PEDOFOBIA (?) ED OMOFOBIA: DUE MEDAGLIE COMPLETAMENTE DIVERSE

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La pedofobia, che è un neologismo inventato del nostro viscido e ripugnate pedofilo, William Andraghetti, è meglio nota come "reato" che configura un crimine ripugnante: la violenza sessuale su un minore.

Il su detto crimine odioso ha il suo naturale sbocco nella reclusione carceraria, nelle cure psichiatriche ed in molti paesi prevede la castrazione chimica. Va prevenuto dai genitori con determinazione ed accortezza. That's all.

L'omofobia, che non è un neologismo, è viceversa da combattere tenacemente: è un pregiudizio atavico rispetto al naturale rapporto tra liberi omossessuali, adulti, consenzienti e consapevoli. That's all.

Il maniaco abusatore di bambini William Andraghetti, che è un lercio individuo, si è inventato un'assurda "medaglia comune" che esiste solo nella sua mente malata, bisognosa di cure e perchè no, forse anche di qualche ulteriore annetto di carcere, in attesa che anche in Italia venga approvata la castrazione chimica, a tutela dei nostri bambini.

luigi il grande (non verificato)

Questa è la Pedofobia: Boicottiamo il maniaco William Andraghetti, che fra le altre cose, ci piglia anche per il culo...

 

La Pedofobia, (da non confondere con la Pedofilia, ovvero l'interesse sessuale patologico verso bambini piccoli), è la paura degli adolescenti; in particolare il timore dei genitori, ma anche di altre figure adulte, nei confronti dei figli e/o dei giovani in generale a causa della loro aggressività, esuberanza, irrispettosità e prepotenza.

 

Le cause di tale atteggiamento possono essere ricercate e trovate nella sovversione, se non addirittura nello stravolgimento dei veri valori e ruoli sociali e familiari che caratterizza proprio questi ultimi anni.

 

Il genitore non fa più il genitore e a ciò si aggiunge il fatto che il figlio è spesso bombardato, condizionato ed influenzato dalla sempre maggiore violenza veicolata dalla società, dal gruppo, dai videogiochi, da Internet e dalla televisione.

 

A riprova di quanto detto oggi si assiste sempre più alla comparsa di episodi di bullismo da parte di minori su compagni, amici, altri ragazzi, ma anche di aggressività su persone adulte come maestri, professori, anziani, genitori suscitando in loro una vera e propria paura, appunto la Pedofobia.

 

In tal modo al giorno d'oggi si può aver paura anche dei giovani, i quali invece non dovrebbero certo incutere tale emozione che se protratta e cronica può diventare psicopatologica.

 

Mancano, in conclusione, figure di riferimento e di insegnamento, ed anche solidi valori sociali, morali e familiari da perseguire e rispettare, e, non ultimi, freni e filtri al dilagare di messaggi mediatici aggressivi, violenti ed autoritari.

luigi il grande (non verificato)

Questa è la Pedofilia del sordido maniaco William Andraghetti, che è un reato e che prevede il carcere. La pedofobia che usa subdolamente ma  del tutto a caso il maniaco, ve l'ho descritta.

 

Turismo sessuale, italiano condannato per pedofilia

By admin

Bogotà, turismo sessuale Condannato un italiano
Paolo Pravisani ritenuto colpevole di pedofilia, detenzione di materiale pedopornografico e induzione alla prostituzione. Finito sotto processo dopo la morte in casa sua di un 15enne, ufficialmente suo domestico

Paolo Pravisani (72 anni, originario di Udine) è stato condannato per pedofilia, detenzione di materiale pedopornografico e induzione alla prostituzione. Era finito sotto processo dopo che un quindicenne, Yesid Torres, era stato trovato morto per un’overdose di cocaina nel suo appartamento. Il ragazzo ufficialmente lavorava come domestico nella casa dell’italiano. Il giudice fisserà entro un mese la pena da infliggere: nel frattempo ha ordinato che Pravisani venga trasferito nel carcere di Ternera dalla clinica psichiatrica nella quale si era rifugiato durante tutto il processo.

Prima la pena, poi l’espulsione Dopo aver scontato la pena Pravisani verrà espulso dalla Colombia. Cittadino italiano residente in Colombia, Pravisani è stato riconosciuto colpevole di aver pagato minori per abusarne sessualmente, nonché di aver pagato delle donne per compiere atti sessuali con minori ai quali egli assisteva. Assieme a lui sono state condannate le due donne, Hilda Martínez e Angélica Tovar, per atti sessuali con minori di 14 anni e come complici di stimolo alla prostituzione e pornografia infantile.

Il primo processo Quello contro Pravisani è stato il primo processo istituito in Colombia contro un cittadino straniero. Il turismo sessuale è un fenomeno molto diffuso in Colombia, a causa dell’indigenza in cui versa gran parte della popolazione. Il 46,8% dei colombiani infatti vive al di sotto della soglia di povertà; tra di loro ci sono i quasi 4 milioni di sfollati a causa del conflitto tra esercito, guerriglia e paramilitari o per le pressioni dei narcotrafficanti. Città come Cartagena sono circondate da baraccopoli dove le famiglie sono costrette ad accettare o addirittura a favorire lo sfruttamento dei propri figli nella prostituzione.

