di Generazione Italia
Abbiamo più volte ribadito che il federalismo municipale, così come preparato dal governo, non ci piace perché non è un vero federalismo e, soprattutto, nasconde nuove tasse per gli italiani.
Da qui il nostro volantino “La Lega ti frega!” che ripropone da una parte le promesse fatte dalla Lega e dal Pdl e dall’altra le sorprese nascoste nel decreto legislativo sul federalismo municipale. La nostra sintesi è che la “Lega+Pdl= più tasse per tutti”.
Ma riprendiamo un articolo di Italo Bocchino dove ci spiega in modo chiaro e preciso il decreto sul federalismo municipale e le cinque nuove tasse: addizionale Irpef, Imu (Imposta municipale unica), Imposta municipale secondaria, tassa di scopo e tassa di soggiorno.
Irpef: già altissima in Italia, era bloccata e i sindaci non potevano applicare un’addizionale a carico dei loro cittadini. Quando il federalismo municipale sarà legge il sindaco potrà aumentare dello 0,4% l’Irpef ai residenti nel suo comune.
Imu: sostituirà l’Ici, che fu abolita per la prima casa ma resta in vita per le seconde case e gli immobili strumentali, cioè negozi e botteghe di commercianti e artigiani e sedi delle imprese. Oggi l’Ici viaggia intorno al 5 per mille e con il nuovo decreto sarà potenzialmente alzata al 7,6 per mille. Questa è una vera e propria patrimoniale, perché colpisce il patrimonio immobiliare di imprese, commercianti e artigiani.
Imposta municipale secondaria: entrerà in vigore in un secondo momento e quindi adesso è difficile calcolarne il peso aggiuntivo.
Tassa di scopo: che potrà essere introdotta dai sindaci per realizzare infrastrutture varie.
Tassa di soggiorno: sicuramente nascosta nella fattura dell’albergo e costerà alle nostre tasche 5 euro a notte. Servirà per finanziare le città d’arte e le località turistiche.
Ora facciamo i conti della serva prendendo a esempio un commerciante con un reddito di 50.000 euro all’anno, proprietario di un negozio del valore immobiliare di 500.000 euro, sposato con due figli. Facciamo dunque riferimento a una famiglia di quattro persone che vive con poco più di 2.500 euro al mese.
Con il nuovo decreto il soggetto preso a esempio pagherà 200 euro in più all’anno di Irpef (0,4% di aliquota aggiuntiva comunale), vedrà l’ex Ici sul negozio passare da una media del 5 per mille al 7,6 per mille della nuova Imu, con un aumento da 2.500 a 3.800 euro all’anno. Ipotizziamo che la famiglia del commerciante preso a esempio vada 10 giorni al mare d’estate in una pensione, faccia la settimana bianca e due fine settimana in città d’arte. In tal caso dovrà pagare anche 210 euro di tasse di soggiorno. Ecco che alla fine, senza poter ancora calcolare l’incidenza della tassa di scopo e dell’Imposta municipale secondaria la famiglia che abbiamo analizzato pagherà ben 1.710 euro in più all’anno. Il tutto alla faccia del vero federalismo che doveva ridurre tasse e sprechi e della promessa elettorale di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. Ecco perché siamo contrari, ecco la prova che il governo sta tradendo le promesse fatte agli italiani.
LIQUIDAZIONI: IL GOVERNO FA L'"ESPROPRIO PROLETARIO"
Si stanno mangiando le liquidazioni degli italiani. Il fondo di accantonamento Inps dei TFR (trattamento fine rapporto) dei lavoratori di aziende con più di 50 lavoratori, è stato svuotato di 15miliardi 860milioni di euro. Lo rileva la Corte dei Conti (Collegi riuniti della Sezione di Controllo gestione delle PA) che la giudica «un'operazione di natura espropriativa senza indennizzo o comunque di prelievo fiscale indiretto nei confronti di categorie interessate a versamenti finalizzati a scopi ben diversi dal sostegno alla finanza pubblica».
Sono tra l’altro soldi che – al di là delle poco credibili rassicurazioni del governo - non potranno essere restituiti, visto che sono andati per le spese correnti, senza rispettare alcun vincolo di destinazione e non esiste nessun piano di rientro. Insomma i ministeri dell’Economia, degli Interni e del Lavoro si sono presi i soldi della riforma truffa avviata da Prodi-Visco e non li restituiranno. L’altra coppia Tremonti-Berlusconi, ha semplicemente continuato l’andazzo. In questo modo mentre dicevano di non alzare le tasse, hanno praticamente tassato gli italiani di quasi 16 miliardi di euro, una manovra economica di media grandezza. E in dieci anni (fino al 2016) si arriverà ai 30 miliardi di “esproprio”.
La finanziaria 2006, infatti, cambiò la natura del TFR. Prima lo tenevano in cassa gli imprenditori (che lo usavano per l’innovazione e lo sviluppo) poi il famelico governo della sinistra escogitò questa trovata per finanziare l’Inps e non dover alzare l’età pensionabile. Così i soldi dei TFR – che fanno parte dlela retribuzione – finirono nelle arrossate casse dell’Istituto per la previdenza sociale. Incustoditi, al punto che il ministero dell’Economia ha deciso di prenderseli per le spese correnti e metterli a bilancio per abbassare il debito pubblico.
Il problema si verificherà tra qualche anno – avverte la Corte dei Conti – quando la massa dei lavoratori che hanno aderito (costretti) al nuovo regime del TFR chiederanno il denaro. Oggi il datore di lavoro a chi va in pensione danno la liquidazione, trattenendo il denaro dalle anticipazioni, più avanti dovranno anticiparlo per poi richiederlo all’Inps. Quando i richiedenti saranno più di quelli che lavorano si creerà il caos.
