LA STRATEGIA
Fiat, «Fabbrica Italia» perde pezzi
I fondi per Mirafiori? In Serbia
Paura dell'«effetto Pomigliano», a Kragujevac l'erede di Musa, Idea e Multipla
LA STRATEGIA
Fiat, «Fabbrica Italia» perde pezzi
I fondi per Mirafiori? In Serbia
Paura dell'«effetto Pomigliano», a Kragujevac l'erede di Musa, Idea e Multipla
DAL NOSTRO INVIATO
AUBURN HILLS (Michigan) — L'impegno è ribadito, su Pomigliano il Lingotto va avanti. Ma lì si ferma, per ora, la costruzione di Fabbrica Italia. Troppi blocchi, polemiche, soprattutto troppe le minacce targate Fiom (e i relativi primi assaggi) di «ingovernabilità degli stabilimenti». Risultato: la tabella di marcia degli investimenti Fiat prosegue come da previsioni, il secondo passo scatta subito, però non da noi. Le linee della «L-0» — nome in codice dell'auto che sostituirà Musa, Idea, Multipla — erano previste a Mirafiori. Andranno in Serbia. Insieme ai 350 milioni che Sergio Marchionne avrebbe voluto impiegare a Torino e che invece, adesso, saranno «dirottati» a Kragujevac. Dove, peraltro, il Lingotto potrà contare su fondi aggiuntivi destinati al rinnovo totale degli impianti. Non un euro di «aiuto» sarebbe stato chiesto al governo italiano. Duecentocinquanta milioni saranno, per contro, messi sul piatto dalle autorità di Belgrado. Duecentocinquanta milioni che, insieme ai 400 di finanziamenti Bei ottenibili per il lancio dello stabilimento, portano il totale a quota un miliardo. Non sono però i soldi pubblici a fare la differenza. L'offerta di Belgrado e l'accessibilità alla somma Bei erano sul tavolo anche quando, per il progetto «L-0», il Lingotto aveva scritto Mirafiori alla voce impianto di produzione. Poi c'è stata la battaglia per Pomigliano. C'è stato - e c'è - l'«ostruzionismo» Fiom. E se lì non si torna indietro, «confermiamo l'impegno preso con i sindacati che vogliono garantire la produzione della Panda, faremo insieme tutto il possibile per arrivare alle 270 mila auto previste», Marchionne non è disposto a correre altri rischi sul resto.
La mossa serba «non è — precisa da Auburn Hills, nell'incontro con gli analisti subito dopo il consiglio trimestrale-spin-off — un ritiro dal progetto Fabbrica Italia». Però, aggiunge, «decideremo impianto per impianto». Perché è inutile girarci intorno, il braccio di ferro con la Fiom rischia («non per volontà nostra né degli altri sindacati») di inceppare il meccanismo. E se già a Pomigliano ci sono 700 milioni di investimenti ormai avviati, ma che potrebbero finire «bruciati» se l'accordo con Fim, Fismic, Uil e Ugl venisse vanificato da una catena di microconflitti, Marchionne vuole vedere come si evolverà la situazione. Vuole essere certo di «poter fare, tra un anno e mezzo, tutte le 270 mila Panda senza stop e senza interruzioni». Dunque: «Fino a quando la situazione non si sarà sbloccata con assoluta chiarezza», il piano da 20 miliardi di investimenti in Italia sarà deciso step by step, passo dopo passo, singolo impianto per singolo impianto. È perfettamente consapevole, Marchionne, che il tutto infuocherà il clima ancor più di quanto già non lo sia. Ma, dice, la colpa non può essere addossata al Lingotto: «La discussione si è inquinata sia in merito alle nostre intenzioni sia rispetto ai nostri obiettivi. La Fiat non può assumere rischi non necessari sui suoi progetti industriali, ne va della sopravvivenza». Per questo, lasciata passare qualche settimana, nel weekend è stata tutta la prima linea di manager torinesi (tutti in trasferta ad Auburn Hills) a decidere che di fronte al pericolo micro-conflittualità era Kragujevac, non Mirafiori, l'impianto in grado di garantire «senza problemi» la produzione di 190 mila «L-0» l'anno. Per questo Fabbrica Italia perde, intanto, la seconda tessera del puzzle e, quanto alle altre, «si vedrà di volta in volta: su Pomigliano lavoreremo con i sindacati che hanno firmato, ma il modello non è duplicabile, quello che dobbiamo fare per andare avanti è convincere tutti dell'assoluta necessità di modernizzare i rapporti industriali in Italia». Senza, possibilmente, strumentalizzazioni politiche («l'inquinamento» cui si riferisce Marchionne).
