EMERGENZA RIFIUTI CAMPANIA/MELLANO (RNP): “LA SOLIDARIETA’ NON SI DISCUTE MA OCCORRE AFFRONTARE IL PROBLEMA ALLA RADICE. GOVERNO SEGUA ESEMPIO DI SAVIANO: CHECK UP APPROFONDITO E COMPLETO DEL TERRITORIO CAMPANO.”
Bruno Mellano (deputato Rosa nel Pugno, membro Commissione Agricoltura) ha dichiarato:
“Sono d’accordo con la presidente del Piemonte, Mercedes Bresso, e con quanti hanno dichiarato che accogliere una parte (minima) dei rifiuti campani è testimoniare in concreto quella solidarietà fra Regioni che costituisce il cemento dell’unità nazionale; inoltre, occorre anche avere l’onestà intellettuale di riconoscere che una bella fetta dei rifiuti presenti in Campania è arrivata da altre regioni, Nord in testa.
Ciò detto, occorre andare alla radice del problema, altrimenti ci si comporta come chi non riesce a nascondere più l’immondizia sotto il proprio tappeto e usa quelli dei vicini. E’ necessario ed urgente un check-up accurato, chilometro quadrato per chilometro quadrato, del territorio campano per verificare lo stato delle cose. Occorre fare con le risorse dello Stato quello che ha fatto con i propri poveri mezzi lo scrittore Roberto Saviano, per poi presentarci i terribili risultati nel suo libro “Gomorra”.
Presenterò nei prossimi giorni, assieme ai colleghi Beltrandi e D’Elia (eletti in Campania) un’interpellanza urgente ai ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura affinché il governo si attivi in tal senso, integrando e rafforzando l’opera del commissario straordinario Guido Bertolaso.
Naturalmente, la neonata commissione d’inchiesta parlamentare sui rifiuti è deputata a seguire passo passo il check up del territorio campano”.
Roma, Torino, 18 ottobre 2006
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"La Stampa", 14/03/11
«L’Italia non rispetta le direttive dell’Ue»
4 domande a
Jesús Nieto Dir. Qualità ambientale
Direttore, perché ha proibito il trasporto di 30 mila tonnellate di residui urbani da Napoli a Jerez de la Frontera?
«Il motivo è molto semplice: esiste una direttiva europea che riguarda le installazioni di gestione dei residui urbani. I suoi due punti principali parlano di autosufficienza e di prossimità. La direttiva è obbligatoria per tutti i Paesi e quindi non avremmo mai potuto dare luce verde al trasporto».
Ma non è vero, piuttosto, che il vostro «no» giunge per la documentazione incompleta e, in particolare, per l’assenza dei risultati sui test relativi alla pericolosità dei residui?
«No, non è una scelta determinata dalla pericolosità possibile. I nostri principi guida sono prossimità e autosufficienza. Comunque, mancano i test chimici, che non sono stati allegati. In particolare, manca quello della lisciviazione, il liquido prodotto dai rifiuti, ma anche quello del carbonio organico totale e la relazione tra carbonio e nitrogeno. Tutti parametri che sono necessari da valutare affinché nelle nostre discariche siano ammessi dei residui. Test che determinano la pericolosità o no della spazzatura. E, ripeto, queste prove chimiche purtroppo non ci sono».
Ma così perdete un bell’affare, valutato in 3,6 milioni di euro, 120 euro a tonnellata. E le tonnellate sono 30 mila.
«Il business lo perdono due imprese private, una spagnola e una italiana. Ma, per legge, è la regione che ha la potestà di autorizzare lo smaltimento dei rifiuti. Comunque, si sarebbe trattato di eliminazione della spazzatura, non della loro valorizzazione, cioè di riciclare energeticamente i residui, che è uno dei punti saldi della nostra politica in questo settore».
Se lei fosse il gestore dei rifiuti di Napoli, che cosa farebbe adesso per smaltire 30 mila tonnellate di immondizia?
