Tutti parlano di superare la legge Merlin, aree a luci rosse, ordinanze anti-prostitute, tratta delle schiave, cooperative, ecc, sono in bocca a tanti. Amato è intervenuto in tal senso. vi sono molti progetti di legge. Il rischio e che non cambi niente, se ogni supporto alle persone che si prostituiscono diventa "sfruttamento alla prostituzione". L'idea del singolo artigiano del sesso che lavora in proprio, senza nesuno che gli rompe i coglioni, è irreale e affida alla criminalità l'intero settore.
Conviene parlarne, anche solo per schiarirci le idee e schiarirle a chi deve occuparsi dell'argomento.
Saluti.
Prostituzione. Viale: “non lasciare alla criminalità il supporto alle imprese del sesso. evitare finte legalizzazioni”
Silvio Viale, membro della Direzione Nazionale della Rosa nel Pugno e del Comitato Nazionale di Radicali italiani, lancia un monito sul rischio di finti superamenti della legge Merlin, cambiare tutto per non cambiare niente, se non si considerano le imprese del sesso come le altre imprese.
Torino, 8 settembre 2007
Silvio Viale è intervenuto con la seguente nota:
“Se si vuole superare la legge Merlin, per affrontare finalmente la questione, occorre considerare la prostituzione come una qualunque altra impresa, senza ipocrisie. Se le limitazioni saranno eccessive, come per tutte le altre imprese, il rischio è che continuino a dilagare forme di lavoro nero e clandestino. In particolare, non si può ipotizzare che l’attività possa essere svolta solo individualmente, in strutture private singole, magari nascoste, poiché questo significherebbe mantenere l’intero settore nelle mani della criminalità. Ogni iniziativa che non riconoscesse la possibilità di aggregazione dei lavoratori, come ditta o come cooperativa, sarebbe destinata al fallimento. Come ogni altra impresa, la prostituzione può avere bisogno di personale per attività di segreteria, per la gestione dei lavoratori e per altre esigenze organizzative e di sicurezza. Data la natura stessa delle attività di prostituzione, è evidente che anche in un regime di legalizzazione persisterà una quota parallela di contrattazione individuale, per attività più o meno occasionali, ma la sua consistenza dipenderà dalla legge.
Più che la riservatezza dei clienti, che sarà certamente garantita dai lavoratori del sesso come fattore di qualità, occorre tenere presente le esigenze di chi non sceglie la prostituzione come lavoro per tutta la vita, pensa di farlo per un certo periodo o lo fa occasionalmente per “arrotondare”. Ogni volta che si scoprono appartamenti adibiti a incontri di prostituzione colpisce spesso la normalità delle persone che vi lavorano, casalinghe, studentesse e donne con un altro lavoro. Lo stesso avviene per la prostituzione maschile ed omosessuale. Una legge saggia dovrebbe garantire forme di flessibilità e di part-time, tutelando le varie figure di lavoratori., anche per favorire l’abbandono dell’attività di prostituzione. Su questi temi la società è molto meno bacchettona della classe politica, o di come questa si rappresenta; chi si appresta a superare la legge Merlin deve saper distinguere tra le legittime opinioni morali e gli interessi sociali, per evitare finte legalizzazioni, che sarebbero finte soluzioni ai problemi della prostituzione di strada e dell’invadenza della criminalità. Oggi, a Torino, una ragazza nigeriana deve restituire un “debito” di 60.000 euro, con prestazioni di solito non superiori a 30 euro. Superare la legge Merlin vuol dire farsi carico, anche di questo, oltre che dei lavoratori e delle lavoratrici italiani del sesso.”
