Pedofilia, verso la castrazione chimica in Italia?
Molti i disegni di legge che auspicano una soluzione drastica contro i pedofili
(ITnews) - Roma - --> -->Quale punizione infliggere ai pedofili? A giudicare dal Parlamento italiano la soluzione più drastica - quella della castrazione chimica - non è da escludere. Alla Camera e al Senato, infatti, sono state presentate in questa legislatura circa dieci proposte di legge, in alcune delle quali, come in quella di Stefano Pedica (Idv), si chiede di ricorrere alla castrazione chimica per chi commette abusi sessuali sui minori. Intransigenti anche Lega e FI. Il Carroccio, infatti, chiede di trattare la pedofilia alla stregua dell'omicidio. Anche FI è per la linea dura. La responsabile 'azzurrà di Famiglia e minori Maria Burani Procaccini definisce quella di Sarkozy sulla castrazione chimica «una buona proposta che è certamente meglio del niente che circonda le iniziative di contrasto alla pedofilia in Italia». Ecco una sintesi delle principali misure di contrasto contenute nei disegni di legge presentati negli ultimi tre mesi. Si dividono, sostanzialmente, lungo tre linee guida: la prima volta a introdurre il reato di apologia anche per la pedofilia; la seconda mira a a rafforzare i controlli e a inasprire le condanne; l'ultima a modificare le procedure per le testimonianze dei minori. 1) A chiedere l'estensione del reato di apologia anche per la pedofilia ci sono varie proposte di legge tra cui quelle presentata dalla responsabile Giustizia della Lega Carolina Lussana, dal deputato di An Giulia Cosenza e da Rosario Giorgio Costa (FI). Si intende cioè punire con il carcere da tre a cinque anni chiunque istighi a commettere il reato. 2) C'è anche chi pensa alla nascita di un'agenzia nazionale specializzata per rafforzare i controlli. La propongono i deputati Verdi ed ha il compito di studiare e coordinare misure di contrasto al fenomeno. Può operare anche all'estero e deve istituire una banca dati. 3) Nei provvedimenti depositati da An nei due rami del Parlamento si riforma la procedura per l'ascolto dei minori nella fase delle indagini e in quella dibattimentale anche alla luce di quanto avvenuto all'asilo di Rignano Flaminio. Si chiede cioè che il minore sia sempre ascoltato da uno psicologo o psichiatra seguito dal magistrato magari attraverso «l'uso di un vetro specchio e di un citofono». Poi si introducono l«obbligo di denuncià e la sanzione per chiunque »occulti, distrugga o alteri« disegni o documenti che potrebbero aiutare a individuare violenze e colpevoli. Per i più pericolosi, Edmondo Cirielli (AN) propone infine il divieto di frequentare minori, anche se parenti, e luoghi di ritrovo per ragazzi: dai parchi giochi ai luna park.
'FATEVI CASTRARE E SARETE LIBERI'
Luigi il Grande
A dieci giorni dal processo di Francis Evrard, la Francia si interroga sulla richiesta del violentatore seriale che rischia l’ ergastolo.
IL PALMARES - “Nella mia vita ho conosciuto quaranta bambini, ma sono stato condannato solo per tre casi“, La polizia e il procuratore di Lille hanno riserve sulle dichiarazioni rilasciate dal pedofilo durante l’ interrogatorio e in ogni caso si sono limitati alle investigazioni relative al processo Enis lasciando perdere le sue eventuali altre vittime per non uscire dal quadro giuridico. Dopo la diffusione massiccia in Francia della foto dell’ imputato, solo un uomo di 42 anni l’ha riconosciuto e ha presentato una denuncia presso la stazione di polizia di Villeneuve d’Ascq, nella quale dichiarava di essere stato attirato con delle caramelle da Evrard all’ età di 5 anni ad Hellemmes e di esserne stato in seguito abusato. Gli investigatori dovranno ricercare negli archivi di una quarantina d’anni fa, se la segnalazione del sospettato fatta all’ epoca dal bambino, coincidesse con il profilo di Evrard. “Si tratta di un compito immane ritornare così indietro nel tempo “, ha affermato un commissario, “Evrard può vantarsi di 40 casi, ma forse una ventina non sarebbero tracciabili perché negli anni ‘70 i casi di violenze sessuali non venivano denunciati “. E non c’è nessuna traccia nel casellario giudiziario. “In ogni caso se fosse vero quello che vanta bisognerebbe discriminare tra questi presunti crimini e quindi tra delitti, stupri ed esibizionismo che non hanno la stessa gravità in termini di pena“. Un puzzle giuridico, insomma. Nei confronti dei reati sessuali, la legge in Francia consente deposizioni fino a venti anni dopo la maggiore età. Se i magistrati di Lille applicassero il testo alla lettera, vorrebbe dire che la vittima di Hellemmes avrebbe dovuto presentare denuncia entro il 2003.
LA CARRIERA CRIMINALE – Figlio unico, attaccamento morboso alla madre, Evrard dichiara nei verbali che aveva tentato la fortuna nella sua giovinezza, con una donna con la quale egli non riusciva ad avere rapporti sessuali, e che, timido, non avendo avuto il coraggio di ripetere quell’ esperienza con donne o con uomini, aveva deciso di avvicinare i bambini, adescandoli con dolci, giocattoli e gattini. E’ stata la polizia a ricostruire il percorso di un pedofilo che ha iniziato molto giovane la sua carriera criminale. Il 16 maggio del 1969, Francis Evrard commette a Mouscron, in Belgio, offese al pubblico pudore con violenza (appellativo dell’ epoca per i reati di stupro), su due bambini e una bambina. Fu internato senza processo fino al 1973 in una “Istituzione di difesa sociale” riservata a pazienti non considerati responsabili delle loro azioni. All’uscita, Francis Evrard ricomincia in Francia, e nel 1975 viene ancora condannato a quindici anni di prigione. Esce prima, ma recidivo, “prende” quattro anni. Poi violentata due ragazzi nel 1987. Esce dal carcere dopo venti anni e senza subire ancora nessun trattamento. Nei suoi trent’anni di detenzione egli non riesce a scacciare i suoi fantasmi e quindi le sue pulsioni pedofile. Si arriva al colmo quando nel carcere di Caen, poco prima di terminare la sua pena, si fa prescrivere del Viagra dal medico del penitenziario. Pillole che aveva acquistato e cominciato ad assumere un mese prima di essere arrestato per lo stupro del piccolo Enis. E nell’ interrogatorio ha ammesso di aver preso il Viagra solo per guardare film porno in televisione.
LE REAZIONI IN FRANCIA - Il padre del piccolo Enis, Mustafa Kocakurt, ha reagito con sdegno alla notizia della lettera del pedofilo. “Penso che rida del giudizio del mondo. Perché chiede la castrazione dieci giorni prima del suo processo? Lui cerca solo di mostrarsi come un martire, ma è un manipolatore. Io sono sconvolto e arrabbiato“.”Sono molto fiducioso per il processo, ho fiducia nella giustizia. Mi aspetto che si ripeta nel giudizio su Evrard perché la deve pagare “,ha aggiunto osservando il suo Enis che ora ha sette anni e “ha incubi durante la notte, perché inizia a capire cosa gli è successo.” Si presume che sia condannato all’ergastolo, questa lettera fa parte della sua strategia di difesa” ha affermato l’avvocato della famiglia di Enis. Secondo lui, infatti, la castrazione fisica – vietata in Francia – non risolve il problema di un uomo come Francis Evrard che ha un “organismo che non risponde agli stimoli e ai farmaci“. Un’allusione all’ impotenza sessuale dell’ imputato.”Del resto, ha già avuto un trattamento di castrazione chimica che si è interrotto dopo quattro mesi, perché la sua domanda di libertà condizionale era stata respinta“.
CASTRAZIONE CHIMICA - L’omicidio di Marie-Christine Hodeau, una donna assassinata nella regione parigina da un uomo già condannato per violenza sessuale, che aveva beneficiato della libertà condizionale, ha rilanciato in Francia il dibattito sulla castrazione chimica dei delinquenti sessuali. E il punto centrale della nuova bozza di legge illustrata dal presidente Nicolas Sarkozy alla stampa si prefigge di limitare la recidività di chi si macchia di questo genere di reati. I delinquenti sessuali ritenuti pericolosi potrebbero uscire di prigione, una volta scontata la pena, soltanto se si impegnassero a subire la castrazione chimica. Un provvedimento che diverrebbe obbligatorio e non più sottoposto al solo giudizio medico come prevede oggi in Francia la legge Clément del 2005. Ma al di là del dibattito binario “pro o contro” che si sviluppa ogni tanto pure nel nostro Paese, la questione ha bisogno di risposte soprattutto riguardo la capacità che ha un trattamento ormonale limitato nel tempo di risolvere il problema di una sessualità disturbata. Lasciando così la decisione non più al team medico che segue chi viene sottoposto alla cura, ma rimettendo tutto nelle mani di un giudice. O peggio. In questo caso, della Politica
Luigi il Grande
Psichiatria
Pedofilia
Già proposta anche per i colpevoli di violenza sessuale sulle donne, la terapia farmacologica viene oggi prospettata come una soluzione anche per chi si macchia di atti di pedofilia. Ovviamente l'attenzione si accentra sulle soluzioni più estreme, come la castrazione chirurgica o l'uso dei farmaci, ma in realtà affrontare queste situazioni comporta più spesso un un insieme di interventi. Ce lo spiega il sessuologo professor Maurizio Bossi.
Quali sono gli interventi che si possono attuare?
Partirei dalla definizione di pedofilia, in base alla quale il pedofilo è la persona che ha come principale o esclusiva fonte di eccitamento l'avere fantasie, o rapporti veri e propri, con ragazzi in età prepuberale. Detto questo, le terapie proposte vanno dalla storica "castrazione chirurgica" alla neurochirurgia, che ha anch'essa la possibilità di eliminare il desiderio sessuale, all'impiego di farmaci, alla psicoterapia.
Restando ai farmaci quali si impiegano?
Sostanzialmente di due tipi: gli antiandrogeni (come il ciproterone acetato e il medrossiprogesterone acetato) e alcuni antidepressivi (fluoxetina, nefazodone e altri). Anche il ricorso al farmaco ha lo scopo di attenuare il desiderio sessuale, sia riducendo la produzione degli ormoni sessuali maschili (androgeni) sia agendo sui meccanismi cerebrali coinvolti, come nel caso degli antidepressivi citati.
Quali sono invece i mezzi e gli scopi della psicoterapia?
Lo scopo, ovviamente, è sempre far rientrare i comportamenti devianti, ma le metodiche cambiano a seconda del tipo di approccio: cognitivo comportamentale o psicodimanico, per esempio (si vedano le tabelle riportate qui sotto). Quello che l'esperienza condotta finora ci insegna, comunque, è che i risultati migliori si ottengono con un approccio integrato in cui si combinano l'intervento sociale e quello psicologico e che prevedano una supervisione a lungo termine. In base agli studi, tra soggetti pedofili trattati le recidive, cioè il ritorno ai comportamenti devianti, oscilla tra il 10 e il 30%.
Scopi della psicoterapia cognitivo comportamentale
Scopi della psicoterapia psicodinamica
Fonte
Tratto da Orlando Todarello. "Pedofilia: problematiche cliniche e terapeutiche" relazione al convegno Riproduzione e sessualità tra scienza e rivoluzione culturale. Taranto 24-26 maggio 2001. Si ringrazia il Prof. Todarello per la concessione delle sue diapositive.
Luigi il Grande
Telematic Review
Area: Criminologia
La diagnosi clinica e la terapia della pedofilia
M. Strano, P. Germani, V. Gotti, G. Errico
Premessa
In medicina la diagnosi è la valutazione dei sintomi avvertiti dal paziente e degli elementi oggettivi a disposizione dei medico, specialmente attraverso analisi di laboratorio, al fine di determinare la natura dei processo morboso in atto e la sua sede nell'organismo. Molti clinici hanno una certa riluttanza a formulare una diagnosi di pedofilia, perché l'individuo porterebbe per tutta la sua vita un marchio tremendo. Spesso quando incontra una situazione che presenta delle caratteristiche della pedofilia, il professionista preferisce usare un'altra diagnosi come ad esempio una forte depressione. (Hollin, Howell, 1991). Proponiamo in questo saggio integralmente i criteri psichiatrici assunti per convenzione dall'A.P.A., per la formulazione della diagnosi di pedofilia e di seguito altri approcci diagnostici di origine psicologica. Descriviamo infine una serie di tecniche terapeutiche normalmente adottate per pazienti affetti da pedofilia.
CRITERI DIAGNOSTICI DEL DSM-IV (American Psychiatry Association)
(testo integrale tratto dal manuale)
F65.4 Pedofilia (302.2)
La focalizzazione parafilica della Pedofilia comporta attività sessuale con bambini prepuberi (generalmente di 13 anni o più piccoli). Il soggetto con Pedofilia deve avere almeno 16 o più anni, e deve essere di almeno 5 anni maggiore del bambino. Per i soggetti tardo-adolescenti con Pedofilia, non viene specificata una precisa differenza di età, e si deve ricorrere alla valutazione clinica; bisogna tenere conto sia della maturità sessuale del bambino che della differenza di età. I soggetti con Pedofilia di solito riferiscono attrazione per i bambini di una particolare fascia di età. Alcuni soggetti preferiscono i maschi, altri le femmine, e alcuni sono eccitati sia dai maschi che dalle femmine. Quelli attratti dalle femmine di solito preferiscono quelle tra 8 e 10 anni, mentre quelli attratti dai maschi di solito preferiscono bambini un po' più grandi. La Pedofilia che coinvolge vittime di sesso femminile si riscontra più spesso di quella che coinvolge vittime di sesso maschile. Alcuni soggetti con Pedofilia sono attratti sessualmente solo da bambini (Tipo Esclusivo), mentre altri sono talvolta attratti da adulti (Tipo Non Esclusivo). I soggetti con Pedofilia che sfogano i propri impulsi con bambini possono limitarsi a spogliare il bambino e a guardarlo, a mostrarsi, a masturbarsi in presenza del bambino, a toccarlo con delicatezza e a carezzarlo. Altri, comunque, sottopongono il bambino a fellatio o cunnilingus, o penetrano la vagina, la bocca o l'ano del bambino con le dita, con corpi estranei, o col pene, e usano vari gradi di violenza per fare ciò. Queste attività sono di solito giustificate o razionalizzate sostenendo che esse hanno valore educativo per il bambino, che il bambino ne ricava piacere sessuale, o che il bambino era sessualmente provocante - argomenti comuni anche nella pornografia pedofilica.