«Punterei tutto sul principio dell’autosufficienza. Ma, nella situazione in cui versa Napoli, guarderei all’Italia, non oltre il confine, alla Spagna o altri Paesi. Mi sembra più ragionevole smaltire i residui nel vostro Paese, che è ovviamente molto più vicino dell’Andalusia. Ma non è soltanto una questione geografica, è anche economica: costa infatti molto meno trasportarla nella vostra Penisola che farla arrivare, via mare, fino a Cadice. Ma l’obbiettivo fondamentale a cui punterei è la valorizzazione dei rifiuti». [G. A. O.]
"La Stampa", 14/03/11
“Monnezza campana? No grazie”. L’Andalusia volta le spalle a Napoli
Non smaltirà 30 mila tonnellate di rifiuti “Mancano le analisi sulla loro pericolosità”
GIAN ANTONIO ORIGHI MADRID
No alla monnezza di Napoli. L’assessorato all’Ambiente della regione Andalusia, a guida socialista, ha proibito di smaltire in un impianto privato di Jerez de la Frontera 30 mila tonnellate di residui urbani che dovevano arrivare, via mare, dalla città partenopea. Un business che avrebbe generato introiti pari a 3,6 milioni di euro, a 120 euro a tonnellata.
Il no è già stato comunicato sia al ministero dell’Ambiente di Madrid che a Bruxelles, come sancisce la Direttiva Comunitaria. Teoricamente c’è la possibilità di ricorre la decisione, ma allo stesso Assessorato, per cui sarebbe inutile. Ora chissà dove finirà la spazzatura vesuviana. Il divieto di esportare i rifiuti, comunicato ufficialmente il 9 marzo scorso, è la cronaca di un no annunciato. «La regione aspetta la richiesta di Napoli per rigettarla», avvertiva lo scorso 1˚ marzo Andalusia Informaciones. Che aggiungeva: «L’impresa Markab Consulting, la concessionaria che la provincia di Napoli ha incaricato del trasporto dei residui di troppo della discarica di Caivano, ormai stracolma, aveva affermato via il suo presidente Carlo Giomini che la normativa europea permette il trasporto dei residui a Jerez. Ma l’assessore all’ Ambiente Díaz Trillo ha smentito l’autorizzazione al trasporto, come invece assicura la stampa italiana».
L’export, che prevedeva di far arrivare i rifiuti trasportandoli per mare fino al porto di Cadice e poi via camion fino a Jerez, era stato già pianificato da due società, l’italiana Partenope Ambiente Spa (BresciaNapoli) e la spagnola privata Verinsur Spa. «Abbiamo ricevuto la petizione formale lo scorso 18 febbraio - ha spiegato Díaz Trillo sabato scorso-. Il governo dell’Andalusia ha avuto idee chiarissime fin dall’inizio e una posizione decisa di non ammettere questo tipo di spazzatura, residui urbani non pericolosi, visto che deve essere gestita nella prossimità della sua emissione».
L’assessore, che ha dalla sua il regolamento comunitario 1013/2006 e la direttiva 2008/98, ha pure dato una lezione all’Italia. «Il fondamento giuridico della nostra risoluzione è che la buona gestione dei residui urbani deve essere fatta con una adeguata rete di raccolta e un sistema di trattamento negli impianti corrispondenti - ha tuonato l’assessore - Bisogna trattare i residui all’origine, riciclarli e valorizzarli. La Repubblica italiana e Napoli devono seguire la normativa Ue, che è obbligatoria. E, se così facessero, non ci sarebbe ragione per far venire la spazzatura da noi. Noi rispettiamo la normativa». Ma leggendo le dieci dettagliatissime pagine del «no», appare forse anche un’altra ragione: il sospetto che i residui urbani non pericolosi potessero essere invece non innocui per la salute degli andalusi. A
pagine 5
, nel punto 3, si dice chiaramente: «Dalle analisi chimiche apportate con la notificazione del trasporto non si deduce in modo inequivocabile la composizione dei residui. E neppure si accompagnano prove per conoscere il comportamento della lisciviazione (il liquido prodotto dai residui, ndr)».
