti di qualsiasi tipo di origine religiosa.

an.ridolfi (non verificato)

Prof. pseudo-Scuppa, la smetta di vedere IL PROCESSO DI BISCARDI le sue fantomatiche "rivelazioni" sembrano tanto le "bombe" di Fabio Ravezzani (già "bombe" di Maurizio Mosca)..........

s.scuppa (non verificato)

Dopo il Link di Fascio & Martello, spero risulti piu' chiaro il perche' Bush II ha lasciato a capo della CIA Mister Tenet, scelto da Clinton proprio nell'anno della presa del potere dei Talebani; un po' come il Berlusca che ha lasciato Fazio, uomo di Prodi e Ciampi, a capo della Banca d'Italia.
E' come nel calcio, ai giocatori interessa di piu' i club, ma poi quando la squadra nazionale chiama, non si puo' rifiutare o criticare.
Bush II, dopo l'11 sett., ha smesso per quattro anni di essere filoarabo e anticinese ma se a novembre ritorna al club della Trilaterale (Gruppo Carlyle) ritorna come prima; a quel punto rifara' amicizia anche con Soros, anche perche' hanno un "amico" in comune Wolfowitz .
Sembra il calcio mercato.

m.provenza (non verificato)

Kerry-Dean

Accoppiata vincente?