I soggetti possono limitare le loro attività ai propri figli, a figliastri, o a parenti oppure possono scegliere come vittime bambini al di fuori della propria famiglia. Alcuni soggetti con Pedofilia minacciano il bambino per evitare che parli. Altri, specie coloro che abusano spesso dei bambini, sviluppano complicate tecniche per avere accesso ai bambini, che possono includere guadagnare la fiducia della madre del bambino, sposare una donna con un bambino attraente, scambiarsi bambini con altri soggetti con Pedofilia, o, in casi rari, adottare bambini di paesi sottosviluppati o rapire bambini ad estranei. Tranne i casi in cui il disturbo è associato a Sadismo Sessuale, il soggetto può essere attento ai bisogni del bambino per ottenere l'affetto, l'interesse, e la fedeltà del bambino stesso, e per evitare che questi riveli l'attività sessuale. Il disturbo inizia di solito nell'adolescenza, sebbene alcuni soggetti con Pedofilia riferiscano di non essere stati eccitati da bambini fino alla mezza età. La frequenza del comportamento pedofilico varia spesso a seconda dello stress psicosociale. Il decorso è di solito cronico, specie in coloro che sono attratti dai maschi. Il tasso di recidive dei soggetti con Pedofilia con preferenza per i maschi è all'incirca doppio rispetto a coloro che preferiscono le femmine.
Criteri diagnostici per F65.4 Pedofilia (302.2)
- Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti, e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano attività sessuale con uno o più bambini prepuberi (generalmente di 13 anni o più piccoli).
- Le fantasie, gli impulsi sessuali o i comportamenti causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell'area sociale, lavorativa, o di altre importanti aree del funzionamento.
- Il soggetto ha almeno 16 anni ed è di almeno 5 anni maggiore del bambino o dei bambini di cui al Criterio A.
Nota:
Non includere un soggetto tardo-adolescente coinvolto in una relazione sessuale perdurante con un soggetto di 12-13 anni.
Specificare se:
- Sessualmente Attratto da Maschi
- Sessualmente Attratto da Femmine
- Sessualmente Attratto da Entrambi
Specificare se:
- Limitato all'Incesto
Specificare il tipo:
- Tipo Esclusivo (attratto solo da bambini)
- Tipo Non Esclusivo
I criteri diagnostici di Lanning
Un'interessante classificazione diagnostica, basata sull'esperienza investigativa dell'autore, è stata proposta da Ken Lanning, (agente dell'FBI e tra i maggiori esperti al mondo di reati contro i minori) nella quale vengono delineate quattro tipologie di pedofili: il represso, l'indifferente sul piano morale, l'indifferente sul piano sessuale, l'inadeguato.
- Il represso, avendo una bassa autostima, ha rapporti con minori in sostituzione dei soggetti adulti, per lui inavvicinabili. In questo genere di soggetti, gli episodi di pedofilia sono da collegarsi a qualche evento traumatico della propria vita.
- L'indifferente sul piano morale, essendo un individuo privo di coscienza che spesso agisce di impulso, non percepisce come grave l'abuso e tende a molestare sia i propri figli che altre vittime.
- L'indifferente sul piano sessuale (definito da Ken Lanning "sperimentatore sessuale") abusa sessualmente di un bambino perché si annoia e l'esperienza gli sembra nuova, eccitante, diversa. E' un individuo disposto a provare tutto.
- L'inadeguato è una persona socialmente emarginata che spesso continua a vivere con i genitori o con un parente più anziano. Pur non essendo naturalmente attratto dai bambini (anzi la curiosità sessuale lo spinge verso gli adulti), sono queste le vittime scelte in sostituzione dei coetanei nei confronti dei quali si sente insicuro.
Nell'ambito della pedofilia, infine, Lanning distingue tra pedofili preferenziali, ovvero individui che, preferendo avere rapporti sessuali con bambini, li fanno oggetto delle proprie fantasie e pedofili situazionali, ovvero individui che molestano un minore non perché sia la vittima ideale bensì quella più facile, a portata di mano al momento opportuno.
La fallometria
La fallometria viene utilizzata in ambito sperimentale per valutare le varie parafilie. Attraverso tale metodica viene misurata l'eccitazione sessuale dei soggetto in risposta a stimoli visivi e uditivi. La diagnosi differenziale fra le varie preferenze erotiche può essere stabilita attraverso il test fallometrico, che usa la registrazione continua dei cambiamento dei volume dei pene quando un soggetto vede figure potenzialmente eccitanti sullo schermo o ascolta racconti di questo tipo (Murphy et Flanagan, 1981).
Durante gli ultimi due decenni, sono state realizzate numerose varianti di questo test dai laboratori di psicologia. Dovunque venga usato il test fallometrico per la pedofilia si somministrano stimoli rappresentanti adulti e bambini nudi attraverso pezzi di film mostrati su schermo, diapositive o grazie all'immaginazione dovuta alla narrativa verbale. Ci sono, comunque, grandi differenze nella presentazione degli stimoli tra i vari laboratori, sia nei tipi di sensori per il pene, che nella valutazione dei risultati dei test. Per tale motivo, sono frequentemente svolti degli studi comparativi nel tentativo di stabilire il potenziale diagnostico dei test. Vi ad esempio delle ricerche che sostengono che l'attendibilità e la validità di questa procedura per la valutazione clinica non sono state chiarite appieno e l'esperienza clinica suggerisce che i soggetti possono simulare reazioni manipolando immagini mentali controllando così l'eccitazione. Un punto a sfavore dei test fallometrico è infatti, rappresentato dalla supposizione che tale tecnica potrebbe non essere obiettiva con soggetti anziani o con soggetti che non hanno un adeguata risposta peniena.
Prognosi della pedofilia
La prognosi si sa è la previsione dei decorso, della durata e dell'esito di una malattia, della quale è stata fatta la diagnosi. La prognosi sfavorevole per le parafilie è associata con l'età di insorgenza precoce, l'alta frequenza degli atti, assenza di senso di colpa o vergogna riguardo all'atto e abuso di alcool o di droga. La prognosi è solitamente favorevole quando quando c'è un'alta motivazione al cambiamento e quando il paziente si rivolge spontaneamente a cercare aiuto, piuttosto che per intervento legale (Kaplan 1993). Dal DSM-IV rileviamo alcune tra le fantasie e i comportamenti associati con le parafilie possono iniziare nella fanciullezza o nella prima adolescenza, ma divengono meglio definiti ed elaborati durante l'adolescenza e la prima età adulta. L'elaborazione e la modificazione delle fantasie parafiliche possono continuare per tutta la vita del soggetto. Per definizione, le fantasie e gli impulsi associati con questi disturbi sono ricorrenti. Molti soggetti riferiscono che le fantasie sono sempre presenti, ma che ci sono però dei periodi in cui la frequenza delle fantasie e l'intensità degli impulsi variano notevolmente. I disturbi tendono ad essere cronici e a permanere per tutta la vita, ma negli adulti sia le fantasie che i comportamenti spesso diminuiscono con l'avanzare dell'età. I comportamenti possono aumentare in risposta a fattori psicosociali stressanti, in relazione ad altri disturbi mentali, o quando si accrescono le possibilità di "dedicarsi" alla loro parafilia.
Strategie terapeutiche per la pedofilia
Di tutte le perversioni, la pedofilia è quella che più facilmente può creare nei terapeuti sentimenti dì disgusto (Gabbard, 1995). Nel gratificare i suoi desideri sessuali, il pedofilo può irrimediabilmente danneggiare dei bambini innocenti. Tuttavia una qualche cornice concettuale o formulazione psicodinamica può permettere ai clinici di mantenere una sembianza di empatia e di comprensione quando si cerchi di curare questi pazienti (Gabbard, 1995). Queste poche frasi ci bastano a far capire il reale stato delle "cose", lo stato d'animo con il quale i clinici affrontano la pedofilia e le ricerche relative alla scoperta di un adeguato trattamento, per questa parafilia così comune ma allo stesso tempo così sconosciuta. Adams (1980) ha notato che il trattamento della pedofilia è spesso difficile; a parte le reazioni emozionali forti, molti pedofili reputano la loro attività come innocua ed entrano in trattamento presso i servizi legali solo per evitare la prigione. Alcune di queste difficoltà risiedono nel fatto che tutte le attività perverse hanno la caratteristica di essere piacevoli e impulsive. Questo doppio aspetto può entrare in antitesi poiché l'impulsività imprime alle sensazioni piacevoli l'urgenza di compiersi, non lasciando spazio a ripensamenti (Piscelli,1994). Durante la loro vita, i pedofili ed altri parafilici, sviluppano una ben congegnata soluzione erotica ai loro problemi e sono raramente interessati a rinunciare ad essa (McDougall, 1986; Usuelli, 1989). Generalmente le perversioni sono egosintoniche, per questo motivo, solo una minima parte di questi pazienti richiede volontariamente un trattamento, e quando lo fanno, quasi sempre sono spinti all'ansia o dalla depressione connessi alla perversione (Lorand, 1968). Può tuttavia accadere che tali pazienti richiedano l'intervento anche per confermare a loro stessi e agli altri di essere "malati", cercando così di indurre l'analista ad ammettere la superiorità dell'organizzazione perversa. La restante parte dei pazienti parafilici, invece, giunge in terapia sotto pressioni esterne, quando cioè il paziente reputa le conseguenze sociali alle sue "attività perverse" peggiori della rinuncia ai suoi istinti, come ad esempio crisi coniugali o cause giudiziarie pendenti (Gabbard, 1995). Nei casi di pedofilia, la terapia viene prescritta in sede giudiziaria come indispensabile per ottenere la libertà condizionata e ciò contribuisce a rendere qualsiasi tipo di trattamento di difficile risoluzione. Tuttavia, come dimostrano alcune ricerche negli USA, è possibile ottenere risultati soddisfacenti nonostante l'assenza di un'iniziale motivazione del paziente (Roccia et Foti, 1994). Questi pazienti, infatti, finirebbero comunque per rinunciare alle cure, anche se vi sono sottoposti volontariamente (Renvoize, 1987). Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione, è il tipo di risposta controtransferale che questo tipo di pazienti evocano. Di tutte le perversioni, infatti, la pedofilia è quella che più facilmente può far nascere nei terapeuti sentimenti negativi a causa del coinvolgimento di bambini nella gratificazione sessuale. Per il clinico, così, sarà facile assumere un atteggiamento punitivo, moralistico o giudicante nei confronti del pedofilo in terapia. Ma cosa ancora più deleteria sarebbe colludere con il paziente che cerca di evitare di prendere in esame la perversioni, focalizzando la terapia su altri sintomi (Bonafiglia, 1996). Malgrado ciò alcuni rapporti testimoniano il successo di alcuni trattamenti.
In maniera molto generale, come risulta chiaramente in molti manuali di psichiatria, nel trattamento delle parafilie, la psicoterapia orientata all'insight è l'approccio più comune; i pazienti hanno l'opportunità di capire le loro dinamiche e gli eventi che hanno fatto sì che la parafilia si sviluppasse. I pedofili diventano coscienti degli eventi quotidiani che li hanno indotti ad agire sui loro impulsi (per esempio dopo un rifiuto reale o fantasticato). La psicoterapia, inoltre permette a questi pazienti di recuperare l'autostima, di migliorare le capacità interpersonali e trovare metodi di gratificazione sessuale accettabili.
Terapie farmacologiche
La terapia farmacologica, che comprende farmaci antipsicotici o antidepressivi, è indicata per il trattamento della pedofilia se questa è associata alla schizofrenia e alla depressione. Gli antiandrogeni, come il ciproterone acetato (CPA) in Europa e il medrossiprogesterone (MPA) acetato negli Stati Uniti, sono stati usati sperimentalmente nelle perversioni da ipersessualità, e in alcuni casi (accuratamente selezionati), ci sono state segnalazioni di diminuzione del comportamento ipersessuale. Il medrossiprogesterone acetato sembra giovare a questi pazienti la cui spinta ipersessuale (per esempio la pratica costante della masturbazione, il contatto sessuale ad ogni occasione, la sessualità compulsivamente aggressiva) è fuori controllo oppure pericolosa (Kaplan, 1993). Di fronte a pazienti parafilici, non rispondenti ad alcun intervento terapeutico, l'impiego di farmaci dotati di attività antiandrogena sembra che abbia evidenziato da tempo una notevole efficacia nel loro trattamento. Il ciproterone acetato è stato a questo riguardo il farmaco utilizzato con maggiore frequenza, nonostante la sua somministrazione sia soggetta ad effetti collaterali (Delle Chiaie, et Picardi, 1994). Benché non si hanno delle prove dell'esistenza di qualche nota correlazione tra il comportamento parafilico e la funzione endocrina, sia negli uomini che nelle donne, in alcuni pedofili potrebbe tuttavia esistere un'alterazione della funzionalità dell'asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, e si segnala inoltre anche l'esistenza di una correlazione positiva tra la presenza di elevati livelli plasmatici di testosterone e un comportamento sessuale violento (Delle Chiaie, et Picardi, 1994). L'utilizzo di una terapia farmacologica non implica però una rinuncia al trattamento psicoterapico, che anzi rimane consigliabile. La riduzione degli impulsi sessuali devianti con mezzi farmacologici conduce il paziente a beneficiare in maggior misura della psicoterapia. L'obiettivo dei trattamento farmacologico è quello di ridurre la libido e l'eccitazione sessuale. I neurolettici non sembrano possedere una grande efficacia in tal senso, mentre sono stati descritti dei casi di pazienti trattati efficacemente con fluoxetina (Delle Chiaie, et Picardi, 1994). Appare comunque preferibile cercare dì interferire con le basi ormonali dell'eccitazione sessuale: infatti, nell'uomo adulto gli androgeni svolgono un ruolo molto importante nella genesi dei comportamento erotico (Delle Chiaie, 1994). In tale ottica, due sono i farmaci che sono stati finora maggiormente impiegati nella terapia delle parafilie: il ciproterone acetato e il medrossiprogesterone acetato. Comunque per diverse ragioni sia etiche che legali, l'uso di taloi farmaci rimane relativamente ristretto e solo in alcune nazioni. Queste cure ormonali sembrano riscuotere successo nei risultati terapeutici; comunque si deve tenere conto dell'elevata frequenza con cui si manifestano fastidiosi effetti collaterali, alcuni dei quali potenzialmente dannosi anche a lungo termine.