Non è un caso che la mossa serba sia stata annunciata da Auburn Hills, dal consiglio che ha approvato un utile netto inatteso e, soprattutto, l'avvio del processo di addio alla «vecchia Fiat». Senza Chrysler, come regolarmente ripete anche il presidente John Elkann, lo spin-off non sarebbe stato possibile, qui a Detroit c'è un bel pezzo del valore che la scissione potrà liberare. C'è, insieme, la prova tangibile di quanto sia davvero "multinazionale" oggi Fiat. E c'è il contro-specchio, rispetto all'Italia, di quanto possa fare una vera alleanza con chi rappresenta i lavoratori. Cita sempre la United Auto Workers, Marchionne, come esempio di «sindacato responsabile». È la Uaw, ora, a citare Marchionne. Di Pomigliano, della Fiom, delle polemiche italiane non vogliono parlare. Cynthya Holland, presidente della Uaw per lo stabilimento di Jefferson, dice semplicemente: «Abbiamo capito, un anno fa, che eravamo all'ultima spiaggia. I sacrifici li abbiamo accettati per questo. Ma in cambio abbiamo trovato una partnership vera, non di facciata, e ne siamo grati a Sergio e alla Fiat».
Perché i risultati di quella partnership, sorride, li potete vedere già qui, Jefferson, Michigan, fabbrica della nuova Jeep Grand Cherokee: «Lunedì abbiamo avviato il secondo turno. Significa un quasi raddoppio dei dipendenti: 1.300 nuove assunzioni». Altre 1.700 sono arrivate nel resto del gruppo. «E, sapete? Non c'è l'azienda da una parte, il sindacato dall'altra. Siamo "uno", siamo Chrysler. E ne siamo orgogliosi».
Raffaella Polato
22 luglio 2010
La Fiat in Serbia, Mirafiori in sciopero Berlusconi: "Non a scapito dell'Italia"
di Redazione
Non si placano le reazioni alla decisione della Fiat di produrre il nuovo monovolume in Serbia. I lavoratori scioperano per 2 ore a Mirafiori e in altri siti contro i licenziamenti e sul premio di risultato. Chiamparino sente Marchionne: "C'è disponibilità". Berlusconi: "Il mercato è libero, ma la decisione non leda i lavoratori". Tavolo convocato per il 28
Torino - Non si placano le reazioni politiche e sindacali alla decisione della Fiat di spostare la produzione del nuovo monovolume in Serbia. E mentre i lavoratori "incrociano le braccia" per lo sciopero di 2 ore proclamato dalla Fiom a Mirafiori e in altri siti Fiat contro i licenziamenti e sul premio di risultato, fioccano le dichiarazioni da parte di maggioranza ed opposizione. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, convocherà azienda e sindacati mercoledì prossimo aprendo così un tavolo sul futuro di Mirafiori.
Governo al lavoro "In una libera economia ed in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione". Ma Berlusconi si augura che "questo non accada a scapito dell’Italia e degli addetti a cui la Fiat offre il lavoro". Proprio per questo, d’intesa con il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, Sacconi ha convocato i vertici del Lingotto e i sindacati per l’esame del piano "fabbrica italia" e delle sue ricadute produttive e occupazionali sui siti produttivi italiani. Il confronto tra parti sociali e istituzioni si svolgerà mercoledì prossimo a Torino.
Sindacati serbi contrari "Noi al sindacato abbiamo seri dubbi per quanto riguarda la decisione di Marchionne, perchè in un anno ha cambiato il piano tre volte", spiega il sindacato serbo Jedinstevna Sindikalna Organizacija della Zastava. "Sulla base delle informazioni in nostro possesso,non esiste nessun accordo ufficiale né informazione ufficiale del Governo serbo (che è proprietario del 30% della Fiat Auto Serbia), relativa alle dichiarazioni (intenzioni) di Marchionne". Al momento, si legge nel comunicato, la fabbrica di Kragujevac "è ferma a causa delle vetture non vendute ferme nel piazzale (circa 4.500 unità); tutti i 1.060 lavoratori della Fiat Auto Serbia sono in cassa integrazione (percepiscono il 65% del salario)" e "circa il 70% dei lavoratori è sovvenzionato dal governo serbo per arrivare al minimo garantito di 160 euro". Allo stesso tempo, "la ricostruzione dei reparti viene eseguita da imprese appaltatrici, nonostante migliaia di lavoratori della Zastava siano a casa senza lavoro. Proprio due giorni fa un lavoratore di un’impresa appaltatrice è morto sul lavoro".