Forse è questo il vero motivo dell’autorizzazione negata. Stupisce, infatti, che una delle regioni più povere della Spagna lasci un business cospicuo per una delle sue 4 imprese private che operano nel campo dei rifiuti. Ma ciò che meraviglia ancor di più è che la documentazione allegata dalle due società non sia completa ed abbia «dimenticato» di allegare test ineludibili.
23 impianti Sono 23 i termovalorizzatori in funzione in Andalusia, 22 gli impianti per separare i rifiuti leggeri e due per la biometanizzazione
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"La Stampa", 15/02/11
La monnezza a Scampia e le campane suonano a lutto
ANTONIO SALVATI NAPOLI
Da una parte una scuola elementare, dall’altra un campo rom, abusivo, tra i più grandi della città. Una decina di metri più in là, dopo l’asse mediano, le case dell’edilizia popolare, quelle costruite con la legge 167. In mezzo un’area abbandonata, di circa 80mila metri quadrati, dove il Comune di Napoli vorrebbe installare un sito di trasferenza per i rifiuti. Una discarica «a tempo» nel cuore del quartiere Scampia. Una sosta tecnica per l’immondizia, massimo 72 ore dicono gli esperti, in attesa del trasferimento negli impianti di tritovagliatura o in una discarica.
Un tempo quest’area ospitava gli uffici della nuova Centrale del latte, ed era già stata indicata qualche anno fa dall’allora commissario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso come luogo ideale per la costruzione del termovalorizzatore. Qui sta per essere ultimata l’isola ecologica e sempre qui doveva essere dislocato l’autoparco dell’Asìa, l’azienda municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti, fino ad oggi ubicato a ridosso dei palazzi di Scampia. «Spero di parlare con il sindaco», spiega Carmine Malinconico presidente dell’ottava municipalità, quella, per intenderci, che già ospita la discarica di Chiaiano. «Purtroppo questo territorio resta destinatario di scelte di bassissima qualità - prosegue Malinconico - Cosa chiederò alla Iervolino? Rispetto per questa zona e per la gente che ci vive». Dici Scampia e pensi subito alla droga, ai narcotrafficanti, ai morti ammazzati nella faida di camorra, alle Vele. Allora perché fare una discarica proprio dove la camorra ha, purtroppo, un capillare controllo? È come costruire un allevamento di pecore nel bel mezzo di un recinto pieno di lupi. «Eppure qui ci sono tante persone che si sforzano di vivere nella legalità. E noi siamo al loro fianco per sostenerle». Francesco Minervino è parroco della chiesa di Maria Santissima Assunta in cielo di Miano ed anche il decano di quattordici realtà parrocchiali sul territorio. Li chiamano preti di frontiera, quelli che tutti i giorni si confrontano con la camorra e con i disastri di una politica distratta. Proprio loro hanno cercato di sensibilizzare la popolazione con una singolare forma di protesta: suonare le campane a lutto, contemporaneamente. «Non va inteso come un segno di resa, ma di amarezza. - ci tiene a precisare don Francesco - Le campane hanno anche il compito di chiamare a raccolta la comunità, di destare le coscienze dal torpore. Noi ci confrontiamo molto con i nostri parrocchiani e se a volte non parliamo di certi problemi o talune ingiustizie non vuol dire che accettiamo le decisioni di chi governa. Ma adesso non possiamo più tacere». Anche perché l’apertura di una discarica, qui sono in pochi a credere alla storia del sito di trasferenza, potrebbe rappresentare l’apposizione della pietra tombale alle speranze di recupero di un territorio già martoriato. Qualche anno fa la municipalità aveva realizzato un progetto per trasformare Scampia in un distretto eco-energetico: si doveva iniziare con il fotovoltaico, con il montaggio di pannelli su tutti i palazzi pubblici. Un piano che fu molto apprezzato dall’assessorato alle Attività Produttive della Regione Campania, allora retto da Andrea Cozzolino, e dal sottosegretario Guido Bertolaso. Venne presentato in diversi convegni ma alla fine non si riuscirono a trovare i circa quattro milioni di euro per la sua realizzazione. «Purtroppo l’area a nord di Napoli - continua il presidente Malinconico - è l’unica del capoluogo a non avere una progettazione, a differenza per esempio di Bagnoli o della zona Est. Il sito di trasferenza? Spero sia solo un’ipotesi. Qui c’è tanta preoccupazione per questa scelta, temo - conclude - che possa trattarsi di un colpo mortale al recupero di questa zona». Il piano non sembra essere solo un’ipotesi, visto che dall’assessorato all'Ambiente della Regione Campania fanno sapere che il Comune ha già consegnato un progetto di massima. «Siamo disponibili a garantire una spinta acceleratrice alle procedure previste», fanno sapere. «Scampia? Qui dovevano fare l’Università, uno stadio nuovo e la piazza Telematica - si infervora don Francesco Minervino - nella più felice delle ipotesi i progetti sono appena partiti, altri invece non verranno mai realizzati. L’immondizia invece, quella ce la portano subito».