Terapia chirurgica
Appare interessante notare che in passato la castrazione chirurgica è stata largamente impiegata nel trattamento di pazienti con comportamento sessuale criminale e che tale trattamento è risultato efficace nel tentativo di ridurre sensibilmente la frequenza dei recidivismo. Tale terapia è stata spesso utilizzata nei casi di pedofilia, praticata in Svizzera, nella regione di Zurigo, dove più di 10.000 pazienti sono stati sottoposti a tale procedura per varie ragioni psichiatriche dal 1910 (Plenge, 1961). Nel 1979, comunque, il governo tedesco dichiarò la castrazione illegale per il trattamento di pazienti istituzionalizzati. Più recentemente, di tale tecnica si è occupato Heim che, insieme ad Hursch (1979), ha riesaminato la letteratura europea a riguardo. Molti studi empirici mettono in evidenza come il comportamento sessuale dei soggetti castrati venga modificato. Tuttavia, in un lavoro di Heim (1980) viene chiaramente dimostrato come le manifestazioni sessuali conseguenti la castrazione si modificano notevolmente, ma tali variazioni non sono prevedibili con sistematica certezza. Per questo motivo, la castrazione chirurgica non sembra essere più raccomandata come procedura terapeutica attendibile negli aggressori sessuali istituzionalizzati ( Bonafiglia, 1996).
Terapia ipnotica
Un esame degli abstract di psicologia nei passati 25 anni evidenzia poche pubblicazioni sull'efficienza dell'uso delle tecniche ipnotiche nel trattamento della pedofilia. Solo un breve caso è descritto in un articolo di Caprio (1972), ma senza fornire elementi precisi per comprendere il tipo di trattamento che è stato applicato. Lawrence Stava (1984) testimonia l'uso di tecniche ipnotiche con una struttura psicodinamica. Le tecniche usate sono i "sogni indotti", descritte da Sacerdote (1967), e la "tecnica dell'effetto ponte", descritta da Watkins (1971). Il materiale ipnotico preso in esame è rappresentato da immagini di esperienze sessuali dirette o indirette o rappresentazioni simboliche conflittuali. Secondo alcuni autori, nel caso di un pedofilo che è stato da bambino molestato sessualmente, rivivere il trauma della molestia sessuale è un'importante elemento nel processo di cambiamento (nei pedofili di sesso maschile); Il paziente inizia a sviluppare una consapevolezza, fino ad allora oscurata, di una connessione tra gli abusi sessuali commessi e le sue esperienze sessuali sperimentate da bambino da parte di persone adulte. Dunque, nonostante la scarsa diffusione dell'ipnosi nel trattamento della pedofilia il tentativo di un approccio psicodinamico ipnoterapeutico per i pedofili sembra possibile.
Terapia comportamentale e tecniche cognitive
La terapia comportamentale viene usata per rompere il modello disadattivo appreso. Stimoli nocivi, come scosse elettriche e cattivi odori, vengono accoppiati con l'impulso, che pertanto diminuisce. Gli stimoli possono essere autosomministrati e usati dai pazienti ogniqualvolta sentono che agiranno sotto impulso. Per quanto concerne l'approccio psicoterapeutico, una psicoterapia individuale può rivelarsi molto utile, soprattutto nei soggetti motivati al cambiamento. I self-report di interventi basati sull'uso di tecniche comportamentali o di terapie cognitivo-comportamentali sono i più frequentemente rilevabili in letteratura, anche se i risultati appaiono spesso incerti. In realtà la maggior parte degli psicoterapeuti sente una scarsa fiducia nel riuscire ad offrire un trattamento a soggetti pedofili. Maletzky (1973), ha mostrato che l'efficacia della terapia comportamentale aumenta se si usa contemporaneamente alla terapia, l'"acido valerianico", una sostanza non corrosiva e di cattivo odore; l'associazione del cattivo odore al desiderio sessuale indotto durante la terapia dovrebbe garantire la diminuzione dei desiderio stesso. Comunque il trattamento della pedofilia non dovrebbe mirare solo ad una riduzione della stimolazione dei comportamenti sessuali devianti, ma anche al cambiamento di altre componenti del comportamento sociale e sessuale deviante per tentare il mantenimento dei risultati a lungo termine (Barlow, 1974)
- Covert Sensitization
Questa tecnica elaborata da Cautela (1967) prevede che il pedofilo immagini una scena rilevante nel suo atto offensivo e che a tali fantasie faccia seguito un'altra fantasia che contenga conseguenze spiacevoli, come ad esempio quella di essere arrestato. Callahan e Leitemberg (1973) hanno utilizzato questa tecnica ottenendo buoni risultati con un gruppo di esibizionisti, omosessuali e un pedofilo; risultai simili sono stati ottenuti da Barlow (1969) con un omosessuale e un pedofilo. Eventuali fallimenti di tale tecnica sono stati invece giustificati da Christie e collaboratori (1979) imputandoli alla scarsa capacità immaginativa dei soggetti o alla loro immunità alle conseguenze avversive immaginate. Recentemente si è potuto assistere anche all'impiego non solo di fantasie immaginate avversive ma anche all'utilizzo di fantasie di conseguenze positive. Secondo Salter, le conseguenze positive immaginate possono essere sociali, cognitive, materiali. Hallan e Rachman (1976) hanno contribuito con ulteriori modifiche a questa tecnica.
Impiegata nei programmi terapeutici per i pedofili, la Terapia Avversiva. si sviluppa dai principi dei Condizionamento Classico ma è diversa nel paradigma per ciò che riguarda i tipi e gli schemi di rinforzo, negli stimoli avversivi impiegati e nel materiale stimolo utilizzato. In tale paradigma rientra la Shame Avversion Therapy (Serber, 1970). La tecnica di Serber prevede che il trasgressore sessuale attui la sua performance davanti a un gruppo di terapeuti che pertanto lo derideranno e lo disapproveranno. Insieme a Wolpe (1972), Serber ha riportato grande successo dopo sei mesi di trattamento con circa sette pazienti su dieci. Limiti nell'impiego di tale procedura risiedono nella sua sconsigliata applicabilità a pazienti che oltre all'interesse sessuale deviante mostrano impulsi ostili e/o immagini di sé negativa.
- Ricondizionamento Orgasmico
Tale procedura fu introdotta da Marquis (1970). In questo paradigma il pedofilo è invitato a sostituire le fantasie masturbatorie devianti con fantasie non devianti. Risultati positivi nell'impiego di questa tecnica sono tati riportati da Abel e collaboratori (1973) e nello stesso anno da Marshall che l'associò alla terapia avversiva lavorando con un gruppo di stupratori istituzionalizzati.
- Social Skills
Oltre ai loro interessi sessuali e devianti, i pedofili possono presentare anche problemi di relazione sociale e sessuale. Molti pedofili possono essere socialmente ansiosi o presentare difficoltà di relazioni con altri adulti. Sarebbe proprio questo a spingere tali soggetti ad atteggiamenti e pensieri devianti (Baxter et al., 1986). A tale proposito è stato suggerito un training di abilità sociali sia di gruppo che individuali. La caratteristica di questo approccio è rappresentata dal feed-back che è dato dal pedofilo durante una situazione di role-play in cui il soggetto è impegnato in un'attività deviante.
Psicoterapia e psicoanalisi
A causa delle molteplici difficoltà di trattamento che si incontrano durante la terapia di pazienti pedofili, gli approcci psicodinamici costituiscono la forma elettiva di trattamento (Kaplan, 1991). Ma le aspettative di un terapeuta devono comunque essere modeste. Anche se molti pazienti potranno guadagnare molto per ciò che concerne la razionalità oggettuale e il funzionamento dell'Io, le loro tendenze perverse sottostanti potrebbero essere modificate in modo minore (Gabbard, 1995). I pazienti con organizzazione di più alto livello hanno un esito migliore di quelli con livelli di organizzazione di carattere borderline (Persoti, 1986). Allo stesso modo, è possibile che pazienti con una mentalità e con una certa motivazione, non egosintonici con l'origine dei loro sintomi, verso i quali provano disagio e curiosità, traggano maggiori vantaggi di coloro che non mostrano di avere tali qualità. Socarides (1988) ha riportato che i pedofili fissati a un livello fallico-edipico con una certa forza dell'Io, potrebbero avere buoni risultati con la psicoanalisi. Anche altri autori sono a favore di una terapia altamente espressiva come la psicoanalisi in quanto questa sembra migliorare la relazionalità oggettuale e il funzionamento dell'Io dei paziente con il raggiungimento di un'adeguata sublimazione (McDougall, 1993; Rosen, 1979). Tuttavia. non sono pochi i problemi che si incontrano con soggetti parafilici nel corso di una terapia psicodinamica. Questo tipo di pazienti, infatti, non ama focalizzare la loro attenzione sulla parafilia in questione non considerandola un problema. Il compito dei terapeuta sarà allora quello di prendere in considerazione tale diniego fin dall'inizio (Matteucci et Bonafiglia, 1996). Come ha più volte ricordato Kouht (1971), le attività e le fantasie perverse sono spesso in un'area scissa e copartimentalizzata della personalità. Compito dei terapeuta è perciò quello di integrare la perversione con il funzionamento mentale della personalità del paziente in modo che la parafilia venga affrontata tenendo in considerazione tutta la vita dei paziente.
Psicoterapia psicodinamica di gruppo
La psicoterapia psicodinamica di gruppo costituisce un'alternativa o un'integrazione ad altre terapie nel trattamento dei pedofili. Anche se svolta in forma ambulatoriale, la psicoterapia di gruppo, sia con i pedofili che con gli aggressori sessuali, ha raggiunto spesso risultati positivi (Rappeport, 1974). In questo tipo di terapia, il gruppo costituisce un conforto e un sostegno ai componenti che hanno un'intima familiarità coi problema. Questo è molto simile a quanto avviene coi gruppi di alcolisti o tossicodipendenti, nei quali la pressione dei gruppo costituisce un supporto per tollerare il cambiamento dei comportamento distruttivo (Gabbard, 1995).
Trattamento Ospedaliero
Nella popolazione dei pazienti parafilici, coloro che fanno maggiormente ricorso a questo trattamento sono i pedofili. Anche in questo tipo di terapia emergono numerosi problemi controtransferali già descritti in precedenza. In molti casi, infatti, il paziente tende ad avere atteggiamenti di negazione nei confronti della sua perversione e ciò rappresenta il rischio di una collusione per tutto lo staff ospedaliero. Tutto il personale può infatti credere, ingannato dal pedofilo, che quest'ultimo stia seguendo i suggerimenti e il trattamento, mentre in realtà molti pedofili "fanno il gioco" del trattamento solo perché questo è preferibile al carcere dove, i pedofili vengono spesso violentati. Un altro rischio di collusione è invece rappresentato dalla tendenza dei pedofilo, soprattutto quello con tratti antisociali, a spostare il focus su altri problemi, cosicché durante l'intero ricovero, la loro condotta deviante non verrà mai presa in esame. I pedofili in un reparto ospedaliero possono virtualmente bloccare, nel gruppo di pazienti le risposte di feedback che vendono invece date agli altri pazienti (Gabbard, 1995).
Conclusioni
Dalle esperienze scaturite dall'applicazione delle varie tecniche terapeutiche ciò che emerge in particolar modo è che gli obbiettivi terapeutici non dovrebbero essere focalizzati esclusivamente alle modificazione del comportamento sessuale deviante ma dovrebbero mirare ad aiutare il paziente a superare il diniego rispetto al sintomo perverso, a sviluppare empatia per le sue vittime a identificare i deficit sociali e le capacità di adattamento inadeguate, a sviluppare un piano comprensivo per la prevenzione delle ricadute che comprenda l'evitamento delle situazioni che risultano particolarmente stimolanti per lui (Matteucci et Bonafiglia, 1996). D'altra parte, l'analista o il terapeuta in generale, dovrà essere in grado di tollerare gli stretti limiti che il paziente impone alle sue capacità e al suo potere e dovrà sapere accettare di non essere in grado di promuovere delle trasformazioni strutturali nel paziente. "Se"- come ritiene Semi (1989) "questa rinuncia terapeutica da parte dell'analista è l'espressione dell'accettazione autentica dei proprio limite, essa può allora dare al paziente non solo una conferma dell'inaccettabilità delle sue strutture, ma forse, può anche fornirgli un nuovo modello di funzionamento intrapsichico e relazionale, al di fuori dello schema perverso".
Luigi il Grande
Castrazione chirurgica per i pedofili: l'unico modo per stare davvero dalla parte dei bambini
I pedofili recidivi bisogna castrarli. E non parlo di castrazione chimica, ma di quella chirurgica. La castrazione chimica funziona soltanto se il soggetto prende regolarmente e volontariamente alcuni inibitori ormonali. Come smette di prendere i medicinali, tornano i sordidi impulsi sessuali nei confronti dei bambini, tornano gli agguati, le circonvenzioni, la sopraffazione, gli abusi, gli stupri.