Pia Covre: «Amiche di sinistra, non andate in piazza contro “altre donne”»
Sante o puttane. È tornata questa odiosa e vetusta divisione tra donne. da una parte le buone, dall’altra le cattive. Negli anni settanta il femminismo lo aveva capito e aveva criticato il potere che le metteva le une contro le altre in nome di una centralità maschile che andava criticata. oggi la storia ritorna come farsa. Una terribile farsa. Perché in nome della battaglia contro il padre padrone Berlusconi detto Papi si sta riproponendo la divisione tra cittadine di serie a e cittadine di serie B. da una parte le madri di famiglia e le lavoratrici rispettabili e dignitose, dall’altra ruby, le indecenti e le sex worker. Il rischio, diciamo con Pia Covre, del movimento per i diritti civili delle prostitute, è che però il prezzo lo paghino tutte le donne. In nome di un moralismo che sa tanto di sacrestia i nostri diritti e soprattutto le nostre libertà conquistati in tanti anni di riflessioni e di manifestazioni potrebbero essere fortemente intaccati. «Chi manifesta – sottolinea Covre – lo dovrebbe capire». Nelle sue parole la speranza che si possa tornare indietro e che le manifestazioni indette per il 13 febbraio abbiano un segno diverso, non perbenista. Ma anche la delusione di chi come lei da tanti anni si batte per l’autodeterminazione e i diritti delle prostitute e che oggi si sente abbandonata, se non tradita, da quella sinistra di cui invece fa parte.
Manifestazioni, appelli, donne in piazza contro ruby. Che cosa sta accadendo?
Intanto preciso subito una cosa: anche noi vorremmo che cadesse il governo Berlusconi. solo non è questa la strada.
Quella della caccia alle streghe?
Esatto. C’è una esagerazione dovuta alla mediatizzazione del caso ruby che di fatto sta distogliendo l’attenzione dai veri motivi di critica. Ho come l’impressione che molte che vanno in piazza in questi giorni guardino il dito e non la luna.
Quale sarebbe la luna?
L’attacco costante ai nostri diritti e uno smantellamento del welfare che ricade sempre sulle donne.
Tutte dovremmo dire basta, ma non perché ci sono donne che si sono prostituite, ma perché c’è un sistema democratico in crisi che rischia di diventare un regime. Invece di fare la battaglia contro il premier, si sta cadendo nella trappola di criticare le altre donne. In questi anni, con ordinanze amministrative sulla sicurezza e con la legge sulla prostituzione, le sex worker sono state ulteriormente criminalizzate con una ricaduta pesante per le immigrate, soprattutto per quelle che sono le più vulnerabili perché vittime di sfruttatori e trafficanti. Perché le donne che oggi vanno in piazza, allora non hanno fatto sentire la loro voce? Perché non la fanno sentire contro i Cie dove le straniere vengono rinchiuse e anche violentate?
Secondo lei qual è il vero motivo?
Le donne che vanno in piazza in questo momento, non tutte certo, stanno facendo l’interesse dei par-titi che di fatto sono a maggioranza maschile. sono poche coloro che riescono a far sentire la loro voce, per la maggior parte c’è una subalternità. In questo momento fa comodo usare le donne per battere Berlusconi, c’è quindi una strumentalizzazione.
Alcuni giornali di sinistra usano la parola troia per indicare e offendere le “olgettine”. La si è sentita usare anche dalle donne in piazza. Le piace?
Non c’è nulla da dire, è una parola che si commenta da sola.
Ma c’è differenza tra le sex worker e ruby?
Le sex worker sono lavoratrici a cui si negano i diritti riducendole ad una condizione senza dignità: niente tutela giuridica, nessuna protezione sociale. Nel proprio lavoro definiscono a priori tariffa e prestazione. Le giovani che invece fanno scambio “provvisorio” di ses
so per carriere e regali o soldi sono semplicemente donne che cercano di avvantaggiarsi usando le proprie risorse fisiche, forse le uniche che hanno, nella speranza di migliorare la loro condizione sociale. Non si può assimilare una lavoratrice del sesso ad una “carrierista disposta a tutto”. Il problema però oggiè un altro. È la criminalizzazione dello scambio sessuale. Invece di prendersela con il premier che va con le ragazze, ce la si prende con quelle ragazze. “Basta” va detto a Berlusconi, non a ruby.
Cosa pensa di chi usa il corpo per fare carriera?