Sacconi frena il Lingotto Dal Governo, dopo le critiche espresse dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, invita l’amministratore delegato dell Fiat, Sergio Marchionne, a "non agire unilateralmente e a discutere con la controparte sindacale su come utilizzare i siti industriali italiani". Intervistato da Sky Tg24, il ministro sottolinea la necessità di "riaprire il tavolo tra le parti" anche se fa presente che non spetta all’esecutivo indicare soluzioni concrete. "Il Governo - osserva Sacconi - deve creare il contesto in grado di rendere l’Italia attraente per gli investitori". E tiene ad escludere nuovi incentivi: "Non li chiede l’azienda e non sarebbe giusto", afferma il responsabile del dicastero di via Flavia. Sacconi respinge le critiche di chi sostiene che il Governo sia assente in questa partita. "Stiamo seguendo la vicenda al punto che sono stato addirittura accusato di essere io il fomentatore della divisione sindacale, il che è pazzesco", rileva il ministro. Quella dell’esecutivo, aggiunge, "è un’azione diplomatica. L’obiettivo finale è che gli interventi previsti dal piano Italia ci siano".
Bersani accusa il governo Duro il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. "Io dico al governo che non può permettere che ci sia uno che gira per il mondo a dire che le cose non si possono fare in Italia. La Fiat dica perché dovrebbe andare in Serbia. Per i salari a 400 euro? E le fabbriche inglesi, spagnole, tedesche dovrebbero andare tutte in Serbia? A Torino non siamo più capaci di fare macchine?". Bersani aggiunge poi come "non avere tenuto da parte del governo la barra di un tavolo su questo programma Fiat sia una colpa gravissima. Abbiamo ancora Termini Imerese in ballo, da risolvere, la componentistica che ancora non ha avuto un tavolo ed è un comparto fondamentale".
Bonanni: "Delocalizza? Importante mantenga produzione" Non è tanto importante che la Fiat decida di delocalizzare la produzione di un’auto, l’importante è che in Italia mantenga le promesse di aumento della produzione. Lo ha detto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, intervenendo al convegno dei Circoli di Nuova Italia. "Chiederò a Marchionne che la promessa di produzione di 1.400.000, a fronte delle attuali 600.000, venga mantenuta. Che quella monovolume sia prodotta in Serbia, in Polonia o in Italia non è importante. A condizione però che nel sito di Torino ci sia un prodotto altrettanto importante, anche più importante". "Spero che Fiat possa sgomberare ogni equivoco" al tavolo convocato il 28 luglio, ha concluso Bonanni.
giovedì 22 luglio 2010, 20:00
Fiat va in Serbia, protesta dei sindacati Sacconi: "Riaprire il tavolo tra le parti"
Fiat produrrà la nuova monovolume "Lo" in Serbia. Sostituirà la Multipla, la Musa e l’Idea che ora sono fatte a Mirafiori. Marchionne: "Colpa dei sindacati". Fiom: "Pretesto per chiudere a Torino". La Lega: "Non sta né in cielo né il terra". Bersani: "Annuncio sorprendente, il governo intervenga". Bonanni: "Il Lingotto fermi le bocce"
Torino - La Fiat produrrà la nuova monovolume "Lo" in Serbia. Il nuovo insediamento partirà subito e prevede un investimento complessivo da un miliardo di euro per una prodrre 190mila unità l’anno che andranno a sostituire Mirafiori. I sindacati subito sul piede di guerra. "Le affermazioni di Marchionne sono gravissime e confermano tutti i giudizi che abbiamo espresso in questa fase - tuona Giorgio Cremaschi della Fiom - la Fiat in realtà si prepara a chiudere Mirafiori e a dismettere l’Italia".
Il piano Fiat per la Serbia Il nuovo insediamento in Serbia partirà subito e prevede un investimento complessivo da un miliardo di euro, di cui 350 milioni circa dal Lingotto (400 milioni dalla Bei, 250 da Belgrado), per una produzione di 190 mila unità l’anno che sostituirà la Multipla, la Musa e l’Idea che attualmente vengono fatte a Mirafiori. L’amministratore delegato Sergio Marchionne spiega che la futura monovolume poteva essere prodotta proprio a Mirafiori: "Se non ci fosse stato il problema Pomigliano, la Lo l’avremmo prodotta in Italia". "Ci fosse stata la serietà da parte del sindacato - puntualizza Marchionne - il riconoscimento dell’importanza del progetto, del lavoro che stiamo facendo e degli obiettivi da raggiungere con la certezza che abbiamo in Serbia, la Lo l’avremmo prodotta a Mirafiori". L’ad ribadisce che la Fiat "non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti sugli impianti italiani: dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni dell’attività".