“Operando senza dati di riferimento probanti circa la popolazione interessata al prelievo, i versamenti e le prestazioni previdenziali in corso di maturazione – scrivono i magistrati contabili - , vi è il concreto rischio di far ricadere sulle future generazioni il possibile sbilanciamento economico del sistema, che non potrà essere colmato, se non attraverso l’inasprimento delle aliquote contributive o del prelievo fiscale”.
Insomma il “buco” si dovrà coprire con altre tasse. Il governo del centrodestra falsamente liberale non fa che rinviare il problema di chi pagherà il conto. E questo creerà problemi anche a chi ha destinato il proprio TFR alla previdenza integrativa. Infatti qualsiasi impegno in quel senso non basterebbe a coprire la voragine che si aprirà nei conti dell’Inps.
Inutili le rassicurazioni: il governo fa sapere che “il Fondo TFR sarebbe in equilibrio (anche nel medio e lungo periodo) ogni qualvolta la crescita annua del monte retributivo risulti superiore alla crescita delle prestazioni. Di conseguenza, non sarebbe necessaria alcuna forma di accantonamento per eventuali future esigenze connesse all'erogazione delle prestazioni medesime da parte del Fondo neppure in riferimento ad un orizzonte di medio e lungo periodo”. Parole fumose non sorrette da conteggi e proiezioni concrete.
Argomentazioni – scrivono i giudici della Corte dei Conti – che non possono essere condivise: “E’ di tutta evidenza che la scelta di coinvolgere, nel prelievo forzoso, le sole aziende aventi unità di personale superiori a 50 è finalizzata ad evidenziare risultati attivi di brevissimo periodo, non conformi alla consistenza economica del fenomeno”.
E’ evidente come – nel breve periodo – il saldo contabile risulti attivo, dal momento che ai 50 o più dipendenti delle aziende interessate alla contribuzione ne corrisponde una percentuale molto minore richiedente la prestazione. E, tuttavia, a maturare il diritto alla prestazione, sia pure scaglionato nei tempi futuri, saranno lavoratori dipendenti in numero maggiore rispetto a quelli azionanti il diritto alla liquidazione nei singoli esercizi di riferimento.
Per i magistrati contabili andrebbero presi a riferimento dati statistici estremamente semplificati e riguardanti fenomeni di dinamica lavorativa assai recenti ed intrinsecamente mutevoli; allo stato, dopo quattro anni dall'entrata in vigore di un siffatto sistema di prelievo, i dati (asseriti e non provati) sui quali si baserebbero le stime, continuano ad essere gli stessi dell’iniziale stima effettuata alla fine dell'esercizio 2006. Non risulta neppure disponibile la media dei dipendenti delle aziende superiori a 50, la quale è in grado di incidere in modo rilevante sulla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato.
Nella buona sostanza, i dati forniti risultano assolutamente approssimativi, e anche se il governo avesse tutte le ragioni dalla sua parte “lo spostamento di ben 30 miliardi di euro dal settore privato alla finanza pubblica, non sarebbe affatto compatibile con i principi generali del nostro ordinamento. Infatti, oneri contributivi gravanti su lavoratori privati e sulle imprese sarebbero trasformati in prelievi fiscali di natura indiretta, se non addirittura spropriativa, irragionevolmente contrari all’equità, all’eguaglianza e al pari trattamento delle diverse categorie di operatori economici”. Insomma tutta questa storia si è trasformata in un esproprio per coprire il malgoverno.
Luigi il Grande
‘Partita di raggiro’. Tremonti confisca il Tfr e nasconde il debito
Inserito il 14 marzo 2011
- Il 25 novembre 2005 il governo Prodi approvò la riforma della previdenza complementare, che regola la destinazione del trattamento di fine rapporto (Tfr) ai fondi pensione complementari, tramite il meccanismo del silenzio-assenso in base al quale, dal primo gennaio 2007, il lavoratore dipendente deve scegliere se mantenere il Tfr nella sua forma attuale oppure destinarlo alla costruzione di una pensione integrativa, versandolo ai fondi pensione (sia di categoria che aperti).
Con la Finanziaria 2007 (sempre governo Prodi) è stato costituito il Fondo per l’erogazione del Tfr ai lavoratori dipendenti privati, gestito dall’Inps per conto della Tesoreria dello Stato. La stessa legge stabilisce che nelle aziende con almeno 50 dipendenti, nel caso in cui il lavoratore scelga di mantenere il Tfr in azienda, il datore di lavoro debba conferire tali quote ad un apposito fondo (il cosiddetto Fondo Tesoreria) presso la Tesoreria dello Stato e gestito dall’Inps, che provvede quindi a liquidare il Tfr al dipendente alla cessazione del rapporto lavorativo.
All’origine, tale Fondo di Tesoreria poteva destinare le risorse così ottenute a spese in conto capitale, per lo sviluppo delle infrastrutture. Questa decisione del governo Prodi suscitò le vibrate proteste di Giulio Tremonti, all’epoca all’opposizione. Intervistato da Nicola Porro, Tremonti si lanciò in una durissima reprimenda dell’iniziativa prodiana:
Tornato a guidare il ministero dell’Economia, e trovatosi di fronte ad un andamento incoercibile della spesa pubblica, (ulteriormente esacerbato dalla Grande Recessione), Tremonti ha deciso di accantonare lo sdegno e di utilizzare a sua volta il tesoretto del Tfr. In uno degli articoli del maxi emendamento presentato dal governo (Berlusconi) alla legge finanziaria 2010 era infatti previsto che il Tfr giacente presso le imprese con più di 50 dipendenti, con medesima procedura prevista con la legge finanziaria del 2007, venisse utilizzato come copertura economica di circa un terzo dell’intera manovra, incluse le spese correnti.