L’uso del corpo come mezzo di seduzione da parte delle donne è questione antica. C’è chi lo fa per fare spettacolo, chi per conquistare un uomo e sposarsi. L’elemento criticabile è quello della corruzione e del ricatto a cui eventualmente vengono costrette coloro che vogliono lavorare in televisione. Così come è criticabile la ricompensa fatta dando incarichi politici, superamento di esami o altro a discapito di chi se li meriterebbe.
Cosa direbbe a chi dice di sentirsi indignata da chi “vende” il proprio corpo?
va rispettata l’autodeterminazione per ogni scelta individuale, comunque vendere servizi sessuali non è vendere il corpo e non significa neanche accondiscendere al potere maschile.
Secondo alcuni e alcune, il problema è che le ragazze come ruby e Minetti vengano poi elette.
Il problema della selezione della classe dirigente esiste per le donne come per gli uomini. oggi nessuno dell’opposizione si ricorda di dire che la legge elettorale andava cambiata e non lo hanno fatto. È una vergogna.
Però ce la si prende solo con le donne.
Infatti. Ma la crisi della rappresentanza e della democrazia va posta in maniera complessiva. anche gli uomini spesso vengono scelti perché amici o servi del premier. Così si va verso un regime. Le femministe o le tante giornaliste e intellettuali che oggi se la prendono con altre donne sbagliano bersaglio. sono posizioni moralistiche che ricadono sulle prostitute.
Un esempio?
La scorsa settimana il sindaco del Pd di arezzo ha emesso l’ennesima ordinanza contro le prostitute. C’è un premier che sta mandando in rovina il Paese e che si fa? si dà la caccia alle sex worker. Ma per favore!
Si parla tanto di donne, ma non esiste invece una questione maschile sempre più macroscopica?
La costruzione del ruolo maschile si è sempre basata sulla forza, il potere, la negazione dei bisogni emozionali, la virilità . Questo influisce sul modo di vivere la sessualità da parte degli uomini. si sta cambiando ma è evidente che ci vogliono tempo e impegno. Le donnemadri su questo devono lavorare molto con i loro figli.
Nell’83 l’incontro dirompente tra movimento delle Lucciole, che nasce a Pordenone l’anno prima, e movimento femminista. entrambi i percorsi si mettono in discussione ma si confrontano e insieme crescono. Oggi non si assiste ad un ritorno indietro?
Non credo. allora fummo molto fortunate ad avere una intellettuale come roberta Tatafiore in grado di creare un ponte e di avere autorevolezza per parlare in entrambe le realtà. oggi roberta purtroppo non c’è più e manca una figura che abbia la stessa forza. detto questo, anche nel movimento femminista ci sono tanti gruppi e singole che non accettano i discorsi moralisti e che hanno scritto documenti e articoli mol-to interessanti, è il caso di “sommosse”
o di “Femminismo a sud”. I loro contributi offrono spunti di riflessione intelligenti.
Come è cambiato in questi anni il mondo della prostituzione?
L’ottanta per cento delle sex worker sono immigrate. Non tutte sono oggetto della tratta, ma spesso sono comunque sotto ricatto a causa delle leggi sull’immigrazione. Hanno quindi una contrattualità molto debole sia per quanto riguarda il valore del loro lavoro, sia per quanto riguarda i loro diritti. Non tutte però, esattamente come quegli operai della Fiat che hanno detto sì all’accordo, sono in grado di ribellarsi o di assumere posizioni forti. Non per questo noi le dobbiamo lasciare sole.
Potreste?
Beh sì, basterebbe battersi – come è successo in olanda – per una legge che tuteli i diritti delle europee. Non era un provvedimento voluto dalle sex worker, ma alla fine è successo questo. si creerebbe così una divisione tra le italiane e le migranti che a me personalmente non interessa. Qui, al Nord, se volessimo potremmo trovare un accordo anche con la Lega: i loro politici vorrebbero regolamentare la prostituzione ma escluderebbero certamente le non comunitarie. Ma noi appunto non lo vogliamo.
E se alla fine Berlusconi cadesse proprio sul caso Ruby?
se si provasse che c’è stata prostituzione con una minore la giustizia dovrebbe fare il suo corso. Tuttavia se con tutti i buoni motivi per mandarlo via, prevalessero invece ragioni di morale sessuale sarebbe una pesante eredità anche per il futuro che si vuole costruire. Il rischio è cioè che questo tipo di cultura illiberale ispiri anche i prossimi governi con ricadute molto pesanti proprio per le donne. Tutte le donne. vorrei che chi va in piazza capisse questo.