La castrazione chirurgica è ciò che ci vuole. Non è affatto una tortura medievale come molti possono credere. Si tratta semplicemente di asportare alcune particolari cellule all’interno dei testicoli, le cellule che producono il testosterone. Una piccola semplice operazione che viene fatta ambulatorialmente, mezz’ora in tutto e la faccenda è risolta. Ma nelle nostre civilissime società né la castrazione chimica, né tantomeno quella chirurgica possono essere applicate perché, dicono i garantisti, è una violazione di un fondamentale diritto umano. Ma quale diritto umano? Quello di rovinare per sempre bambini incapaci di difendersi? Di perpetrare uno dei più orrendi crimini che la nostra specie abbia inventato? Quello di sporcare per sempre l’esistenza di un bambino, una bambina anche piccolissimi, come è successo per quel mostro di Agrigento che, condannato per avere stuprato tre sorelline e poi rimesso in libertà, è subito tornato a sfogare i suoi vomitevoli istinti su un’altra bimba di quattro anni? I suoi diritti dobbiamo rispettare? E quelli delle sue vittime, invece? Loro non hanno neppure il diritto di vederlo punito questo signore? No, scusate, ma io su questo argomento proprio non riesco a mantenere la calma e la serenità vantata da certi giuristi in questi casi. E’ già molto che i cittadini perbene non invochino la pena di morte. Ma almeno bisogna impedire che i pedofili commettano due volte un reato simile perché già una sola volta è troppo. E allora castrazione chirurgica. Sono malati, no? Bene, guariamoli con il bisturi come si fa con tante altre malattie e staremo tutti più tranquilli.
L’alternativa potrebbe essere il carcere a vita (perché possono stare dentro dieci o venti anni, ma come escono siamo da capo), ma qui da noi in carcere non ci sta nessuno, neppure i peggiori assassini perché noi italiani siamo così buoni e comprensivi che ci preoccupiamo molto più dei carnefici che delle vittime come è stato giustamente scritto.
Vedo che Veltroni a riguardo ha rilasciato dichiarazioni forti: “Ci vuole la mano dura dello Stato, le pene contro la pedofilia vanno inasprite”. Bene, però sono frasi che abbiamo già sentito (nel governo di centrodestra lo ripeteva sempre Calderoli), ma poi non se ne fa mai di nulla perché c’è sempre qualche legge più importante (più importante per la Casta) da approvare. Spero che chiunque vada al governo metta al primo posto in agenda una legge non dura ma ferrea contro la pedofilia, perché ogni giorno ci sono decine di vittime, decine di bambini la cui vita viene deturpata, che aspettano che qualcuno si ricordi di loro e provi a proteggerli. Perché fatti come quelli di Agrigento, purtroppo frequentissimi in tutta Italia, sono una vergogna incancellabile per qualsiasi paese voglia chiamarsi civile.
Luigi il Grande
La pedofilia è senza dubbio uno dei crimini più orrendi di cui una persona si possa macchiare; gli ultimi fatti di cronaca riferiti anche al mondo clericale sono purtroppo soltanto una piccola parte emersa, una spaccato minimo tuttavia esplicativo della diffusione del problema all’interno della nostra società. La realtà in forte evidenza soprattutto negli ultimi anni, prima infatti si era piuttosto restii a parlare del problema, parla di numeri drammaticamente in crescita in tema di abusi sui minori lasciando aperto un inquietante interrogativo riferito ai molti casi che, secondo le autorità, non vengono ancora segnalati. Il problema è di rara complessità avendo al centro di tutto l’universo dei bambini ed andrebbe affrontato di conseguenza, non tenendo conto delle molte sfaccettature ideologiche che si accavallano quando si parla di pedofilia e cercando di centrare direttamente il cuore del problema. Un aiuto efficace ci viene fornito in questo caso da una delle più importanti associazioni contro le violenze sessuali ed abusi sui minori, prima associazione in Italia ad esser riconosciuta parte civile in un procedimento giudiziario contro un pedofilo che da anni combatte per cercare di debellare il problema: l’associazione Onlus ‘Caramella Buona’, il cui presidente Roberto Mirabile, accetta di rispondere alle nostre domande.
Da quanto tempo è attiva la vostra associazione ‘Caramella Buona’ e di cosa si occupa?
L’ associazione ‘Caramella Buona Onlus’ nasce 13 anni fa a Reggio Emilia, dove abbiamo tutt’ora la nostra sede nazionale, ed è stata la prima associazione in Italia ad esser riconosciuta parte civile e difensiva in processi penali a carico di pedofili. Noi ci occupiamo prevalentemente di informazione corretta e di formazione qualificata, intesa anche come criminologia, con corsi aperti a forze dell’ordine, avvocati, medici ed altri addetti ai lavori: di conseguenza siamo per un approccio tecnico – scientifico al problema dell’ abuso sui minori. Non siamo estremisti, non vediamo il marcio ovunque, il nostro è un approccio come detto scientifico. tuttavia quando ci imbattiamo in casi che, dopo una doverosa scrematura, sembrano esser indirizzati verso la colpevolezza, siamo determinati a muoverci anche con i nostri consulenti per portare il caso in tribunale ed avere la giusta pena. Attualmente in Italia abbiamo 5 casi aperti in tribunale contro ‘sex offender’, quindi stupratori e pedofili, il più eclatante dei quali riguarda don Ruggero Conti, ex parroco della chiesa della Natività di Maria Santissima, in via di Selva Candida a Roma.
Abbiamo riscontrato che nella vostra opera vi avvalete della consulenza di personaggi di un certo rilievo. E' esatto?
Abbiamo un comitato scientifico particolarmente prestigioso diretto dalla nota criminologa Roberta Bruzzone, il presidente onorario è l’avvocato Nino Marazzita che non ha certo bisogno di presentazioni. Siamo altamente specializzati in materia di pedofilia anche perchè essendo quotidianamente presenti nei tribunali di tutta Italia ne otteniamo un riscontro pratico proprio in termini di specializzazione. Questo ci è stato anche riconosciuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha voluto conferire un riconoscimento personale alla nostra associazione. Ci tengo a dire che in Italia abbiamo, oggi come oggi, più di 20.000 sostenitori
In quale direzione vi muovete per fronteggiare questo problema così delicato?
Il nostro intento è fare in modo che tutti gli attori, da forze dell’ordine a medici, avvocati e consulenti tecnici, acquisiscano sempre più una maggiore professionalità. Ci siamo infatti accorti che tanti professionisti hanno molte lacune su un crimine così specifico che ha caratteristiche e protocolli diversi rispetto ad altri crimini. Se tutti noi applicassimo i protocolli anche scritti per capire in che modo dovrebbe esser ascoltato un bambino e come gli inquirenti dovrebbero reperire le prove, probabilmente si aiuterebbe la situazione.
Sono molti attualmente i casi e in cui non si sono applicati i protocolli esatti?
Si ve ne sono diversi; penso ad esempio alla situazione di qualche asilo dove da anni va avanti il processo e dove però sappiamo tutti che, purtroppo, l’investigazione è partita male. Ed in questi casi a rimetterci non è solo la verità, ma anche e soprattutto i bambini che devono esser ascoltati diverse volte dagli inquirenti e questo, per loro, è un abuso psicologico. Io leggo ancora delle carte allucinanti con poliziotti che interrogano il bambino con domanda e risposta, come fosse un adulto. Questo vuol dire partire male. Un bambino è molto diverso rispetto ad un adulto da ascoltare, anche per evitare che dica una bugia.
Quali sono i meccanismi che contribuiscono allo sviluppo della pedofilia?
La pedofilia è uno dei i reati peggiori che possano esistere e si sviluppa con i medesimi meccanismi della mafia, cioè omertà ed ipocrisia; questo permette alla pedofilia di crescere, svilupparsi e non incontrare ostacoli sul suo cammino. Basta fermarsi a riflettere su un dato significativo; tale reato ha una altissima recidiva, quasi il 100%, di conseguenza un qualche strumento per spezzare questa catena deve per forza esserci. Non possiamo leggere che una persona arrestata oggi era stata, ad esempio, presa 10 anni prima per lo stesso tipo di reato o per uno simile.
L’ omertà a cui fa riferimento in quali strati è riscontrabile?
In diversi strati della società, l’omertà è un’aggravante. Restiamo sulla cronaca di questi giorni e parliamo di chiesa; noi non siamo anticlericali, tutt’altro, però riteniamo che un vescovo non si possa assolutamente permettere, e questo è un appello che lanciamo al Santo Padre, di ignorare certe cose o di tacere. Purtroppo in molti casi, come visto, ciò è accaduto a causa di un atteggiamento di tipo omertoso; si tende in sostanza a chiudersi a riccio e cercare di risolvere il problema dall’interno magari trasferendo il sacerdote in questione da una parrocchia all’altra.
Il vostro approccio al problema, come ci dicevate, prevede la certezza assoluta della responsabilità?
Siamo per l’accertamento della verità, sarebbe un controsenso voler cercare qualcosa anche quando non c’è; i casi in cui si grida al mostro e poi dopo non risulta nulla non fanno bene a nessuno, né all’imputato né tantomeno al bambino stesso. Una volta emersa la verità, siamo dell’opinione di dover mandare in carcere i responsabili anche perché è l’unica soluzione efficace al problema.
Come mai non si riesce a punire con la giusta pena i responsabili di tali reati?
La legislazione italiana, per combattere i reati di pedofilia, è una delle migliori al mondo, bisogna ammetterlo. Il problema diventa, come spesso nel nostro paese, la certezza della pena. Una persona condannata a 6 o 7 anni, dopo un anno e mezzo uscirà e per sua natura andrà inevitabilmente a cercare i bambini ed a reiterare il reato. Ecco perché noi chiediamo, come proposta di legge, la tracciabilità del pedofilo che aiuterebbe non tanto la repressione ma la prevenzione del reato. Chi esce dal carcere deve segnalare, ad esempio, cambi di residenza e spostamenti alle forze dell’ordine. Deve essere costantemente monitorato. Invece non esiste una banca dati internazionale dei ‘sex offender’, che quindi possono spostarsi liberamente da un paese all’altro, così come non esiste nemmeno una banca dati del Dna che risulterebbe molto utile in materia.
Quindi ritenete che non vengano prese le opportune contromisure?
Diciamo che disponiamo di mezzi inadeguati, le istituzioni fanno ancora orecchi da mercante in tema di tutela dei bambini; tante parole ma poca concretezza. Molti progetti anche di vari ministri, tanto di destra quanto di sinistra, rimangono sulla carta. Poi la formazione, di cui parlavo prima; non è vero ad esempio che le forze dell’ordine facciano molta formazione in materia, noi siamo sempre in giro per l’Italia a fare conferenze, corsi ecc… e capita spesso di esser avvicinati, con molta umiltà ed intelligenza, da persone in divisa che ci esprimono il loro disagio. Siamo molto carenti in materia di formazione. Stesso discorso per avvocati, magistrati, ed addetti ai lavori in generale.
Il fatto che un pedofilo non possa esser curato è più un tema etico o scientifico?
E’ una questione scientifica, oggi come oggi la comunità scientifica mondiale riconosce che il ‘sex offender’ ed il pedofilo in particolare è una persona incurabile; per molto tempo si è parlato di improbabili cure come la castrazione chimica. Noi diciamo sempre che è un grande bluff; è da 20 anni che viene sperimentata nel mondo ed una sperimentazione che dura così tanto vuol dire, a rigor di logica, che ha aspetti non funzionanti.
Come funziona la castrazione chimica e perchè la ritenete inifficace?
Sono farmaci non efficienti a livello curativo, servono solo ad abbassare la libido il che può anche portare a controindicazioni come ad esempio ad ulteriori scompensi a livello celebrale, ossia il contesto da dove parte la pedofilia stessa. Abbiamo presentato in diverse conferenze casi di pedofili trattati con questi mezzi e che, non riuscendo a raggiungere l’erezione, hanno continuato ad abusare su bambini usando oggetti come manici di scopa o mazza da baseball. Una cura vera e propria, purtroppo, non esiste. L’unica prevenzione che si può prendere, una volta scoperto e condannato il responsabile, è l’isolamento. E’ il solo modo di risolvere il problema, anche per il bene del pedofilo stesso.
In conclusione, possiamo dire che l’Italia non è preparata ad affrontare il problema della pedofilia?
Senza dubbio; siamo ancora inadeguati ad affrontare la situazione. Stiamo facendo alcuni passi avanti ma ci sono ancora grandi lacune conoscitive su come affrontare questo problema.
Pierfrancesco Palattella
Parlando di preti e pedofilia la Chiesa tenta di fare chiarezza. I giornali no
Di pedofilia i giornali farebbero bene a parlare con sobrietà. Sulla pedofilia e i preti cattolici non è il caso di invocare la “castrazione chimica” per i sacerdoti. Qui si esige una delicatezza che non è sempre nelle abitudini dei giornalisti, ma che la drammaticità di questi fatti e quanto di umanamente sordido essi mettono in luce, nonché il rispetto per le vittime, per gli erroneamente accusati, per i tanti preti santi, richiedono. Giornalisticamente parlando sobrietà e delicatezza non significano tacere o minimizzare, vogliono dire più semplicemente, ma anche più esigentemente, chiamare le cose con il loro nome, sforzarsi di presentare tutti i dati della problematica, attenersi ai fatti. In fondo, sobrietà e delicatezza altro non sono che giornalismo.
Il primo elemento da mettere in luce è la drammaticità umana del fenomeno della pedofilia in sé e della pedofilia praticata da ecclesiastici. Su questo la Chiesa cattolica ha parlato chiaro. “Non ci sono scuse”; “Un crimine odioso”; “Le ferite causate da simili atti sono profonde”; “Esistono cose che sono sempre cattive, e la pedofilia è sempre cattiva”; “un comportamento che la Chiesa non manca e non mancherà di deplorare e di condannare”; ”non solo un crimine atroce, ma anche un grave peccato che offende Dio e ferisce la dignità della persona umana”. Ecco alcune delle recenti espressioni con cui il papa ed altri prelati si sono riferiti a questi fatti.
Il secondo elemento da far presente è che sì, per lungo tempo, e colpevolmente, queste cose sono state tenute nascoste, coperte per difendere l’immagine della Chiesa e i sacerdoti coinvolti sono stati spesso trasferiti ad altra sede ma non denunciati e non sospesi dagli incarichi educativi e pastorali. Il caso irlandese dimostra ampiamente tutto questo. Da tempo però la linea è cambiata e la Chiesa non solo intende collaborare con le autorità civili in questa materia, ma ha messo in atto molte misure interne di garanzia contro questi fenomeni. E’ anche per questo, probabilmente, che dal 2002 non si ha notizia di casi di pedofilia tra il clero cattolico tedesco.