PROGETTO CONSEGNATO Il Comune ha scelto l’area la Regione pronta ad approvare la realizzazione
http://www.corriere.it/esteri/11_febbraio_10/pista-sci-termovalorizzatore-elmar-burchia_43aa95f8-3526-11e0-b824-00144f486ba6.shtml
i primi atleti potranno gettarsi ad alta velocità giù per il pendio già nel 2016
Copenaghen: in arrivo una pista da sci sul nuovo termovalorizzatore della città
L'impianto si estenderà su circa 31.000 metri quadrati e costerà 470 milioni di euro
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Copenaghen: in arrivo una pista da sci sul nuovo termovalorizzatore della città
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MILANO - Va a finire che magari tra un paio d'anni la Coppa del Mondo di sci farà tappa a Copenhagen. Certo, la pista è meno impegnativa della leggendaria Gran Risa, ma altrettanto suggestiva. Una montagna artificiale attirerà infatti tra un paio d'anni i vacanzieri amanti dello sci proprio nella capitale danese. Sul tetto di una centrale termoelettrica potranno dare sfogo alla loro passione scegliendo fra tre discese, tutte con vista sul gigantesco edificio industriale. Oltre a ciò, l'impianto soffierà in cielo degli anelli di fumo: un monito contro l'inquinamento.
ASTRO NASCENTE - Tutto merito di un architetto danese che è riuscito a convincere all'unanimità l'amministrazione di Copenhagen presentando un avveniristico progetto di una pista da sci sul tetto di un termovalorizzatore. «La città ha le condizioni atmosferiche adatte per gli sport invernali, tuttavia le manca il panorama», ha spiegato ai media del Paese il progettista Bjarke Ingels, giovane astro nascente nel mondo dell'architettura.
TRE PISTE, UNA NERA - La centrale elettrica, dal nome Amagerforbrænding, costerà 470 milioni di euro e andrà a sostituire l'adiacente impianto, oramai vecchio di quarant'anni. La pista si estenderà invece su circa 31.000 metri quadrati, mentre gli sciatori raggiungeranno la vetta con un ascensore. Il progetto prevede tre discese, per quegli sportivi più ardimentosi c'è persino una «nera». La montagna artificiale dovrebbe raggiungere i 100 metri d'altezza. La Amagerforbrænding, società per i rifiuti e l'energia di proprietà di quattro municipi della capitale danese, ha spiegato che presto inizieranno i lavori, mentre i primi atleti potranno gettarsi ad alta velocità giù per il pendio nel 2016. La struttura sciistica sarà aperta anche d'estate, grazie ad uno speciale manto artificiale scivoloso.
SEGNALI DI FUMO - «Proponiamo un nuovo tipo di termovalorizzatore: economicamente, ecologicamente e socialmente più redditizio», si legge nella relazione dello studio «Bjarke Ingels Group (BIG)» che accompagna il progetto. Al fine di sensibilizzare gli abitanti sulle problematiche ambientali i progettisti hanno inoltre pensato di far espellere all'impianto degli anelli di fumo ogni volta che una tonnellata di CO2 fossile viene rilasciata. Di vapore acqueo, colorati di notte da luci laser e con una circonferenza di 30 metri, vogliono essere una sorta d'avvertimento per l'inquinamento causato dalla centrale.
Elmar Burchia
10 febbraio 2011