Reportage
Nel bordello di via Salaria il decreto non fa paura
Protette/Gli sfruttatori vigilano su di loro, avvisano se arriva la polizia e trattengono quasi il novanta per cento degli introiti
Mercato dei corpi: Tutto alla luce del sole tra famiglie che vanno all’Ikea e clienti che puntano minorenni romene
Dopo la stretta del governo, “lucciole” tranquille: “Se ci mandano via, ritorniamo”
FLAVIA AMABILE
ROMA
È appena un fruscio alle mie spalle. Un uomo mi sfiora e scende in fretta giù per le scale del cavalcavia. Capelli cortissimi e biondi, jeans scambiati, maglietta a righe, giubbotto di pelle, nazionalità romena. Professione: protettore di prostitute. Non gli piace che io stia su questo passaggio della Salaria, lercio come un orinatoio, pieno di sacchi di spazzatura aperti e rovesciati come nel pieno dell’emergenza napoletana. Fingo di telefonare mentre scatto fotografie, faccio finta di nulla ma mi fa capire di avermi notata e di tenermi sotto controllo.
Le sue donne sono ferme in strada. Passa accanto a loro, bisbiglia qualcosa senza smettere di camminare. Un istante dopo è già scomparso. Le tre donne mi osservano dal basso, indecise se considerarmi una ficcanaso, una poliziotta, una guardona o non si sa bene che altro. Ma di poliziotti da queste parti se ne vedono talmente pochi che immaginare che qualcuno ne abbia mandato di donne e in borghese sembra fantascienza pure per loro.
Le auto passano veloci lungo la Salaria in questo sabato pomeriggio di inizio novembre dall’aria mite. Sono cariche di famiglie dirette all’Ikea o nei cinemoni multisala del centro commerciale vicino. Percorrono senza più stupirsi quest’arteria che nessuna legge nazionale né ordinanza comunale riuscirà a liberare dai capannelli di donne in vendita. Lo slargo davanti alla palazzina degli studi Rai è uno dei posti migliori, feudo della tratta dell’Est Europa. Le donne di colore qui è difficile che riescano a mettere piede. È uno dei pochi punti dell’intera strada dove si ha tutto il tempo e lo spazio per adocchiare una prostituta persino dall’altro lato della strada, invertire la marcia e tornare indietro a rimorchiarla.
Proprio come sta facendo un’auto mentre le tre prostitute mi osservano dal basso. Appena scorgono il cliente mi lasciano perdere e si mettono in mostra. L’uomo abbassa il finestrino, non ha il minimo dubbio su quale delle tre vuole. Due di loro sono vestite come prevedeva l’ordinanza di due anni fa del sindaco Alemanno: pantaloni e giubbotto, zero centimetri di pelle messa in mostra. La terza invece è uno schianto: una tuta elastica nera aderente e luccicante, maglietta altrettanto attillata e molto ristretta. Braccia e ombelico sono bene in evidenza, il seno ha il dovuto risalto. L’uomo parla con lei, le altre nemmeno le guarda. La contrattazione è una questione di pochi secondi, la donna sale sull’auto e vanno via.
Le due compagne restano un po’ deluse ma il pomeriggio è lungo, e stasera è anche sabato, i clienti non mancheranno. È allora che mi decido ad avvicnarle. Invento una storia strappalacrime, spiego di aver bisogno di soldi e di essere lì per capire come fare. Riesco ad impietosirle e a convincerle a parlarmi. Sono romene, entrambe minorenni. Una ha un figlio in Romania e una sorella a cui mandare soldi, l’altra solo l’intera famiglia da aiutare tra madre, padre, nonni e forse anche qualche zio. Quando spiego di avere paura perché il governo sta preparando alcune misure per colpire la prostituzione in strada, e parlo del foglio di via e poi delle multe, sorridono. «Andiamo, torniamo, facciamo quello che vogliamo. E poi abbiamo gli uomini».