Qualche giorno fa il vescovo di Regensburg Müller ha reagito contro la dichiarazione del ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarreberger, secondo la quale la Chiesa cattolica in Germania ostacolerebbe le indagini nei casi di abuso sessuale. La Conferenza episcopale tedesca ha diramato a tutte le diocesi delle direttive precise: esame immediato della segnalazione di un abuso, eventuale richiesta di autodenuncia all’accusato, eventuale informazione alla magistratura. Uscito giovedì scorso da un colloquio con il papa, il presidente del vescovi tedeschi, Robert Zollitsch, arcivescovo di Freiburg im Breisgau, ha riconfermato l’impegno della Chiesa tedesca ad applicare e a migliorare quelle “Direttive”, soprattutto nell’aiuto alle vittime e alle loro famiglie, nella accusata scelta della persona in ogni diocesi deputata a fare da “telefono azzurro” per casi di questo genere e mediante la nomina del vescovo di Trier, Stephan Ackermann ad incaricato speciale per tutte le questioni collegate agli abusi sessuali. Questa volontà di fare chiarezza riguarda anche il passato e le misure prese intendono avere una funzione preventiva per il futuro anche se tutti sanno (e dicono) che la ferita sarà lunga da rimarginare.
Detto questo e senza minimamente voler coprire nessuna responsabilità, bisognerà però anche quantificare il fenomeno e considerarlo nei suoi termini reali. Si sa che in queste cose la quantità non è l’aspetto decisivo. Anche il male, come il bene, ha una sua misteriosa assolutezza che non dipende da “quante volte” è stato fatto. Tuttavia, per ovvie ragioni di aderenza alla realtà, bisogna anche sottolineare che una cosa sono le denunce e un’altra cosa le sentenze pronunciate dopo l’accertamento dei fatti. Bisogna anche distinguere quanto sono responsabili i sacerdoti in prima persona e quanto il personale che opera nelle loro strutture educative e pastorali. Bisogna, probabilmente, anche verificare la percentuale di casi di abusi tra il clero e la percentuale presso altre categorie di persone. Oppure se questi casi accadono solo o prevalentemente tra il clero cattolico, come sembra in questi giorni a chiunque legga i giornali, oppure anche in altre confessioni, come per esempio i protestanti. Molti dati di attendibili ricerche ridimensionerebbero notevolmente l’incidenza di questi abusi tra il clero cattolico in rapporto ad altri contesti.
Una simile analisi è di grande importanza perché può sembrare che esista una corrispondenza molto stretta tra essere prete ed essere pedofilo, il che assolutamente non è ed anzi può essere considerato lesivo della dignità di tanti sacerdoti e religiosi. Né ci sono dati che possono collegare la pedofilia con il celibato dei preti, ribadito nella sua validità non solo teologica ma anche pastorale da tutti gli interventi del papa di questi ultimi giorni, tra cui il discorso al convegno sul prete tenutosi all’Università lateranense venerdi scorso. Il teologo Hans Küng e tutta l’ala “progressista” sembra quasi più interessata a togliere il celibato che a lottare contro la pedofilia.
Il punto fondamentale non è tanto questo del celibato quanto quello, più generale, della identità del sacerdote (cattolico) nel mondo di oggi. E’ bene che dai casi particolari si passi a riflettere su quelli più generali e di struttura. Una riflessione di questo genere riguarda naturalmente la Chiesa cattolica per prima, ma non è un tema estraneo anche alla società nel suo insieme. Avere buoni sacerdoti è interesse di tutti e nella nostra esperienza di vita, sia essa poi confluita nella fede o meno, tutti abbiamo in mente qualche figura di sacerdote che ci ha trasmesso qualcosa di profondo ed autentico o qualche altro che, invece, ci ha deluso.
Psicoterapia sessuale per i pedofili
In Svizzera sono state appena raccolte circa 120'000 firme per vietare la caduta in prescrizione dei reati di pedofilia. Ma è possibile curare i pedofili?
Per un certo tipo di pedofili una speranza potrebbe forse venire da una nuova terapia, sperimentata anche in Svizzera, che non fa uso di farmaci.
Nell'immaginario collettivo ce lo dipingiamo come un maniaco perverso, un po' orco e un po' lupo cattivo, che va in cerca di prede nelle scuole o nelle palestre. Il pedofilo medio però ha un altro profilo: è un uomo sposato, descritto come una persona normale, spesso religioso. Soffre dei suoi atti, e ogni volta si dice che sarà l'ultima. Ma poi perde il controllo. In genere conosce bene le sue vittime.
Pedofili virtuali
La maggior parte delle persone che sono attirate sessualmente dai bambini non passa mai all'atto, ma resta a livello di pura fantasia. Si tratta dunque di persone con una barriera etica solida, che hanno trovato un sistema di autoregolazione (di solito la masturbazione).
In genere i pedofili «virtuali» non frequentano nemmeno i siti pedopornografici su internet. Si «accontentano» di innocentissime foto di bambini sulle riviste femminili.
Purtroppo oltre ai pedofili «virtuali» esistono altre due categorie, i compulsivi e gli psicopatici. Gli psicopatici, tipo Marc Dutroux - il mostro di Marcinelle - non provano nessuna empatia per le vittime e nessun senso di colpa. Con questi soggetti in alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, viene praticata la cosiddetta castrazione chimica, farmaci che bloccano completamente gli impulsi sessuali.
Squilibrio tra la sfera emotiva e quella sessuale
All'inizio del nuovo tipo di terapia il pedofilo firma un contratto in cui si impegna a non commettere atti su minori, altrimenti sarà denunciato.
Il primo trattamento d'urgenza consiste nell'aiutarlo a smettere, imparando ad autoregolarsi, spiega a swissinfo lo psichiatra svizzero Dominique Chatton, che insieme al collega canadese Jean-Yves Desjardins ha sviluppato la nuova terapia per aiutare i pedofili a non passare all'atto.
«Un pedofilo compulsivo è un immaturo dal punto di vista sessuale, è restato all'età in cui si gioca al dottore. Ho un paziente che si sente un ragazzo di 12 anni», racconta Chatton. Nella fase successiva della terapia, una volta acquisito il sistema di autoregolazione, il sessuologo aiuta il pedofilo a «far maturare» la propria sessualità.
La castrazione chimica può essere controproducente
Contrariamente alla credenza comune, una gran parte dei pedofili compulsivi, spiega Chatton a swissinfo, non hanno una grande carica sessuale. Hanno piuttosto un gran bisogno emotivo.
Spesso loro stessi vittime di violenze da piccoli o cresciuti in famiglie instabili, hanno una scarsa fiducia in se stessi e un rapporto squilibrato con il proprio corpo.
«Se si applica ai compulsivi la castrazione chimica, si toglie loro quel po' di possibilità che avrebbero di autoregolare la propria carica emotiva», spiega Chatton.
Recentemente un pedofilo, in carcere in Italia da 15 anni, ha chiesto che gli sia praticata la castrazione chimica, perché non vuole ricominciare a fare del male ad altri bambini, una volta uscito di prigione.
Lui fa parte della categoria dei compulsivi, che non riescono a controllarsi, ma provano rimorso e vorrebbero guarire. La castrazione chimica per loro può essere addirittura controproducente, secondo l'opinione di Chatton.
Obbligare qualcuno a curarsi non serve
Il primo a sviluppare il nuovo metodo di psicoterapia per pedofili compulsivi è stato Jean-Yves Desjardins, criminologo canadese, fondatore del dipartimento di sessuologia all'Università del Quebec, a Montreal.
Il sessuologo Dominique Chatton, suo allievo svizzero, e pochi altri allievi di Desjardins, stanno ora cominciando a praticare il suo metodo fuori dal Canada, anche negli ambienti carcerari. Finora i primi casi trattati con la terapia di Desjardins hanno dato risultati incoraggianti.
Essenziale, sottolinea il Dr. Chatton, è però la motivazione personale: un pedofilo che viene semplicemente obbligato dalla giustizia a curarsi non avrà grande successo.
Da sottolineare, infine, che i casi più frequenti di pedofilia sono rappresentati da rapporti incestuosi eterosessuali: le vittime più numerose sono le figlie.
Constatazione che contraddice il luogo comune secondo cui i pedofili sono quasi tutti gay, una credenza dovuta al fatto che i casi che vengono a galla e di cui si occupano i media riguardano più spesso i pedofili che agiscono al di fuori della famiglia, e che effettivamente commettono piuttosto atti omosessuali.
swissinfo, Raffaella Rossello
“Sono un pedofilo, tagliatemi i testicoli”
“Avrei piacere ad avere il vostro consenso per subire l’ablazione chirurgica dei testicoli. So che la procedura è in vigore in Canada ed è senza appello. In ogni modo alla mia attuale età (63 anni) non ne soffrirei e si eviterebbero le mie tendenze nei confronti dei bambini“. Questo è il testo della lettera rivelata da France 3 Nord-Pas-de-Calais, nella quale il pedofilo seriale Francis Evrard, che fra dieci giorni apparirà dinanzi alla Corte d’Assise, ha scritto a Nicolas Sarkozy, chiedendogli di autorizzare la propria castrazione fisica. Il 15 agosto del 2007, Evrard rapì e stuprò a Roubaix, il piccolo Enis Kocakurt . Aveva solo 5 anni.
IL PALMARES - “Nella mia vita ho conosciuto quaranta bambini, ma sono stato condannato solo per tre casi“, La polizia e il procuratore di Lille hanno riserve sulle dichiarazioni rilasciate dal pedofilo durante l’ interrogatorio e in ogni caso si sono limitati alle investigazioni relative al processo Enis lasciando perdere le sue eventuali altre vittime per non uscire dal quadro giuridico. Dopo la diffusione massiccia in Francia della foto dell’ imputato, solo un uomo di 42 anni l’ha riconosciuto e ha presentato una denuncia presso la stazione di polizia di Villeneuve d’Ascq, nella quale dichiarava di essere stato attirato con delle caramelle da Evrard all’ età di 5 anni ad Hellemmes e di esserne stato in seguito abusato. Gli investigatori dovranno ricercare negli archivi di una quarantina d’anni fa, se la segnalazione del sospettato fatta all’ epoca dal bambino, coincidesse con il profilo di Evrard. “Si tratta di un compito immane ritornare così indietro nel tempo “, ha affermato un commissario, “Evrard può vantarsi di 40 casi, ma forse una ventina non sarebbero tracciabili perché negli anni ‘70 i casi di violenze sessuali non venivano denunciati “. E non c’è nessuna traccia nel casellario giudiziario. “In ogni caso se fosse vero quello che vanta bisognerebbe discriminare tra questi presunti crimini e quindi tra delitti, stupri ed esibizionismo che non hanno la stessa gravità in termini di pena“. Un puzzle giuridico, insomma. Nei confronti dei reati sessuali, la legge in Francia consente deposizioni fino a venti anni dopo la maggiore età. Se i magistrati di Lille applicassero il testo alla lettera, vorrebbe dire che la vittima di Hellemmes avrebbe dovuto presentare denuncia entro il 2003.
LA CARRIERA CRIMINALE – Figlio unico, attaccamento morboso alla madre, Evrard dichiara nei verbali che aveva tentato la fortuna nella sua giovinezza, con una donna con la quale egli non riusciva ad avere rapporti sessuali, e che, timido, non avendo avuto il coraggio di ripetere quell’ esperienza con donne o con uomini, aveva deciso di avvicinare i bambini, adescandoli con dolci, giocattoli e gattini. E’ stata la polizia a ricostruire il percorso di un pedofilo che ha iniziato molto giovane la sua carriera criminale. Il 16 maggio del 1969, Francis Evrard commette a Mouscron, in Belgio, offese al pubblico pudore con violenza (appellativo dell’ epoca per i reati di stupro), su due bambini e una bambina. Fu internato senza processo fino al 1973 in una “Istituzione di difesa sociale” riservata a pazienti non considerati responsabili delle loro azioni. All’uscita, Francis Evrard ricomincia in Francia, e nel 1975 viene ancora condannato a quindici anni di prigione. Esce prima, ma recidivo, “prende” quattro anni. Poi violentata due ragazzi nel 1987. Esce dal carcere dopo venti anni e senza subire ancora nessun trattamento. Nei suoi trent’anni di detenzione egli non riesce a scacciare i suoi fantasmi e quindi le sue pulsioni pedofile. Si arriva al colmo quando nel carcere di Caen, poco prima di terminare la sua pena, si fa prescrivere del Viagra dal medico del penitenziario. Pillole che aveva acquistato e cominciato ad assumere un mese prima di essere arrestato per lo stupro del piccolo Enis. E nell’ interrogatorio ha ammesso di aver preso il Viagra solo per guardare film porno in televisione.
LE REAZIONI IN FRANCIA - Il padre del piccolo Enis, Mustafa Kocakurt, ha reagito con sdegno alla notizia della lettera del pedofilo. “Penso che rida del giudizio del mondo. Perché chiede la castrazione dieci giorni prima del suo processo? Lui cerca solo di mostrarsi come un martire, ma è un manipolatore. Io sono sconvolto e arrabbiato“.”Sono molto fiducioso per il processo, ho fiducia nella giustizia. Mi aspetto che si ripeta nel giudizio su Evrard perché la deve pagare “,ha aggiunto osservando il suo Enis che ora ha sette anni e “ha incubi durante la notte, perché inizia a capire cosa gli è successo.” Si presume che sia condannato all’ergastolo, questa lettera fa parte della sua strategia di difesa” ha affermato l’avvocato della famiglia di Enis. Secondo lui, infatti, la castrazione fisica – vietata in Francia – non risolve il problema di un uomo come Francis Evrard che ha un “organismo che non risponde agli stimoli e ai farmaci“. Un’allusione all’ impotenza sessuale dell’ imputato.”Del resto, ha già avuto un trattamento di castrazione chimica che si è interrotto dopo quattro mesi, perché la sua domanda di libertà condizionale era stata respinta“.