Questa interessante prassi ha costretto la Corte dei conti ad intervenire con un ammonimento al governo, che continua a ricorrere al fondo, e non certo per finanziare grandi opere infrastrutturali. Dal 2007 al 2010 risulta infatti che il governo ha prelevato dal Fondo di Tesoreria Inps ben 15,86 miliardi di euro. Non solo il fondo è stato usato per scopi diversi da quelli previsti dalla legge, ma finora non è stata disposta alcuna reintegrazione del medesimo. La Corte dei conti è giunta a parlare di
E a prevedere che, con questo passo di “prelievo”, l’esposizione raddoppierà, toccando allo scadere dei dieci anni dall’introduzione del nuovo meccanismo di Tfr i 30 miliardi di euro. Dopo i rilievi della magistratura contabile, solo il Ministero dell’Interno dallo scorso anno, si è messo in regola non destinando più quote del Tfr incassato alla spesa corrente, dopo che in precedenza aveva attinto al Fondo di Tesoreria Inps per finanziare voci di spesa quali oneri di ammortamento dei mutui per il risanamento degli enti dissestati, oneri per assicurare la gratuità dei libri di testo ed oneri riguardanti la spesa per i lavoratori socialmente utili dei Comuni di Napoli e Palermo e della Provincia di Napoli.
Nella relazione sull’utilizzo del Tfr da parte dell’Amministrazione statale, depositata lo scorso 2 marzo, la Corte dei conti segnala infatti che di recente è del tutto caduta anche la foglia di fico degli investimenti in conto capitale:
Tremonti non si è scomposto: ha mandato a dire che non c’è «alcun nocumento ai soggetti interessati ai versamenti e ai prelievi» e che il meccanismo produrrà un “risanamento delle spese pubbliche” (sic) finanziando a fondo perduto non solo gli investimenti (capaci di comportare un ritorno economico) ma anche la spesa corrente, dando vita ad “un trend favorevole almeno decennale” (ri-sic). Quindi, dopo aver gridato all’esproprio nel 2006, malgrado l’impiego delle risorse a conto capitale, oggi il nuoveau philosophe di Sondrio riesce pure a rallegrarsi per la destinazione del fondo Tfr alla copertura di spesa corrente. E’ proprio vero, “la storia si è rimessa in marcia“, anche se nel nostro paese questa marcia pare aver assunto un andamento simile a quello di un ubriaco. E’ la grande ritirata del liberismo mai nato, come dimostra l’invito che il ministro ha perentoriamente rivolto al conduttore di Annozero, che criticava il “governo della libertà economica”:
Parole sante. Qui di liberalizzato e liberalizzante non c’è nulla: siamo invece arrivati all’uso improprio di fondi altrui per alimentare il mostro della spesa corrente, e ce ne vantiamo pure. Altro che keynesismo. Non resta che sperare che il celebre “tribunale della storia”, quello che Tremonti invoca per i “responsabili” della globalizzazione, possa allargare le proprie competenze anche alla gestione “virtuosa” dei conti pubblici italiani degli ultimi anni.
Inserito da:
Mario Seminerio - che ha inserito 71 articoli in Libertiamo.it.
Nato nel 1965 a Milano, laureato alla Bocconi. Ha oltre quindici anni di esperienza presso istituzioni finanziarie italiane ed internazionali, dove ha ricoperto ruoli di portfolio manager ed analista macroeconomico, ed è attualmente portfolio advisor. Ha collaborato con le riviste Ideazione ed Emporion e con l’Istituto Bruno Leoni. Giornalista pubblicista, è stato editorialista di LiberoMercato, diretto da Oscar Giannino.
Luigi il Grande
Ma quale federalismo! E sui costi standard sanitari si annuncia l’ennesima truffa
Inserito il 10 marzo 2011
- “Quello che si può dire tranquillamente, è che quello di cui si sta parlando non è federalismo, dire federalismo municipale è una bestemmia: è come dire che un pesce è un cavallo, sono due cose che non stanno insieme”.
Ho voluto citare subito il Presidente della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo, proprio perché la confusione (anche terminologica) regna sovrana, in quella che il Ministro Tremonti ha definito “la più grande riforma strutturale mai avviata in Italia”.
Vi è una tale confusione che lo Stato ha preferito iniziare ad adottare i decreti delegati (al momento, quattro – 85 sul federalismo demaniale, 156 su Roma Capitale, 216 su fabbisogni standard per gli enti locali del 2010 e “non numerato” del 2011, a seguito di questione di fiducia alla Camera, su federalismo municipale) e poi cominciare – socraticamente – a “conoscere se stesso”!!
Infatti, come lamentato da tutti i commentatori, il dibattito, e la conseguente attività normativa, sul federalismo (ma più preciso sarebbe chiamarlo autonomismo), sono viziati da un peccato originale: non si conoscono i “numeri”.
Secondo la tecnica del passo del granchio (spostarsi da un posto all’altro, tornando anche sui propri passi), solo con la circolare del 17 dicembre 2010 (pubblicata su G.U. del 30 dicembre 2010 n. 304), il Ministero dell’Economia e Finanze ha inviato tutte le PP.AA. a provvedere ad inviare completare la ricognizione del patrimonio immobiliare, anche in relazione alle concessioni ed alle partecipazioni, operazione finalizzata all’acquisizione della totale conoscenza del patrimonio pubblico statale e sub-statale.