“Sentenza storica” Molto sodisfatto per la sentenza Raffaele K. Salinari, presidente dell’ong Terre des Hommes in un comunicato: “Finalmente si spezza il cerchio di omertà e complicità che da anni si chiudeva attorno alle tante vittime della prostituzione infantile e copriva gli sfruttatori ed i clienti. La nostra organizzazione che in tutti questi anni ha sostenuto i familiari delle vittime, in particolare la madre di Yesid, esprime dunque soddisfazione e manterrà l’impegno affinché da questa sentenza si arrivi a riconfigurare un sistema di giustizia internazionale nel quale i delitti contro l’infanzia vengano considerati dei veri e propri crimini contro tutta l’umanità”.

da IL GIORNALE

luigi il grande (non verificato)

Questa è omofobia da combattere:

 

l'opposizione chiede una normativa unitaria per tutto il territorio nazionale

Milano, gay non può donare il sangue
Il Pd porta il caso in Parlamento

Denuncia dei radicali: in passato non era stato rifiutato. Il direttore del Pini: aderiamo a protocollo del Policlinico

 

l'opposizione chiede una normativa unitaria per tutto il territorio nazionale

Milano, gay non può donare il sangue
Il Pd porta il caso in Parlamento

Denuncia dei radicali: in passato non era stato rifiutato. Il direttore del Pini: aderiamo a protocollo del Policlinico

MILANO - Qualche giorno fa la denuncia dei radicali Marco Cappato e Sergio Rovasio: «Il servizio trasfusionale dell'ospedale Gaetano Pini di Milano ha dichiarato di non voler accettare la donazione di sangue da un donatore dichiaratamente gay che finora lo aveva donato almeno venti volte (per otto anni, ndr). Ciò che sconcerta - prosegue la nota - è che la direttiva per la quale una persona gay non può donare il sangue nella struttura del Policlinico di Milano è nuova e nemmeno ha tenuto conto del fatto che la direttiva della Commissione europea (direttiva 2004/33/Ec) riguardo i donatori di sangue precisa che i gruppi a rischio sono coloro che "hanno comportamenti sessuali a rischio", indipendentemente dal loro orientamento sessuale così come previsto anche dal decreto ministeriale 13/4/2005».

IL PRECEDENTE - Non è la prima volta che il problema viene posto in questi termini. Nel 2007 c'era stata la denuncia di un giovane gay, che aveva scritto al Corriere: «Ho 28 anni, non ho mai fatto uso di droghe, non sono anemico, non ho malattie importanti come tumori o diabete, non sono sieropositivo, non ho mai avuto nessun tipo di epatite e non ho comportamenti a rischio per le malattie a trasmissione sessuale. Ma sono gay e non mi hanno permesso di donare il sangue». Sotto accusa era finito il Policlinico e la notizia aveva scatenato l'interesse dei lettori del Corriere, che hanno commentato la lettera e inviato le proprie testimonianze.

INTERROGAZIONE - Ora il nuovo caso ha scatenato, oltre che irritazione, uno scontro politico. «Respingere le donazioni di sangue da persone omosessuali è del tutto illegale, lo stabilisce con chiarezza il decreto sulla donazione dell'aprile 2001 dell'allora ministro della sanità Umberto Veronesi» attacca l'esponente Idv Franco Grillini. Gli fa eco Leoluca Orlando, presidente della Commissione sugli errori sanitari: «L'orientamento sessuale non è a priori un motivo di esclusione dalla donazione di sangue». La Commissione ha inviato una richiesta di relazione all'assessore alla Sanità lombardo Bresciani. E Luciana Pedoto (Pd), della Commissione affari sociali della Camera, ha presentato un'interrogazione parlamentare al ministro della Salute Fazio: «Il protocollo per la donazione non può che essere unico per tutto il territorio nazionale, non potendo la donazione stessa essere oggetto di alcuna fase sperimentale. Rispettando tali corrette e uniformi indicazioni un potenziale donatore può essere ammesso o escluso alla donazione».

PROTOCOLLO - Parole facilmente condivisibili ma resta il dubbio se i gay possano o meno donare il sangue. Sul sito internet dell'Avis (l'associazione volontari italiani sangue) si legge che sono esclusi dalle donazioni coloro che hanno avuto «rapporti sessuali ad alto rischio di trasmissione di malattie infettive (occasionali, promiscui)». Non si parla di omosessualità. Stessa cosa sul sito del Centro trasfusionale del Policlinico, dove si fa riferimento a generici "rapporti sessuali, anche protetti, con persone a rischio". E a quanto pare non esiste un protocollo nazionale. Infatti, come spiega il direttore dell'ospedale milanese, Amedeo Tropiano, «il Gaetano Pini aderisce al protocollo per la medicina trasfusionale della Città di Milano, di cui è capofila il Policlinico, e a cui aderisce anche il Fatebenefratelli». Dal canto suo il Policlinico afferma in una nota che «recentemente l'Fda americana (Food and Drug Administration) ha riconfermato l'esclusione dalla donazione di sangue di uomini che abbiano avuto un rapporto omosessuale anche solo una volta nella vita». Inoltre, viene spiegato, i gay che vengono respinti come donatori sono meno di tanti altri, che vengono esclusi per motivi diversi: chi ha avuto più di tre partner nell'ultimo anno, chi ha avuto rapporti con una prostituta o occasionali, chi ha frequentato nei tre mesi precedenti Paesi in cui è alto il rischio di contrarre la malaria. Spiegazioni che non convincono Aurelio Mancuso, ex presidente nazionale di Arcigay, che sollecita «un intervento immediato e chiarificatore da parte del ministro della Salute».

 

 

Redazione online
20 luglio 2010