CASTRAZIONE CHIMICA - L’omicidio di Marie-Christine Hodeau, una donna assassinata nella regione parigina da un uomo già condannato per violenza sessuale, che aveva beneficiato della libertà condizionale, ha rilanciato in Francia il dibattito sulla castrazione chimica dei delinquenti sessuali. E il punto centrale della nuova bozza di legge illustrata dal presidente Nicolas Sarkozy alla stampa si prefigge di limitare la recidività di chi si macchia di questo genere di reati. I delinquenti sessuali ritenuti pericolosi potrebbero uscire di prigione, una volta scontata la pena, soltanto se si impegnassero a subire la castrazione chimica. Un provvedimento che diverrebbe obbligatorio e non più sottoposto al solo giudizio medico come prevede oggi in Francia la legge Clément del 2005. Ma al di là del dibattito binario “pro o contro” che si sviluppa ogni tanto pure nel nostro Paese, la questione ha bisogno di risposte soprattutto riguardo la capacità che ha un trattamento ormonale limitato nel tempo di risolvere il problema di una sessualità disturbata. Lasciando così la decisione non più al team medico che segue chi viene sottoposto alla cura, ma rimettendo tutto nelle mani di un giudice. O peggio. In questo caso, della Politica.
di Paola Ciccioli
“Non sono andato subito all’attacco del bambino. Ho costruito il rapporto di fiducia giorno per giorno. Il piccolo ha preso confidenza e dopo un po’ ha cominciato ad abbracciarmi. Così, quando ho abusato di lui, poteva sembrargli una cosa normale”. Un pedofilo descrive la subdola ragnatela psicologica nella quale ha intrappolato un bambino di 9 anni. Un caso drammatico, quanto emblematico, che può servire come chiave di lettura dei fatti di cronaca che si sono succeduti nelle ultime settimane.
L’uomo, che non ha ancora 40 anni, prima di finire in carcere per violenza sessuale aveva commesso quelli che in passato venivano definiti “atti di libidine” nei confronti di una minorenne che aveva seguito per la strada. Mesi dopo l’adolescente lo ha visto in piazza: è corsa in un negozio e ha telefonato alla polizia. Per questo episodio aveva ottenuto la sospensione condizionale della pena ed era stato affidato ai servizi sociali. E nel 2001 torna a violentare: la vittima è quel piccolo di 9 anni che, con la frequentazione assidua, aveva finito per considerarlo un amico, un compagno di giochi.
La condanna a 4 anni di reclusione, sommata ai due inizialmente sospesi, lo ha tenuto in carcere fino alla fine del 2006. Poi ha scontato 11 mesi in un ospedale psichiatrico giudiziario e ora, in libertà vigilata, segue a Milano un programma destinato ai sex offender presso il Servizio di mediazione penale finanziato dal comune e gestito dallo psicoanalista Luigi Colombo: qui sono in cura 95 responsabili di atti violenti, ma gli assistiti sono in totale 1.080. Ed è in questa sede che ha accettato di incontrare Panorama, chiedendo di rimanere anonimo.
“Il primo reato l’ho commesso nel 1998, ho molestato una ragazzina di 14 anni”: il racconto del pedofilo comincia con queste parole. “Per la verità a me aveva detto che ne aveva 10, la sua reale età è venuta fuori durante il procedimento penale e non mi so spiegare perché mi abbia detto una cosa diversa. Era pomeriggio, l’avevo vista passare e le sono andato dietro. È scattato qualcosa in me che mi ha spinto verso di lei. Ho attaccato discorso, le ho chiesto come si chiamava e abbiamo camminato insieme verso casa sua. Non ricordo se mi avesse colpito qualcosa in particolare, so che ho provato il bisogno di seguirla e di toccarla. Di avere un rapporto sessuale no, non pensavo di fare una violenza vera e propria. A un certo punto però le ho messo le mani addosso e le ho anche chiesto se potevo continuare. Mi ha detto di no e mi sono staccato. In passato avevo avuto altri impulsi di questo genere, non so con precisione quando sono iniziati. Posso soltanto dire che da bambino anch’io sono stato abusato. Ma non voglio parlarne. È una storia emersa durante un colloquio con una dottoressa, ero già grande e avevo fatto le prime sedute con gli psicologi. Ma non era andata bene, tanto è vero che nel 2001 ho commesso un altro reato”.
A questo punto emerge una diversa lettura di quanto accaduto. L’uomo ne dà una versione edulcorata, mentre negli atti processuali (lo sottolinea lui stesso) gli vengono addebitati comportamenti di estrema gravità, per di più commessi nell’arco di 6 mesi. Incredibile il momento in cui ha notato il bambino per la prima volta e ha deciso che sarebbe diventato la sua vittima.
“Avevo fatto amicizia con un collega della ditta in cui lavoravo e capitava che a volte andassi a trovarlo. È stato lì che ho conosciuto il bambino, era un vicino del mio amico. L’ho intravisto da una fessura della tapparella abbassata. Da questo spiraglio lo avevo osservato mentre apriva la finestra di casa sua. Mi è sembrato di ritrovare me stesso, i suoi occhi erano i miei di quando ero piccolo. Da quel giorno ho cominciato a pensare a lui e nei finesettimana tornavo sempre dal mio collega con la speranza di rivederlo. La madre era separata e viveva sola con questo e un altro figlio di 3 anni. Ho conosciuto anche lei e ne è nato un rapporto di fiducia. La prima volta che l’ho toccato stavamo giocando a pallone in cortile, noi due soli. A un certo punto ho tirato il pallone dentro l’androne del palazzo. L’ho fatto apposta, per poter andare a riprenderlo insieme a lui. Una volta dentro ho cominciato a fargli il solletico e, creato il contatto fisico, l’ho poi molestato.
“La seconda volta è stato circa 2 settimane prima che mi arrestassero. Ero andato a cercare il mio amico, che però non c’era. La madre della mia vittima mi ha visto e mi ha invitato a bere qualcosa. Era la prima volta che mettevo piede nel loro appartamento. Sono salito, ci siamo messi a chiacchierare, abbiamo preso un caffè e dopo un po’ lei è andata in bagno a lavarsi i capelli. Io sono rimasto solo con i bambini. Ci siamo messi sul divano a vedere la televisione, il più grandicello mi si è seduto sulle ginocchia e io non ho resistito. Lui non ha pianto, non ha urlato. Rimaneva lì, fermo”.
È il momento della violenza. Distaccato è il tono della voce, come fredda era la sua preoccupazione di quel pomeriggio: “Quando sono andato via, non l’ho minacciato, gli ho chiesto però, come avevo fatto la volta precedente, di non dire niente a nessuno. Nel frattempo era tornata la madre e io, salutando il bambino, gli ho detto: mi prometti di fare il bravo? Lui ha capito.
“Dentro di me era come se volessi farmi scoprire: volevo essere fermato ma la mia volontà non era sufficiente”. In una relazione scritta dagli operatori carcerari che si sono occupati del caso si legge che, in effetti, la sua capacità di intendere è integra, ma c’è “una grande diminuzione della capacità di volere che ne comporta un’incapacità di resistere, quando in lui insorgano, agli impulsi pedofiliaci”. Ecco per esempio perché, prima dell’arresto, si era scelto un lavoro che lo tenesse il più possibile lontano dalla vita di relazione. Mentre della reclusione dice che è stata un’esperienza scioccante, che lo ha spinto a chiedere di essere inserito in un progetto per la cura dei sex offender. “Ora la mia età corrisponde a quella anagrafica, ma prima del carcere era come se avessi 16 anni” dice. La sua tesi è questa: “I pedofili si mettono allo stesso livello delle loro vittime. Giocano, pensano e si comportano come bambini. Trasmettono ai piccoli emozioni che li rassicurano, che non li fanno apparire come nemici. E invece è esattamente e drammaticamente il contrario”.
In Svezia, ad esempio, chi abusa di un minore rischia da 2 a 6 anni: se c’è una aggravante (età inferiore ai 14 anni; rapporto di dipendenza tra abusato ed abusante, ovvero tra parenti o tra insegnante ed allievo) diventa dai 4 ai 10 anni.
In Germania è sempre illegale il sesso con gli under 14, mentre va accertato che ci sia consenso tra i 14 ed i 18 anni.
Più dura la risposta francese:
l’abuso su un minore in Francia è punito con 15 - 20 anni in media di carcere.
Altri paesi mancano invece ancora di norme base.
Ad esempio l’Ucraina non ha ancora una legislazione ad hoc, mentre la Bulgaria richiede, ad esempio, che i pedofili stranieri che commettono abusi sul suo territorio vengano rispediti a casa e puniti nel paese d’origine.
In Lituania invece la pena è di 3 - 7 anni per chi abusa di un minore: malgrado questo il proliferare della prostituzione minorile è enorme e non sempre il cliente delle giovani prostitute è giustamente punito.
Lo stesso dicasi per l’ Estonia dove il 25% delle prostitute è minorenne, eppure le pene possono arrivare a 10 anni di carcere.
Nella Repubblica Ceca abusare di un under 15 espone ad altrettanti anni di carcere, ma anche in questo caso il paese è tra le nuove mete più gettonate dal turismo sessuale.
Lo stesso dicasi per la Romaniae per l’Ungheria: anche qui pene severe, ma numero elevatissimo di abusi.
In Lettonia sono diecimila i bambini sfruttati, molti dei quali venduti all’estero.
La non corrispondenza tra pene severe e mancanza di reati è altrettanto eloquente anche in Danimarca, dove per i casi più gravi si ricorre ala castrazione chimica ma dove sul fronte delle associazioni e dei siti internet pro pedofili si raggiungono i massimi livelli mondiali.
Per concludere ci spostiamo nella “libertina” Olanda.
Negli ultimi tempi a causa di un incremento dei reati c’è stato un aumento delle pene. L’età legale per prostituirsi liberamente è stata aumentata a 18 anni (rispetto ai precedenti 16 anni). La diffusione di materiale pedopornografico è punita con 4 – 6 anni di reclusione, mentre è severamente vietato manipolare immagini di minori in modo da mostrare abusi che in realtà non ci sono stati.
Gli abusi sui minori di under 12 sono perseguiti d’ufficio, mentre tra i 13 ed i 16 anni la polizia interviene solo dietro denuncia. Illegali in generale i rapporti con i minori di 18, se c’è un rapporto di dipendenza tra le parti.
La polizia resta comunque, in questo paese, “meno attiva sul fronte della repressione che altrove”.
Le pene vengono aumentate di un terzo se il minore coinvolto ha meno di 14 anni.
In Italia inoltre possiamo perseguire il turista sessuale italiano che ha abusato all’estero di minori.
Castrazione per i pedofili in Repubblica Ceca
Già 94 persone sottoposte a intervento
Mentre anche in Italia infuriano le polemiche sulle violenze su donne e bambini, fa discutere quello che accade in Repubblica Ceca dove, negli ultimi 10 anni, sono stati castrati 94 pedofili, violentatori ed anche esibizionisti. A protestare è la commissione contro la tortura della Ue che parla di “pratica barbara” che non può essere tollerata. Ma il dibattito è aperto e in Europa molti altri paesi chiedono di seguire l’esempio di Praga.
In Polonia, lo stesso premier Tusk ha chiesto una legge che permetta la castrazione chimica, almeno nel caso di pedofili recidivi, dopo che un uomo di 45 anni aveva violentato la sua giovane figlia generando due bambini. Lo stesso si chiede in Spagna, dopo l’uccisione di un bambino da parte di un pedofilo, già più volte condannato. A non essere contrari sarebbero pure il presidente francese Sarkozy e l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, dopo una serie di episodi di cronaca che hanno avuto come protagonisti alcuni pedofili.
In Italia la proposta della Lega sulla castrazione chimica sarà discussa nel ddl sulla sicurezza e sulla violenza. A dirsi favorevole a provvedimenti del genere contro i pedofili c’è anche Antonio Di Pietro col suo partito Italia dei Valori. Anche Walter Veltroni, quando era ancora segretario del Pd aveva fatto una parziale apertura: “Non escluderei la castrazione chimica - aveva detto Veltroni - se però ci fosse la garanzia che funziona”. Decisamente contraria la presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro:”Lo Stato - ha detto - non può imporre una punizione corporale di questo genere. Lo vieta la Costituzione”.
Stupratore di Roma, Calderoli: ''Serve castrazione chimica''. Il legale della prima vittima: ''Potevano fermarlo già 13 anni fa''
Se l'uomo arrestato a Roma fosse stato sottoposto alle cure adeguate fin da quando a 19 anni venne coinvolto in una vicenda di questo tipo - ha affermato Calderoli - non si sarebbe arrivati alle conseguenze odierne".
Il leghista interviene anche sulla questione interna al Partito democratico. "Ha sbagliato - dice di Ignazio Marino - ad attaccare il Pd romano e i suoi vertici per la faccenda Bianchini. Perché una mela marcia nel cesto può sempre capitare, a chiunque".
Il ricorso alla castrazione chimica viene caldeggiato anche dal Movimento per l'Italia di Daniela Santanchè che ha annunciato per la prossima settimana una raccolta di firme per una petizione popolare al sindaco di Roma, Gianni Alemanno. "Concordiamo con il ministro Calderoli - sottolinea il movimento in una nota - Le parole poi del criminologo e psicopatologo Francesco Bruno sono la conferma della funzione terapeutica e di prevenzione di un procedimento che anche negli Stati Uniti è stato nel passato adottato. La castrazione chimica viene considerata meno brutale e disumana della castrazione vera e propria, ma sta diventando una necessità per dare un segnale forte che la violenza sulle donne in Italia avrà conseguenze durissime".