Con l’ulteriore circolare del 22 dicembre 2010 (pubblicata su G.U. n. 1 del 3 gennaio 2011) – questa però rivolta solo allo Stato –, invece, il MEF invita a fornire tutti i dati disponibili per provvedere all’ “efficientamento” (orribile neologismo) delle voci di spesa per consumi intermedi: essi, secondo la definizione del Sistema europeo dei conti nazionali (SEC95), di cui al regolamento (CE) n. 2223/96, rappresentano il valore dei beni e servizi consumati quali input nel processo produttivo, beni e servizi che possono essere trasformati oppure esauriti in tale processo.
Come si vede, ad oggi non conosciamo né i costi, né la spesa complessiva: insomma, una situazione decisamente imbarazzante per qualunque Paese serio (quale comunque, affermo con certezza, non è il nostro).
Ho voluto fare questa premessa perché fosse chiaro a tutti che l’attività normativa delegata, che la Lega sbandiera come propria “mission”, in realtà sembra ispirata da Quèlo (nota maschera comica incarnata da Corrado Guzzanti), ed improntata ad una delle sue frasi più note: “Qua non sappiamo più dove stiamo andando su questa Tera, qua non sappiamo più quando siamo facendo su questa Tera”!!
Ulteriore emblema di tale confusione è lo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”, cioè il cuore del disegno autonomista tracciato dalla L. 42/09: l’esame della Commissione Bicamerale, ed il relativo parere, dovevano concludersi entro l’11.3.2011; il 16.2.2011 era prevista la prima audizione, ma ancora non è iniziato l’esame vero e proprio.
Non richiamerò quanto già egregiamente rilevato in quest’articolo da Piercamillo Falasca sulla sostanziale violazione della legge delega, perpetrata mediante “subdelega”, nella determinazione dei costi standard, a società pubblica, peraltro palesemente priva, allo stato, delle competenze a ciò indispensabili; appunterò la mia attenzione solo sulla parte dello schema di decreto tendente a determinare i costi standard in materia sanitaria.
Sul testo licenziato dal Governo, è stata raggiunta una intesa “condizionata” in sede di Conferenza Unificata il 16.12.10, che però il 3 marzo le stesse Regioni hanno “disdettato”, per il mancato mantenimento da parte del Governo degli impegni assunti in materia di trasporto pubblico locale.
Ciò detto, appare necessario precisare che il “costo standard”, concetto contabile, è un costo definito in base a una costruzione ex-ante dell’impegno economico che l’unità produttiva dovrà sostenere per l’esecuzione del ciclo produttivo.
Tale costo, infatti, viene definito in base a predefiniti livelli di efficienza e di prezzo in relazione a determinate condizioni operative in uno specifico lasso temporale.
Per approfondire il concetto di costo standard sarebbe necessario, in primis, distinguere due tipologie di costi: costo effettivo (oneri realmente sostenuti per la produzione di un bene/servizio) e costo previsto (costo che si prevede di sostenere in un determinato periodo di riferimento in relazione sia alle condizioni operative e funzionali in cui l’azienda opera, sia alle azioni che l’azienda stessa intende attuare per il raggiungimento dei propri obiettivi).
Il costo standard si può poi distinguere in costi standard ideali (costi definiti in considerazione di un livello ottimale di efficienza tecnico-produttiva dell’azienda o nei suoi rapporti economici esterni) e costi standard pratici (costi determinati attraverso un’analisi dei costi effettivamente sostenuti dall’azienda in funzione dei livelli di output che si intende raggiungere).
Su tale premessa, e per la parte che più direttamente interessa l’oggetto del presente scritto, all’art. 22, c.5 (che, in sede di prima applicazione, dovrà consentire di individuare le Regioni che fungeranno da benchmark) si è stabilito di aggiungere un periodo che impone, nel procedere a tale individuazione, di tenere conto dell’appartenenza per “area geografica” (nord, centro, sud), ed almeno una delle Regioni dovrà essere di piccola dimensione geografica; il costo standard, quindi, deriverà dalla media pro capite.
Individuate così le Regioni di “riferimento”, i costi verranno determinati non dettagliatamente, ma per macrolivello di assistenza (i macrolivelli sono tre: assistenza ospedaliera; assistenza distrettuale; assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro); tale risultato, inoltre, andrà “depurato” da una serie dettagliata di valori indicati dal c. 6 del citato art. 22.
Così determinato il “costo standard”, per il tramite dell’operazione disciplinata dal c.8, si determinerà il fabbisogno standard regionale.
Pare evidente un dato, che balza immediatamente agli occhi: il concetto di “costo standard”, ricavabile dal testo di decreto delegato in esame, nulla ha a che vedere con l’identico concetto disciplinato dalla normativa comunitaria, e non viene nemmeno determinato secondo le regole sopra sommariamente evidenziate.
In realtà, la finalità che lo schema di decreto sembra prefiggersi è di “mascherare” il mantenimento ( e quindi la pietrificazione) del livello di spesa storica – ed in particolare di quello già fissato in Conferenza Stato Regioni – spacciandolo per passaggio epocale anche sotto il profilo metodologico.
Accetto scommesse: verrà posta la fiducia anche su questo schema, e la Lega urlerà ai quattro venti di aver cambiato lo Stato in senso federale.