I protettori, già. È il pauroso record italiano. In Europa nessun altro Paese ha un numero così alto di prostitute schiave dei loro sfruttatori: 115 ogni 100mila abitanti maschi con più di 15 anni. In Olanda sono 76, in Spagna 54 e in tutti gli altri Paesi molto meno. Si vedono infatti gli uomini che da lontano tengono sotto controllo i capannelli di donne. Arrivano immediatamente quando una volante o un altro pericolo è in vista, e mettono al sicuro la loro «merce». È il loro lavoro e ci guadagnano il 90% dei soldi guadagnati dalle protette. Sorridono le due donne, una di loro smania. È ferma da troppo tempo. Si toglie il giubbotto. Mostra un bel po’ di quello che l’ordinanza di Alemanno ordinava di tenere nascosto. Il cliente arriva, puntuale, pochi minuti dopo. E anche la seconda è sistemata. L’ultima ha capito il trucco e trova in fretta anche lei qualcuno disposto a rimorchiarla. È trascorsa mezz’ora, riappare dal nulla la prima delle tre. La giostra continua.
www.lastampa.it/amabile
"La Stampa", 06 Novembre 2010, pag. 1
Elena Loewenthal
Ma le escort sono salve
Da domani battere il marciapiede o il ciglio della provinciale sarà più difficile e soprattutto più rischioso. In strada, beninteso. Perché se si è professioniste del più antico mestiere del mondo al calduccio della casa propria o altrui, da domani non cambierà proprio nulla.
Per non parlare di quella ormai larga fetta di prestazioni erotiche che si avvalgono della rete e che, in virtù della liberalizzazione di segno opposto per il web, saranno agevolate invece che intimidite dalla stretta governativa.
La quasi ovvia considerazione che ne consegue è che tutto diventa più semplice se ci sono di mezzo i soldi. Bastano infatti un po’ di dimestichezza con il computer per «ottimizzare» il contatto con la clientela, un letto sotto e un tetto sopra la testa, per prostituirsi in santa pace. Senza dover temere quel foglio di via che da domani sarà elargito rigorosamente alle prostitute in flagranza di reato. Cioè, sempre che il reato ci sia. Cioè, solo se il mercimonio è esercitato in un Comune in cui il sindaco abbia emesso un’ordinanza che ne vieta l’esercizio – su strada. Se l’ordinanza c’è, da domani potrà partire il foglio di via. Ma mica per tutte, beninteso. Solo per le straniere. In primis extracomunitarie, poi anche le straniere d’Europa, per le quali l’espulsione è pressoché simbolica, vista la libera circolazione di merci e persone in vigore.
In sostanza, il provvedimento è una bislacca sequenza di discriminazioni: è riservato ai Comuni provvisti di ordinanza (non è difficile prevedere una fulminea mappatura del nostro territorio, con indicazione dei Comuni sì e Comuni no). Riguarda solo la prostituzione di strada, quella che fa chi non ha le risorse per esercitare sotto un tetto. Punisce soltanto le prostitute straniere, e stabilisce una disparità di trattamento fra chi arriva da lontano e chi da vicino. Infine, ma non certo perché si tratti di una quisquilia, mette in secondo piano il cliente. Colui che, per dirla in parole povere, fa girare il mercato.
Qui casca l’asino. A fagiolo e con un tempismo grottesco, vista la ribalta mediatica di cui in questi giorni gode (si fa per dire) l’«utilizzatore finale» (in senso astratto). Ma anche perché se nell’ormai arenato disegno di legge Carfagna le sanzioni contro la prostituzione prevedevano l’arresto o la multa per il cliente, nell’urgente provvedimento di oggi questo capitolo compare in secondo piano. Potrebbe diventare punibile sulla strada, ma non in quella comoda intimità del web di cui si avvalgono fornitrici di servizi provviste di casa e/o entrature in discoteche vip, e fantasmatici consumatori. Per loro, da domani sarà tutto ancor più facile di quanto già non fosse prima.