Di avviso diverso l'ex senatrice Maria Burani Procaccini. "La parola castrazione fa orrore e non è assolutamente compatibile con la terapia inibitoria del testosterone - afferma - che è reversibile e che può essere somministrata in un percorso di recupero di coloro che si macchiano di reati sessuali in alternativa al carcere". "Si tratta di una terapia utilizzata in molti Paesi occidentali evoluti come la Scandinavia - continua Burani Procaccini - e che consente di inibire momentaneamente gli impulsi sessuali, consentendo una terapia psicologica di riabilitazione. Ci sono uomini che la prendono per tutta la vita e che rinunciano alla loro sessualità, perché malata - conclude - in cambio della libertà dal crimine e dalla sopraffazione".
Oggi sulla vicenda dello stupratore seriale è intervenuto anche Francesco Caroleo Grimaldi, avvocato della prima vittima dello stupratore seriale catturato a Roma. ''Lo avevo detto che non si sarebbe fermato ma non mi hanno dato ascolto. Tutto questo si poteva evitare'' è l’amara riflessione del legale al quotidiano 'Il Giornale'.
A subire per prima l’aggressione di Luca Bianchini fu nel '96 una sua vicina di casa. Lui allora era uno studente universitario ventenne. Scese al piano di sotto con la scusa di una maglietta caduta sul balcone. In pochi minuti la furia si scatenò sulla donna sotto la minaccia di un coltello. La poveretta fu salvata dall’intervento del figlio di 10 anni che si scagliò contro il violentatore.
''Lo avevano preso e lo hanno lasciato andare - dice Caroleo Grimaldi - Così abbiamo accumulato 13 anni di violenze. Che, a livello numerico, sono molte di più di quelle accertate finora. Vedrete quante ne salteranno fuori''.
Per quella aggressione Bianchini fu ‘salvato’ da una perizia. ''Sosteneva - ricorda il legale - che pur essendo capace di intendere e di volere era temporaneamente incapace al momento del fatto, della tentata violenza. Per questo non venne ravvisata nessuna pericolosità sociale. Una conclusione assurda perché non si può ritenere sana di mente una persona che compie un gesto del genere’’. Risultato: nessuna traccia nel casellario giudiziario.
Ora quella donna, come ha confessato ieri al fratello, potrebbe costituirsi parte civile in difesa di tutte le vittime.
è stata già introdotta in USA SVEZIA ecc. ecc.
qua ra qua ra qua qua qua ... ed ora infatti c'è una sentenza contro chi nega i matrimoni gay!
come la mettiamo con la sacralità degli affetti?
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la solitudine dei numeri primi .. i primi dodici articoli della COSTITUZIONE
...La mettiamo che non c'entra un cazzo Corapi... Ma stai bene?
il problema di chi è proprio cavernicolo vita natural durante è che i pedofili e le pedofile son stati bambini e bambine anche loro ... se i loro genitori avesso nutrito entrambi i figli con mazzate, carezze e panelli (la formula che è scritta pure nella bibbia per chi si finge diacopo di capracotta in questi forum) il problema non ci sarebbe; d'altronde solo stando vicini ai propri figli ma quotidianamente invece di stare a cazzeggiare sui vari forum e chat può vedere come spunta la maliziosità innescante già nell'infante ... mi chiedo come si possa inventare tutta sta dietrologia del mostro e delle varie vanità sulla sessuologia sopratutto quella dei poveri come omosex e dintorni ...
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Corapi, non è che ti esprimi benissimo...E nemmeno i contenuti mi sembrano comprensibilissimi...
Posso permettermi di suggerirti, sempre più caldamente e con affetto sincero qualche seduta di gruppo per alcolisti?
VIOLENZA SESSUALE: COS'E' LA CASTRAZIONE CHIMICA
In Italia è iniziato a metà degli anni '90 il dibattito sulla castrazione chimica, basata sull'uso di farmaci che bloccano gli ormoni sessuali maschili e tesa a contrastare reati a sfondo sessuale, come stupri e pedofilia. Si tratta di una castrazione non definitiva provocata da farmaci a base di ormoni. Farmaci di questo tipo, come il ciproterone, sono analoghi dell'ormone maschile testosterone e vengono utilizzati anche nella cura di alcuni tumori. Si legano ai recettori del testosterone e in questo modo impediscono all'ormone maschile di attivarsi, neutralizzandolo. In pratica, il testosterone viene bloccato proprio come accade in una castrazione fisica, ma perché l'effetto della castrazione chimica possa essere duraturo l'individuo dovrebbe assumere queste sostanze per molto tempo per mezzo di sistemi di somministrazione permanenti, come quelli a lento rilascio sottopelle. Il primo a chiedere la castrazione chimica è stato nel febbraio 1997 a Milano, Orlando Dossena, 42 anni, accusato di una quarantina di violenze sessuali e tentativi di violenza. Nel gennaio 1998 è stato presentato il primo progetto di legge sull'autocastrazione chimica. Nel 2003 si è espresso in materia il Comitato Nazionale di Bioetica, in un documento che rifiutava trattamenti sanitari obbligatori nei pedofili e castrazione chimica. Approvata da alcuni Stati americani, la castrazione chimica è adottata oggi in Svezia, Danimarca, Canada, Gran Bretagna e Spagna.
La castrazione chimica ai pedofili non è una soluzione truculenta
BASTA COL BUONISMO DI SINISTRA
“Sostenere la necessità di introdurre la castrazione chimica nel nostro ordinamento per quei soggetti recidivi in materia di stupri sui bambini non significa pensare a soluzioni truculente, come sostengono alcuni esponenti del centrosinistra, ma uniformare la nostra legislazione a quella europea, come dimostrano paesi come Francia, Germania e Svezia”, dichiara Riccardo Pedrizzi, responsabile della Consulta etico-religiosa di An. “Gridare alla barbarie giuridica è il solito esercizio di demagogia e di facile buonismo della sinistra. Chi s’indigna per la proposta di Fini non è documentato sulle modalità di applicazione di quella che è ormai considerata una terapia a tutti gli effetti: la castrazione chimica non prevede cruente soluzioni chirurgiche, ma assunzioni di farmaci inibenti della libido di soggetti ad alto potenziale di devianza sessuale e già recidivi, che in taluni casi, come dimostrano tanti esempi in Europa, decidono di farvi ricorso volontariamente. Inasprire le pene, come sostenuto da Veltroni, non è sufficiente per arginare un fenomeno mostruoso che per le sue implicazioni psichiche non può essere affrontato come un normale fenomeno di delinquenza”, conclude Pedrizzi.
“Accogliamo con entusiasmo l’iniziativa lanciata dal Movimento per l’Italia concernente la raccolta firme, in tutte le province del Lazio, per chiedere la sperimentazione della castrazione chimica nei confronti di coloro che compiono reati di pedofilia. Nostro obiettivo è quello di fare approvare all’unanimità dal Consiglio Comunale di Roma la mozione sul tema, che verrà presto presentata e discussa anche in Commissione sicurezza. Passo successivo è il coinvolgimento di tutti i capigruppo in Consiglio Comunale affinché si attivino in questa direzione, sensibilizzando l’attenzione sulla necessità di proseguire sulla strada della castrazione chimica quale unica via di uscita per coloro i quali soffrono di disturbi del desiderio sessuale e commettono reati nei riguardi di minori. Lo dichiara in una nota Fabrizio Santori, Presidente della Commissione sicurezza del Comune di Roma, che ha aderito all’iniziativa della raccolta firme lanciata da Fabio Schiuma, coordinatore regionale del Mpi prevista per oggi, dalle ore 15:00 alle ore 19:00, in largo Goldoni.
“La castrazione chimica, pratica purtroppo non invasiva e irreversibile, appare attualmente la strada migliore da intraprendere per i reati a sfondo sessuale contro i bambini, esseri innocenti ed indifesi troppe volte preda di persone disturbate e depravate, a causa delle quali rimangono segnati tutta la vita – continua Santori. Necessario appare un intervento del Sindaco di Roma sul governo nazionale che vada a colmare una carenza normativa significativa, che di fatto inficia la tanto decantata certezza della pena, e che non si limiti a meri proclami pre-elettorali che non trovano alcun seguito pratico” - conclude Santori.
Roma, 20 maggio 2010
Castrazione chimica per i pedofili
Bolognini: "L'Italia copi la Polonia"
L'assessore leghista della Provincia di Milano: "Dobbiamo superare questo tabù"
L'assessore Leghista Stefano Bolognini
"Diventi legge anche da noi la castrazione chimica per i condannati per pedofilia e incesto". È quanto dichiara l'assessore alla Sicurezza della Provincia di Milano, il leghista Stefano Bolognini, commentando le norme in vigore in Polonia sulla castrazione chimica.
"Ultima la Polonia, ma sono diversi ormai gli Stati europei che hanno adottato questo metodo. Si superi il tabù anche in Italia - sostiene Bolognini - e si approvi una legge che obblighi i responsabili di pedofilia e incesto a essere sottoposti a castrazione chimica dopo aver scontato la condanna. Il pedofilo è un malato grave e come tale va curato con adeguata terapia farmacologica".
Castrazione Chimica per stupratori e pedofili
Lo stupro è una delle malvagità più aberranti che un uomo possa compiere. Significa violare con violenza inaudita la dignità di una donna, uccidendola nell'intimo.
Come spesso ho scritto in questo blog, ad esempio il 30 aprile dello scorso anno, ritengo che la punizione esemplare per gli stupratori sia la castrazione chimica, da allargare anche ai pedofili. Insomma, occorre trattare questi criminali nella maniera peggiore possibile, copiando l'esempio degli Stati Uniti d'America, che sono intransigenti con chi compie delitti del genere. Si ricorre, inoltre, a questo metodo anche in Germania (dal 1969), in Svezia, in Danimarca e in Norvegia.
Stando agli ultimi discorsi politici in merito, di recente anche il leader del Partito Democratico, Walter Veltroni, ha dichiarato di essere d'accordo con la castrazione chimica, "se la scienza trovasse forme che garantiscano l'obiettivo di disincentivare tali reati". Suffragando così la stessa tesi sovente proposta dalla Lega Nord e dalla parte di An del Pdl. Si potrebbe, dunque, trovare una convergenza politica per discutere seriamente l'applicazione di questa sanzione afflittiva ai rei di stupro e pedofilia. Basterebbe volerlo, smettendo di parlare retoricamente ogni qual volta la cronaca ci offre purtroppo l'ennesima tragedia.
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Con il noto psichiatra e criminologo, professor Francesco Bruno affrontiamo il delicato problema della pedofilia. Un tema di scottante attualità, specie in questi ultimi tempi. Professor Bruno, pedofili si nasce o si diventa?: " si diventa, non si nasce. Ma bisogna dire che questa devianza che talvolta arriva a livelli di parafilia e quindi compulsivi dipende da fenomeni e fattori psico- organici". Ovvero?: " semplificando, é una malattia. Come un caso di diabete, di artrosi. A volte si ammala la psiche e in questo caso non si tratta di una scelta libera e consapevole". Allude dunque ai casi estremi: " certo. Esistono vari stadi della pedofilia. In quelli lievi, certamente rimane intera la possibilità di intendere e di volere costoro con cure e buona volontà posso resistere, ma ci sono casi gravissimi e compulsivi, vere parafilie che a mio giudizio annullano totalmente la capacità del soggetto di intendere di volere". Dunque costoro non sarebbero ...
... imputabili: " sono da curare e con urgenza, ma seguendo il codice non hanno alcuna volontà specifica nel compiere e scegliere di fare il crimine in quanto spinti da una foza alla quale per la loro malattia non possono resistere. Diventano soggetti malati ed incontrollabili se colti dal raptus. Pertanto non imputabili e da curare con terapie adeguate, come per sempio la castrazione chimica. Trovo il regime carceriario del tutto inadeguato e incompatibile con i casi di pedoflia acuta o compulsiva, quella parossistica".
Il criterio della Chiesa cattolica per valutare un peccato é quello della scelta libera e responsabile del soggetto di violare la legge di Dio, secondo lei un pedofilo compulsivo é un peccatore?: " non sono un teologo,ma ritengo che nei casi di pedofilia non dovuta a mero piacere, ma a devianza complusiva causata da patologia organica e grave costui non operi per volontà o scelta, ma spinto da una forza alla quale non é in grado di resistere e che gli annulla totalmente la volontà. Per banalizzare faccio un esempio. Prendiamo un malato grave di diabete che arriva al punto in cui non può fare a meno dello zucchero per andare avanti, o del dipendente da psicofarmaci. Al dipendente da psicofarmaco non puoi togliergli il prodotto di punto in bianco e se lo fai diventa incontrollabile. Come il diabetico allo stato grave, non lo pui accusare di peccato di gola se per esasperazione si ingozza di cannoli alla siciliana. E' un fatto che annulla la sua volontà".
Infine pedofilia e omosessualità hanno un nesso?: " assolutamente no, non hanno alcuna radice in comune".
Bruno Volpe
Non ha paura delle parole, Nicolas Sarkozy, soprattutto se ai francesi ha promesso in primo luogo sicurezza, e se in questo caso a essere insicuri sono i soggetti più deboli, i bambini. Allora, di fronte a un problema come quello della pedofilia non esita a parlare di cure mediche e a evocare addirittura la castrazione chimica.
L'annuncio della guerra alla pedofilia è avvenuto in pieno "stile sarkozista". Prima il presidente della Repubblica ha ricevuto all'Eliseo il padre del piccolo Enis, 5 anni, rimasto vittima mercoledì scorso di un pedofilo, plurirecidivo e appena scarcerato grazie a un abbrevio della pena. Poi ha riunito i ministri di Giustizia, Sanità e Interno. Infine, davanti alla stampa, ha dettato le nuove, dure, misure nella lotta alla pedofilia, misure che saranno pronte per il prossimo novembre. In primo luogo, per i condannati non sarà possibile alcun sconto di pena. Alla fine della loro detenzione, i pedofili, se ritenuti ancora pericolosi, dovranno andare in un "ospedale chiuso" per farsi curare. Quelli che lo vorranno, verranno sottoposti a un trattamento ormonale, ossia alla castrazione chimica. L'apertura del primo "ospedale chiuso per pedofili" è prevista per il 2009, a Lione.