Sono però molto curioso di vedere la reazione delle Regioni “virtuose” rispetto a questo metodo “gattopardesco” (è necessario che tutto cambi perché nulla cambi): non so perché, ma credo che gli amministratori non condivideranno l’entusiasmo leghista…
Inserito da:
Giuseppe Naimo - che ha inserito 16 articoli in Libertiamo.it.
Nato a Locri nel 1965, Avvocato cassazionista dal 2003, è in servizio dal 2001 presso l’Avvocatura della Regione Calabria. Ha collaborato alla redazione del “Manuale di Diritto Amministrativo”, di R.GAROFOLI – G.FERRARI, edito da Neldiritto editore, 2008. Pubblica articoli su alcune delle più importanti riviste giuridiche on line italiane (Lexitalia; Federalismi; Nel Diritto.it; Diritto dei Servizi Pubblici).
Luigi il Grande
FEDERALISMO FISCALE/1: LEGA, TANTO NORD, MA POI LE COSE LE FA "ALL'ITALIANA"
Nuove tasse dovrebbero sostituire vecchie imposte. a si sa come avviene, la soppressione è rinviata e ci si deve aspettare una semplice sommatoria delle gabelle. Il caso dell'Irpef regionale... un massacro
Diciamocelo, la Lega Nord fa tanto rumore sulla Padania ma poi fa le cose “all’italiana”. Il federalismo fiscale comunale passato ieri a Montecitorio, infatti, è un pastrocchio, per giunta molto pericoloso. Infatti mette nuove tasse, ed elimina alcune imposte. Ma per eliminare queste imposte rimanda a provvedimenti del presidente del Consiglio dei ministri da fare una ora, un’altra entro un anno, un’altra tra 6 mesi e mezzo. Il rischio, anzi la certezza, è che come sulle bollette Enel le varie voci si sommino una con l’altra dando una bastonata ai contribuenti.
Prendiamo il caso dell’Irpef regionale: si creerà un fisco regionale a due fasce E le regioni potranno alzarlo dello 0,4%. Se in sofferenza per il sistema sanitario anche di più, come vuole già la modifica del Titolo V della Costituzione. Da una parte ci saranno i lavoratori dipendenti e pensionati che guadagnano fino a 28 mila euro lordi all'anno: questa categoria sarà parzialmente protetta dai possibili aumenti e le Regioni dovranno contenerli entro lo 0,5 per cento. Tutti gli altri, invece - sia lavoratori dipendenti sia autonomi - potranno subire - se le Regioni lo riterranno - aumenti fino al 2,1 per cento (che insieme allo 0,9 per cento base, fa il 3 per cento) nell'anno 2015.
Il rincaro per la fascia che sta, ad esempio, tra i 15 mila e i 28 mila euro lordi potrà essere di soli 41 euro per i lavoratori dipendenti, di 39 per i pensionati ma addirittura di 267 per gli autonomi che, sebbene a redditi bassi, non vengono tutelati dalla clausola di salvaguardia che riguarda solo i lavori dipendenti. Anche se poco, tutti questi dovranno pagare di più.
Quando si va oltre i 28 mila euro di reddito (e qui si tratta di 6milioni e 700mila lavoratori sui 30 milioni soggetti all’Irpef) le Regioni potranno usare la mano pesante, senza distinzione di sorta tra lavoratori dipendenti e autonomi. Infatti potranno elevare le addizionali molto di più, e non solo in conseguenza degli extra deficit sanitari per i quali sarà mantenuta una procedura a se stante. Per questi contribuenti del ceto medio il rincaro possibile sarà di 862 euro annui: una somma che si ricava facendo la differenza tra l'attuale aliquota media dell'addizionale Irpef pari all'1,2 per cento e quella possibile del 3 per cento, una volta giunto al traguardo il federalismo fiscale regionale nell'anno 2015. C'è anche da considerare che visto l'andamento dell'evasione fiscale in Italia di questa "classe medio alta" il 95,3 per cento è rappresentato dai lavoratori dipendenti e solo il 7,9 per cento è costituito da lavoratori autonomi.
Luigi il Grande
Ieri FLI è stato sciolto al Senato perchè ne è stata verificata la sua illegalità.
E' stato Marco Pannella ad affossare i 20 referendum rifiutandone l'accorpamento elettorale con le amministrative e la conseguente garanzia di quorum.
Federalismo municipale? No, solo nuove tasse locali
di Giorgio Conte
La Lega dovra’ spiegare ai suoi elettori questo misero risultato. Noi siamo pronti a dare agli italiani una giusta informazione nel merito. Non siamo contro il federalismo, ma contro questo decreto nel quale di principi federali non vi e’ traccia. Spiegheremo agli italiani, agli artigiani, ai piccoli imprenditori, alle tante partite IVA
che costituiscono il nostro tessuto imprenditoriale che questo nuovo federalismo colpira’, proprio tramite l’IMU, i beni strumentali primari, i capannoni e gli spazi produttivi, in un momento in cui tutta l’impresa avrebbe bisogno di altri segnali.
Questo provvedimento permette ai sindaci di aumentare l’aliquota Irpef, e l’Imu non rappresenta che un
ulteriore aggravio della pressione fiscale, perche’ e’ una riproposizione dell’Ici non solo sulla seconda casa, ma su tutte le attivita’ produttive: dovrebbe chiamarsi patrimoniale comunale. Federalismo municipale? Io lo
chiamerei nuove tasse locali.
Luigi il Grande
Mobilitazione nazionale – Facciamo conoscere la verità agli italiani
di Generazione Italia
Quando dice che, per fare un piacere alla Lega nord Padania, si vota un federalismo che aumenta le tasse, gli rispondo dicendo ‘ma va a ciapa’ i rat’. Parole e musica del deputato della Lega, Raffaele Volpi. Evidentemente le parole di Fini e il nostro volantino che a breve verrà distribuito in tutta Italia hanno toccato un nervo scoperto per la Lega e per il Pdl.