Cremaschi all'attacco Secondo Cremaschi, la Fiat si prepara a chiudere Mirafiori e a dismettere l’Italia "non per la conflittualità sindacale che dall’inizio è sempre stato un pretesto, ma per una scelta finanziaria della nuova società che, in gran parte, è una multinazionale americana". "La strategia di Marchionne è quella di un gruppo low-cost che insegue i bassi salari e gli aiuti pubblici ovunque siano, per questo estranea non solo all’Italia ma a tutti i paesi più avanzati dell’Europa - continua Cremaschi - oltre alla Fiom gli unici ad aver capito questa realtà sono gli analisti finanziari che infatti stanno misurando tutto il piombo che c’è sotto la luce dell’oro mediatico che la Fiat diffonde". Per il rappresentante della Fiom "siamo di fronte alla totale smentita del progetto Fabbriche Italia, costruito sulle nuvole, ed è ora che la politica e le istituzioni la finiscano di farsi imbrogliare dal signor Marchionne. La chiusura di Mirafiori - conclude - è un’aggressione senza precedenti a tutto il sistema industriale italiano".
Bersani: annuncio sorprendente "È sorprendente questo annuncio. Non ho capito quale tipo di ragioni si portano per dire che in Serbia ci sono condizioni che non si troverebbero a Torino. Su questo servono chiarimenti". Così Pier Luigi Bersani. "Rispetto alla realtà torinese - ha proseguito il segretario del Pd - ho colto una colpevolizzazione che non ha riscontro con la realtà: è una città con la più antica cultura industriale, ha visto di tutto, ristrutturazioni, flessibilità. Non si può fare spallucce". Bersani ha poi scandito l’acronimo della Fiat: "Fabbrica italiana auto Torino", e ha concluso: "Partiamo da li". Poi la richiesta al governo: "La Fiat ha una crucialità - ha detto Bersani e come sistema Paese non possiamo consentire che temi di tale rilevanza siano affrontati con dichiarazioni e scambi di battute. Non aver aperto un tavolo coerente su tutti i dossier che attengono alla Fiat - ha proseguito - e un tavolo sull’indotto ha comportato una dispersione di risorse industriali del Paese. Non pretendo che sia il ministro ad Interim a farlo - ha concluso Bersani - ma chi, nel governo può, convochi il tavolo".
Sacconi: "Riaprire un tavolo tra le parti" "Credo che si debba quanto prima riaprire un tavolo tra le parti per discutere l’insieme del progetto fabbrica Italia, cioè quel progetto che vuole realizzare investimenti nel nostro Paese se accompagnati da una piena autorizzazione degli impianti secondo il modello già concordato a Pomigliano". Lo ha detto a Pescara il ministro del Welfare e del Lavoro, Maurizio Sacconi. "Io credo - ha aggiunto il ministro - che ci sia modo di saturare i nostri impianti alla luce dei buoni risultati che il gruppo sta conseguendo negli ambiziosi progetti che si è dato. Certo - ha concluso - occorrono relazioni industriali cooperative perché invece le attività che in qualche modo fermano la produzione, minoranze che bloccano la produzione, non incoraggiano questi investimenti".
La Lega non ci sta "La Fiat in Serbia? L’ipotesi ventilata da Marchionne non sta né in cielo né in terra. Se si tratta di una battuta, magari fatta per portare a più miti consigli i sindacati, sappia che comunque non fa ridere nessuno, diversamente sappia che troveranno da parte nostra una straordinaria opposizione". Lo dice il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli. "Non si può pensare di sedersi a tavola, mangiare con gli incentivi per l’auto e gli aiuti dello Stato e poi - aggiunge - alzarsi e andarsene senza nemmeno aver pagato il conto".
Facciamo 4 rapidi conti, per capire le difficoltà ed i costi ancora non esplicitati dal Governo per la questione Pomigliano, ed i prossimi venturi, per "salvare" Mirafiori.
La Fiat possiede in Serbia la Zastava, ora Fiat Serbia: il costo aziendale di un operaio in grado di svolgere le mansioni di uno di Mirafiori è di soli 400,00 euro Mensili. Ripeto, costo aziendale ossia, tasse e contributi eventuali inclusi.
Lo stesso operaio, a Mirafiori costa all'azienda 1.700/1.800 euro al mese, tasse e contributi inclusi.
Inoltre, lo Stato Serbo garantisce 10 anni di esenzione dalle tasse all'impresa che va ad investire... quindi?
Che tempi, una volta le aziende cercavano gente, adesso la gente cerca le aziende. Peccato che i sinistri lo capiranno fra qualche decina d'anni.
Maurizio, hai ragione. Ma questo è.
Non vedo, al momento, la possibilità di mutare la fase economica...