La ricetta del presidente è chiara. "Quelli che non accetteranno di essere curati - ha detto Sarkozy - resteranno nell'ospedale chiuso per tutto il tempo che i medici decideranno. Quelli che accetteranno potranno avere dei permessi per uscire, ma lo faranno portando un braccialetto elettronico, seguendo un trattamento ormonale". L'inquilino dell'Eliseo, sfidando il politicamente corretto, ha invitato tutti a non essere timidi con il linguaggio: "Chiamatela pure castrazione chimica, le parole non mi fanno paura".
La Repubblica
Cos’e la castrazione chimica
Il caso di Luca Bianchini, in stato di fermo con l’accusa di essere lo stupratore seriale di Roma, riapre il dibattito sulla castrazione chimica per contrastare reati a sfondo sessuale, come stupri e pedofilia, un dibattito iniziato in Italia a metà degli anni `90.
COS’E´ LA CASTRAZIONE CHIMICA - si basa sull’iniezione di farmaci come il ciproterone che bloccano gli ormoni sessuali maschili. I farmaci sono analoghi dell’ormone maschile testosterone e vengono utilizzati anche nella cura di alcuni tumori, si legano ai recettori del testosterone e in questo modo impediscono all’ormone maschile di attivarsi, neutralizzandolo. In pratica, il testosterone viene bloccato proprio come accade in una castrazione fisica, ma perché l’effetto della castrazione chimica possa essere duraturo l’individuo dovrebbe assumere queste sostanze per molto tempo per mezzo di sistemi di somministrazione permanenti, come quelli a lento rilascio sottopelle;.
IN ITALIA - Il primo a chiedere la castrazione chimica è stato nel febbraio 1997 a Milano, Orlando Dossena, 42 anni, accusato di una quarantina di violenze sessuali e tentativi di violenza. Nel gennaio 1998 è stato presentato il primo progetto di legge sull’autocastrazione chimica. Nel 2003 si è espresso in materia il Comitato Nazionale di Bioetica, in un documento che rifiutava trattamenti sanitari obbligatori nei pedofili e castrazione chimica;.
NEL MONDO - Approvata da alcuni Stati americani, la castrazione chimica è adottata oggi in Polonia, Danimarca, Canada, Gran Bretagna e Spagna.
Esteri
L'iniziativa arriva dalla Gran Bretagna, dopo essere stata gia' introdotta in otto paesi Usa
Castrazione chimica per i pedofili
Trattamenti a base di prozac e farmaci anti-cancro
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Un’iniziativa che ha già prodotto risultati positivi in molti dei paesi che la hanno adottata, tra cui otto paesi Usa, la Svezia, la Danimarca, la Svezia e il Canada. Un trattamento a cui potersi sottoporre solo volontariamente, coordinato dal ricercatore e psichiatra criminale Don Gubrin, professore presso l’istituto di neuroscienze dell’università di Newcastle.
Una vera e propria castrazione chimica, attraverso la quale si raggiungerebbe un livello di testosterone pari a quello dell’età pre-pubertà. Un trattamento che non sostituirà la pena della detenzione, ma che semplicemente servirà ad evitare che i condannati, una volta ritornati in libertà, “avvertano l’esigenza” di compiere nuovamente il crimine .
Rimangono tuttavia molti gli scettici soprattutto con riguardo agli effetti collaterali del trattamento, di cui ancora si sa pochissimo, e che secondo alcuni ricercatori potrebbero indurre ad uno stato letargico e a irrisolvibili problemi ormonali.
Marco Grisafi
Castrazione chimica. Giusta risposta ai reati sessuali?
P
Inasprimento delle pene, durezza contro la reiterazione del crimine: quando si parla di violenza sessuale è inevitabile che il pensiero corra ad una misura, fra le più controverse dei sistemi giudiziari di tutto il mondo, ossia la castrazione chimica.
Richiesta, criticata, la possibilità di ricorrere a questo metodo per affrontare il grave problema di abuso sessuale torna spesso nell’agenda setting mediatica, soprattutto dinanzi a gravi fatti di cronaca che scuotono l’opinione pubblica o quando uno stato delibera una legge che ne prevede l’applicazione.
Ma cerchiamo di approfondire la questione: secondo Wikipedia, la castrazione chimica è “un trattamento farmacologico, che dovrebbe dissuadere il pedofilo da recidive eliminando la libido connessa all’atto violento ed è utilizzato in diversi paesi, spesso in combinazione con misure di sospensione condizionale della pena. La castrazione chimica elimina la libido connessa con gli atti sessuali, solamente in via temporanea. L’accettazione di questa pratica è spesso la premessa di una libertà condizionale, anche se il trattamento farmacologico potrebbe non essere ripetuto, con il rischio di reiterazione del reato. In altre parole, è necessaria un’assunzione puntuale e prolungata nel tempo dei farmaci inibitori degli ormoni sessuali, non priva di conseguenze fisiologiche, maggiori di una castrazione chirurgica.”
Il trattamento farmacologico è quindi in grado di rispondere al problema agendo sulla pulsione sessuale dell’aggressore, diminuendo, cioè, il suo desiderio sessuale.
Chi critica la sua applicazione, sottolinea alcuni aspetti rilevanti della questione: nei paesi dove è stata introdotta la castrazione chimica è una pratica volontaria, questo perché causerebbe problemi morali l’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio come pena; inoltre alcuni studi hanno messo in luce come la sua efficacia sia reale, solamente abbinando ai percorsi terapeutici la volontà del soggetto di cooperare ed un sostegno psicologico professionale.
Inoltre, a fare da contraltare, ci sono sul mercato sostanze antagoniste, capaci di contrastare l’effetto della castrazione chimica: stiamo parlando di Cialis o del popolare Viagra.
Applicata in recentemente in Polonia, citata come possibile da Sarkozy, in vigore da anni in Danimarca, Germania, Svezia e Usa e da due anni in Inghilterra, presente in Canada e Spagna, questo metodo innesca puntualmente dibattiti e discussioni; ove è prevista per legge vi sono comunque condizioni a sé stanti, differenti di stato in stato: nella maggior parte dei casi, comunque, si parla di adesione volontaria alle cure da parte dell’interessato.
Fra gli ultimi Paesi ad aver scelto di utilizzare questa misura repressiva c’è l’Argentina, nello specifico la provincia argentina di Mendoza, dove i condannati per stupro verranno sottoposti a castrazione chimica: lo ha annunciato poco tempo fa il governatore di Mendoza, Celso Jaque.
Secondo le autorità locali, fra gli aggressori sarebbe recidivo il 70% dei detenuti per abusi sessuali, mentre la percentuale sfiora il 90% secondo le organizzazioni di difesa delle vittime.
Le nuove norme attuate a Mendoza prevedono che chi non vorrà sottoporsi al trattamento volontario, non potrà godere dei benefici di legge, cioè sconti di pena o indulto. Da quanto è stato reso noto, il trattamento farmacologico sui condannati per stupro inizierà tra maggio e giugno.
In Italia sta facendo discutere un editoriale di Vittorio Feltri, in cui il giornalista, in merito agli scandali relativi ai preti pedofili, si diceva a favore dell’applicazione del provvedimento ai preti pedofili.
La pedofilia, spesso ancor più della violenza sessuale, ha incentivato le discussioni a favore e contro la castrazione chimica: la rabbia naturale che si scatena dinanzi a notizie riguardanti l’abuso di bambini e bambine spinge a cercare le soluzioni più nette per fermare il fenomeno.
In Italia diversi esponenti politici hanno espresso il proprio parere favorevole all’utilizzo di tali prassi, fra essi Gianfranco Fini e Roberto Maroni.
Sembra comunque che, nonostante in taluni momenti il dibattito in Italia torni a concretizzarsi, la possibilità di una legge in questo senso sembra lontana.
di Santina Buscemi
Intervento al Tg1
Fini: castrazione chimica contro i pedofili
Il leader di An: serve la certezza della pena, ma da sola non basta. «Bisogna togliere tentazioni e pulsioni»
ROMA - Certezza della pena e castrazione chimica. Sono questi i due strumenti che, secondo il leader di An, Gianfranco Fini, andrebebro usati nei confronti dei pedofili. Commentando al Tg1 il caso della violenza su una bimba di 4 anni avvenuta nell'agrigentino, Fino ha detto: «Mi fa piacere che anche Veltroni ora scopra la certezza della pena, la tolleranza zero. Ma in questi casi non serve solo parlare di certezze della pena, occorre la castrazione chimica» e questo per togliere «le tentazioni, le pulsioni» nei pedofili che abusano dei ragazzini.
Sarkozy, castrazione chimica per pedofili
La ricetta di Nicolas Sarkozy contro la pedofilia è la castrazione chimica.
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A spingere il presidente francese verso una proposta così clamorosa è stata la storia di un ex detenuto, Francis Evrard, che ha violentato un bambino di cinque anni poco dopo il suo rilascio di prigione.
Il particolare più sconvolgente è che l'uomo era riuscito a farsi prescrivere del Viagra da un medico che lo visitava in cella.
Sarkozy ha dunque intenzione di far approvare alla ripresa dei lavori parlamentari misure più restrittive: nessun sconto di pena per i pedofili che, usciti dal carcere, potranno essere inviati in ospedali ad hoc ed essere sottoposti alla castrazione chimica, se lo vorranno.
Il primo ospedale verrà aperto a Lione il prossimo 2009.
"Non possiamo lasciare in libertà predatori, persone malate, che possono uccidere e distruggere la vita di bambini", ha detto il presidente, dopo aver ricevuto all'Eliseo il padre e il nonno del bambino molestato.
"Un pedofilo recidivo non può lasciare il carcere solo perche' ha scontato la pena: i carcerati di questo tipo, al termine della detenzione, saranno esaminati da un'equipe di medici che valuterà se sono pericolosi", ha detto il presidente.
Coloro che non riceveranno il via libera dei medici, ha spiegato, saranno inviati in un "ospedale chiuso, dove riceveranno i trattamenti" adeguati.
Le cure, come le terapie ormonali, saranno facoltative e chi non le accettera' non potrà abbandonare la struttura. Quelli che accetterano di sottoporsi ai trattamenti potranno lasciare la clinica, me verrà loro messo un braccialetto elettronico
violenta bimba di 4 anni
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Vincenzo Iacono, pizzaiolo di 45 anni, di Agrigento, è stato arrestato nella notte tra venerdì e sabato dai carabinieri con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una bimba di 4 anni, figlia di una parente. L’uomo, che nel 2004 era già stato arrestato per violenza nei confronti di una bimba di di 11 anni e di due gemelline di 8 anni, era stato scarcerato nel 2005 ed era sottoposto all’obbligo di firma pur avendo subito una condanna in prima grado a sei anni e quattro mesi di reclusione.
Secondo quanto emerso dalle indagini avrebbe chiesto alla parente di portare con sè la bambina per recarsi dai carabinieri. Poi ha consumato il suo terribile gesto. È stata la madre della piccola a denunciare l’accaduto ai carabinieri dopo che la bimba tra le lacrime le ha raccontato tutto. Gli esami medici hanno confermato le lesioni sulla bambina.
La piccola vittima intanto resta in ospedale, seguita da un’equipe di psichiatri. La madre, nipote dell’indagato, che gli aveva affidato la figlia il giorno dello stupro e che poi l’ha denunciato, non si dà pace. «Non mi aspettavo che facesse una cosa simile. Mi avevano detto che per l’altra vicenda era stato scarcerato per insufficienza di prove». Accetta di parlare per «difendere la purezza della mia bambina che non è stata stuprata - sostiene, sebbene gli esami medici abbiano confermato le lesioni sulla bambina - ma molestata, toccata con le mani. Ora però voglio che marcisca per sempre in carcere».
La confessione dello stupratore: «E' stato un raptus»
«È stato un raptus e l’ho violentata». Lo ha detto al gip che lo interrogava, il pizzaiolo di Agrigento, V.I., accusato di aver abusato di una bambina di 4 anni e arrestato venerdì notte dai carabinieri. L’interrogatorio è durato tre ore e mezza e alla fine l’uomo ha ammesso di aver stuprato la bambina raccontando anche particolari che gli inquirenti definiscono «raccapriccianti». L’uomo rimane in isolamento in carcere per evitare che possa essere vittima di violenze da parte di altri detenuti.
Lumia: «Bisogna fare chiarezza: perchè quell'uomo era libero?»
«Fare piena chiarezza su quanto avvenuto ad Agrigento per fare emergere tutte le responsabilità che hanno reso possibile il verificarsi di un atto così abominevole». A chiederlo è il deputato del Pd Giuseppe Lumia. «Si applichi il massimo del rigore nei confronti di tutti coloro che per negligenza hanno permesso - dice - ad un pedofilo di reiterare il proprio reato. È necessario che il nuovo governo, come primo atto, riveda la normativa vigente per un inasprimento sensibile delle pene e per fare in modo che queste vengano interamente e concretamente scontate». «In un paese civile - afferma - non può esservi alcuna forma di garantismo verso chi commette reati così esecrandi».
Il criminologo: «Ci vuole la castrazione chimica»
«Iacono è un malato, non guarirà mai se non lo si cura adeguatamente, e cioè con la castrazione chimica. Sono stanco di ripeterlo da 20 anni». Sbotta così il criminologo e psichiatra Francesco Bruno, nel commentare la vicenda di Agrigento, l’ennesimo caso di recidività di un pedofilo che, scarcerato, commette altri stupri a danni di bambini. «Possono dargli anche trent’anni - spiega Bruno - ma quando uscirà farà altri danni. Perchè quell’uomo è un criminale, ma è soprattutto un malato, con un impulso patologico che lui stesso non può controllare, e va curato nel suo stesso interesse».
Il metodo più sicuro, sottolinea Bruno, è la castrazione chimica, «ma nessuno ha il coraggio di farla, hanno paura. Chiesi all’allora ministro Castelli di fare una circolare per chiarire che è un metodo che va utilizzato quando possibile, e lui mi rispose "fossi matto". Nessuno vuole prendersi la responsabilità delle possibili polemiche, le amministrazioni non comprano i farmaci necessari, i medici non li usano, il Ministero della Giustizia non fa chiarezza: sono loro i veri responsabili, non il giudice che ha scarcerato Iacono e i tanti altri come lui».