Abbiamo svelato la verità che fa tanto male agli amici in camicia verde. Nel 2008 avevamo promesso agli italiani “La riforma del Titolo V della Costituzione ha posto le premesse per avviare un ampio processo di trasferimento di poteri dal centro alla periferia. Per il riconoscimento di una effettiva autonomia delle Regioni e degli enti locali occorre realizzare il federalismo fiscale, che comporta il trasferimento di risorse finanziarie dal centro alla periferia, a parità di spesa pubblica e di pressione fiscale complessiva“, come diceva il programma del Pdl.
E invece ci ritroviamo con +0,4% di IRPEF, Ici su seconda casa, negozi e fabbriche allo 0,76 per mille, tassa di soggiorno, tassa di scopo e disoccupazione giovanile al 30%. Un disastro che diventa difficile da spiegare agli elettori. Specialmente a quelli di centrodestra.
Luigi il Grande
No al federalismo delle tasse
di Mario Baldassarri
Non sono io l’ago della bilancia, ma il contenuto del provvedimento, che tutto era meno il federalismo municipale, diminuiva l’autonomia dei Comuni e aumentava la loro dipendenza dai fondi statali, e in piu’ aveva come risultato piu’ tasse per tutti. Non e’ una bocciatura politica, ma nel merito del provvedimento. Con il federalismo vero si riduce la spesa e si riducono le tasse, se il risultato che si ottiene e’ l’opposto, non posso che votare contro.
La cedolare secca non aveva copertura finanziaria ieri sera ho visto un segnale di cambiamento sulla compartecipazione all’Iva, che ha avuto il voto unanime della Bicamerale. Facendo le cose per bene il sostegno in Commissione sarebbe stato ampio.
Luigi il Grande
W l’Italia
di Oronzo Valentini
Non credevo ai miei occhi. Stamattina i giornali riportavano l’esultanza della Lega per l’istituzione della festa della Lombardia. Sì, esatto, proprio il partito di Bossi, Calderoli, Borghezio & C, che ha osteggiato in ogni modo le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, fino a non votare il decreto del Consiglio dei Ministri per le celebrazioni del 17 marzo. Dicevano che in un momento di crisi, come quello che attraversiamo, è un lusso inaccettabile quello di festeggiare il compleanno della nostra Nazione, fermando scuole, uffici pubblici, imprese, negozi e destinando risorse economiche per le celebrazioni pubbliche. Per questa ragione, col sostegno di alcuni esponenti compiacenti del PdL, come la Gelmini che considera persa questa giornata scolastica, il governo Berlusconi con un compromesso al ribasso decise di sostituire per quest’anno il 17 marzo, con il 4 novembre, festa delle Forze Armate. Dopo la resa incondizionata ai danni dell’Esercito Italiano, che sull’altare di una presunta efficienza padana, sacrificherà la propria festa, è arrivata la beffa. Il consiglio regionale lombardo, guidato da Renzo Bossi, al secolo “la trota”, ha istituito una festa per la micro-patria lombarda, con tanto di bandiera raffigurante la croce di San Giorgio e celebrazioni, barattando la possibilità di festeggiare l’unità d’Italia anche in Lombardia. Sommessamente, quasi supinamente, Formigoni e berluscones lombardi nascondono la propria sottomissione e mortificazione dietro prudenti dichiarazioni, del tipo “ma no, abbiamo votato solo un ordine del giorno… faremo un comitato di esperti per disciplinare la questione… ah, ma non è detto che quel giorno si farà festa!” Da oltre un decennio siedo tra i banchi di un’amministrazione locale e conosco l’importanza e l’utilità della mediazione e del confronto tra posizioni differenti per giungere a soluzioni largamente condivise su problemi concreti e su questioni politiche. Ma sono convinto che sui valori non si tratta! Non sono l’unico ad esserne convinto. Ho sentito centinaia di volte queste parole da La Russa, Gasparri, Alemanno, Matteoli, dai palchi di Alleanza Nazionale. Ma dove sono finiti? Possibile che pur di mantenere la poltrona siano pronti a giocarsi tutto, compreso la propria identità e le proprie radici più profonde? Sono fiero di appartenere ad una grande storia e ad una millenaria tradizione, quella della nostra Patria. Avverto l’esigenza ed il dovere morale di ricordare ed onorare con dignità, senza se e senza ma, l’unità della Nazione e quel sogno, mai tramontato, che ha animato ed anima migliaia di donne e di uomini. Oggi, in un momento in cui lo Stato, le istituzioni repubblicane sembrano potersi piegare intorno agli interessi ed ai privilegi di pochi, non possiamo restare fermi ed assistere ad un mercanteggiamento dei principi fondanti della nostra società. Il 17 marzo appendiamo una bandiera tricolore sui balconi o sulle finestre delle nostre abitazioni, usciamo nelle vie e nelle piazze delle nostre città per sventolare la nostra bandiera, contribuiamo con entusiasmo, determinazione e amor patrio a non far tramontare quel sogno, che si chiama ITALIA.
Luigi il Grande
Caspita, a Milano ci guadagni abbastanza e non perdi per niente, quello che il disonesto Luigi non dice è che viene ridotta l'Irap in maniera più consistente di quanto cresca il coefficiente immobiliare per tutti e in tutta italia. Le altre sono possibilità di imposta che non sono nuove tasse emesse ma possibili, a Milano il carico diminuirà mentre il giochino di disastrare la finanza locale per appellarsi in nazionale finisce. Adesso i cittadini di catania e palermo e napoli e via discorrendo pagheranno le loro cattive scelte passate almeno in parte di persona e questo mi piace un sacco. Non mi dispiace che un comune con pretese chieda 5 euro a turista, così manda fuori prezzo i pirla che lo hanno eletto, quelli meno sciocchi hanno un vantaggio competitivo.
Anche la tassa di scopo è una figata, vediamo come finisce la mania dell'interro delle sedi stradali quando da una extra assegnazione per via politica nazionale ti presentano il conto direttamente, la tassa di scopo sostituisce quella voce di bilancio e non è male per niente.
In effetti, cari terroncelli e cattivi amminastratori, questa legge è tutta per voi. Per fermarla avete tentato di tutto, con particolare amore per l'illecito, peccato, avete perso. Alla prossima.
Qui occorre sprecare 1 o 2 minuti, per sottilineare con grande rammarico lo stato allucinatorio in cui ormai (credo per poco) vive l'alcolizzato "Maurizio Garoglio".
Caspita, a Milano ci guadagni abbastanza e non perdi per niente, quello che il disonesto Luigi non dice è che viene ridotta l'Irap in maniera più consistente di quanto cresca il coefficiente immobiliare per tutti e in tutta italia. Le altre sono possibilità di imposta che non sono nuove tasse emesse ma possibili, a Milano il carico diminuirà mentre il giochino di disastrare la finanza locale per appellarsi in nazionale finisce.
L'Irap che poi è un problema che riguarda lo scrivente che fa l'imprenditore e certamente meno un beone a carico dell'Inps (tu), non c'entra un beneamato cazzo con la tassa sugli immobili. As usual, deliri.
Adesso i cittadini di catania e palermo e napoli e via discorrendo pagheranno le loro cattive scelte passate almeno in parte di persona e questo mi piace un sacco. Non mi dispiace che un comune con pretese chieda 5 euro a turista, così manda fuori prezzo i pirla che lo hanno eletto, quelli meno sciocchi hanno un vantaggio competitivo.
Qui esce la tua "cultura da osteria" che determina il tuo agonizzare tra le illumunazioni di Borghezio e le prime tre righe dell'articolo di apertura della settima scorsa di Libero. Un mix urticante di xenofobia e demenza.
Anche la tassa di scopo è una figata, vediamo come finisce la mania dell'interro delle sedi stradali quando da una extra assegnazione per via politica nazionale ti presentano il conto direttamente, la tassa di scopo sostituisce quella voce di bilancio e non è male per niente.
In effetti, cari terroncelli e cattivi amminastratori, questa legge è tutta per voi. Per fermarla avete tentato di tutto, con particolare amore per l'illecito, peccato, avete perso. Alla prossima.
La legge di scopo è oltre la tua capacità cognitiva.
Mi permetto solo di sottolineare il tuo devastato stile espressivo, in particolare la sublime considerazione: "Anche la tassa di scopo è una figata, vediamo come finisce la mania dell'interro delle sedi stradali quando da una extra assegnazione per via politica nazionale ti presentano il conto direttamente, la tassa di scopo sostituisce quella voce di bilancio e non è male per niente.". Cazzo vuol dire?
Sei conciato male e umanamente sono dipiaciuto, comunque ubriacarti sempre è un tuo diritto, quindi...
Luigi il Grande
Una merda che si nasconde dietro un avatar non merita neppure quelli ma ricordo che non sei nulla, solo del vomito di vigliacco che usa a sbafo uno spazio di libertà che non ha meritato.
Se come pensante non capisci che levare una spesa certa e sostituirla con una possibile è un vantaggio sei anche l'avatar di un cretino, non millantare scemenze e non fare l'imprenditore, quelli hanno un nome e cognome e non si vergognano di se stessi e del loro pensiero, la cosa interessante è che se non hai qualcuno che pensa per te non lo resterai a lungo. Non una grande perdita ma i dipendenti di simile idiota non lo meritano di certo.
A proposito io sono un imprenditore e un professionista, te non se nulla.
Una merda che si nasconde dietro un avatar non merita neppure quelli ma ricordo che non sei nulla, solo del vomito di vigliacco che usa a sbafo uno spazio di libertà che non ha meritato.
Vabbè, delirio allucinatorio...
Se come pensante non capisci che levare una spesa certa e sostituirla con una possibile è un vantaggio sei anche l'avatar di un cretino, non millantare scemenze e non fare l'imprenditore, quelli hanno un nome e cognome e non si vergognano di se stessi e del loro pensiero, la cosa interessante è che se non hai qualcuno che pensa per te non lo resterai a lungo. Non una grande perdita ma i dipendenti di simile idiota non lo meritano di certo.
Idiota ribadisco, non hai capito un cazzo e fai la solita indigesta confusione dell'ubriaco perenne...
A proposito io sono un imprenditore e un professionista, te non se nulla.
Bravo, intraprendi la strada per i corsi di italiano gratuiti erogati da alcune onlus.. Sbronzone, si scrive: "A proposito io sono un imprenditore e un professionista, TU non sei nulla.". Sei un beone senza pudore... "imprenditore e professionista"... ahahahaha
Luigi il Grande
Saluti anche a te, Maurizio. E grazie per il "terroncelli".
Prego ! Riconosci che è abbastanza una fregatura per i politici locali irresponsabili e che sono in massima parte dalle tue parti, in questo senso è significativo il concetto di responsabilità politica. Ci sono comuni dove gli stipendi pesano al 90% delle entrate, dove hanno fatto debiti per generazioni, vogliamo dargli un minimo incomodo a chi li ha votati o meno ?
Caro Maurizio, non è un mio problema se tu vivi l'inizio dell'inizio dell'inizio di un federalismo che poi sapremo come va - ora è troppo presto - come una rivalsa nei confronti dei "terroncelli". Si tratta di capire se per te "terroncelli" sono tutti coloro che sono sotto Lodi, e non sono stanchi di questo modo di discutere, e quindi chi è al nord è di sicuro persona intelligente che vota persone eccezionali e chi è "terroncello" è uno che ruba le pensioni e vota mafiosi.
Sarei stanco di sottolinearlo, ma probabile che tu lo faccia perché vivi di contrapposizioni, per cui - ribadisco - non è un mio problema.
In ogni caso ti ringrazio per avermi/ci considerato già esseri umani.
Quella è una tua lettura, non la mia. Se permetti il mio federalismo discende da Cattaneo quando eravate stato estero. La politica dell'andiam a Roma a "rubare" per voi è una vostra politica, bipartisan fra l'altro, e sulle pensioni "rubate" e i voti ai mafiosi cosa ci sarebbe da discutere ?
Ci sono dei meridionali che addossano al modello politico predatorio i guasti del mezzogiorno, poi al massimo capisci il contrario, al nord abbiamo votato per decenni malfattori un poco pirla che facevano derubare i loro elettori per interessi non sempre limpidi. Ma alla lunga, con intelligenza, abbiamo girato la frittata, del resto non è che io viva di contrapposizioni, cerco di non morirne.
Quanto alla mia posizione personale dipende dal localismo dove sono collocato, non è detto che sia in un comune virtuoso come residente, o come imprenditore. Semplicemente, nel calcolo medio, vedo sanata una questione odiosa che mi vedeva mantenere oltretutto degli ingrati. La contrapposizione esiste con chi ama e protegge il malaffare credendo che potesse durare all'infinito, addirittura qualcuno è convinto che sia una specie di diritto divino.
In un certo senso non è neppure un mio problema, se fossi milanese il mio comune riceve duecento euro in più per ogni contribuente, quello di Napoli trecento in meno, la cosa buona è che la differenza adesso la paga il napoletano e non più io. Se vuoi vederla come contrapposizione personale è tua facoltà anche se non vedo come.
Diventa solo patetica propaganda gridare su nuove tasse, che ovviamente non ci saranno per chi ha votato con testa, per altri il giusto pagamento delle proprie scelte.
Una lettura molto concreta e lineare del provvedimento sul federalismo: difficile non condividerla.
E' stato Marco Pannella ad affossare i 20 referendum rifiutandone l'accorpamento elettorale con le amministrative e la conseguente garanzia di quorum.
Ciao Maurizio, grazie ancora.
Stanno uscendo i conteggi del +/- per i vari comuni, ovviamente a tasse discrezionali 0 e Milano guadagna 211 euro a cittadino, Monza 201 e in generale il nord guadagna parecchio, il centro poco, il sud ci rimette parecchio. Il conto del cugino comunale fraudolento sta arrivando. Probabilmente nei casi di deficit le addizzionali irpef saranno dovute, le altre dipende. Il sistema di solidarietà non perpetua lo sbilancio, si limita a cercare di sanare il pregresso ma come riforma è epocale oltre che di buon senso. Il governo locale, eletto in locale viene finanziato dalle imposte locali. Lega e buonsenso felici, al PDL non dispiace, il PD non sa che fare visto che non può andare contro una riduzione di tasse ai suoi elettori. Cosa accadrà in meridione sei forse più qualificato te di me a dirlo.
Non mi risulta. Renzi, stamattina ad Omnibus, era tutt'altro che confuso e dispiaciuto.
Tutti sanno che il meridione non è terra politicamente, e come qualità delle amministrazioni locali, omogenea. Vendersela così è da propaganda di bassa Lega.
Renzi non è il PD ma il suo principale avversario, certo che non è dispiaciuto, avrà fatto i conti e visto i guadagni. Chiedi a Iervolino che perde 300 euro a cittadino cosa ne pensa.
Troppo distante, la Jervolino, se vuoi chiedo a quegli incapaci ex Forza Italia, ora del PDL, che amministrano il mio comune dal 1996.
Quanto sono sotto ? Scrivevo giusto bipartisan e le cricche di paese sono molto vagamente riferibili a un partito ma molto precisamente riferibili a gruppi di interesse locale che prendono la targa secondo convenienza. Nel paese dove facevo vacanza gli industriali locali avevano la targa PCI contro due poveracci targati DC che non riceveva manco il parroco. La coalzione rosso/verde ha costruito in aree protette, ne ha fatte di ogni e da pochi anni un giovane simpatico targato PDL è riuscito a batterli ma è un rivoluzionario liberale o riformista moderato come mormone. Semplicemente ha raccolto e coordinato gli "altri" del paese e si è fatto votare, e sono convinto che non è stato per alta politica ma per asfaltare o meno la via alta.
Ho solo, sommessamente, chiesto se tu volessi che io andassi a chiedere. Se vuoi non vado.
era solo per dirti che non necessariamente a livello politico locale ci siano riferimenti ideologici reali.
Quindi vado?
solo se ti interessa, così scopri se e quanto ti cambiano le tasse.
Ok, forse vado.
Luigi il Grande (citazione): "sì. Bravo Paolo".
:-))
E' stato Marco Pannella ad affossare i 20 referendum rifiutandone l'accorpamento elettorale con le amministrative e la conseguente garanzia di quorum.