Elena.loewenthal@mailbox.lastampa.it
"La Stampa", 06 Novembre 2010, pag. 4
Prostituzione
“Foglio di via” per chi sta sulla strada
In piena bufera Ruby ed escort, il Consiglio dei ministri introduce il reato di prostituzione. Il premier Berlusconi, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, spiega che è stato ripreso il ddl Carfagna fermo da tempo in Parlamento.
Insorge l’opposizione, che parla di «umorismo involontario» del premier.
Il foglio di via
«Prevediamo - rileva il ministro dell’Interno, Roberto Maroni illustrando il provvedimento - la possibilità di applicare le misure di prevenzione, per esempio il foglio di via, per chi, violando le ordinanze dei sindaci, esercita la prostituzione in strada». Il Consiglio dei ministri, aggiunge Berlusconi, «avendo constatato che il reato di prostituzione per chi la esercita in luoghi pubblici da noi introdotto alcuni mesi fa non ha fatto progressi in Parlamento, ha deciso di riprendere quella norma e di inserirla in questo provvedimento».
Arresto e multe
Oltre al foglio di via, si punta ad inserire parte del ddl Carfagna (gli articoli 1, 2 e 4), che prevedono la sanzione per il cliente (nella stessa misura prevista per chi si prostituisce) e l’introduzione del reato per chi esercita la professione in un luogo pubblico.
Per le lucciole in strada previsto così l’arresto da 5 a 15 giorni e l’ammenda da 200 a 3 mila euro. Stessa pena per i clienti.
a Don Andrea Gallo
Comunità di Genova
RAFFAELLO MASCI
ROMA
Don Andrea Gallo, coordinatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, e da sempre prete degli ultimi, cosa ne pensa di questa norma che colpisce con il foglio di via le prostitute straniere?
«Penso che, come al solito, se la prendono con l’anello più debole del sistema: nella prostituzione c’è un solo fatto criminale ed è il racket. Se non vogliono la prostituzione colpiscano lì».
Forse fanno anche questo.
«Non mi pare proprio. Faccio un solo esempio: le ragazze che arrivano dall’Est, dal Sudamerica o dall’Africa quando sbarcano a Malpensa trovano un pulmino fuori dall'aeroporto che le carica su e le porta a destinazione. Allora, mi chiedo, che vogliamo fare? Colpiamo chi organizza i pulmini e l’intera tratta o penalizziamo le sfruttate? Guardi che la lotta al racket non si fa e non ho timore a dire che ci sono connivenze e complicità in questo senso».
Da dove vogliamo cominciare, allora?
«Da dove vogliamo riprendere, semmai. Fino al primo agosto era attivo un numero verde con 14 postazioni telefoniche in varie città, a cui le prostitute potevano rivolgersi: loro chiamavano e la struttura le prendeva in carico e le proteggeva da subito. Abbiamo salvato così 9 mila ragazze».
E invece che cosa è successo?
«Il governo dal primo agosto ha tagliato i fondi e chiuso le postazioni telefoniche. Dopo di che, invece di colpire il racket ha colpito le ragazze: Quando i colpi invece di andare in alto vanno in giù - diceva Manzoni - a rimetterci sono sempre gli stracci. Ci siamo capiti?».
Ruby: Senatori Radicali, piuttosto che ingerire in 'facili costumi' si
agisca per regolamentare la prostituzione. Evitare che Minetti sia
accusata di abbandono di minore.
Dichiarazione dei Senatori Radicali Marco Perduca e Donatella Poretti:
"In un momento in cui I vizi privati potrebbero divenire pubbliche virtu',
c'e' chi come l'Onorevole D'Alema chiede ingerenze della Chiesa o chi come
il Presidente della Camera Fini che da terza carica dello Stato annuncia
ostruzionismi su disegni di legge ancora non definiti, mentre invece si
potrebbe cogliere l'occasione di regolamentare, e quindi regolarizzare,
una lunga lista di segreti di pulcinella relativi alla professione piu'
vecchia del mondo. In commissione affari costituzionali del Senato
giacciono, in avanzato stato di discussione, varie proposte per
regolamentare l fenomeno della prostituzione, occorre cessare pianti e
lamenti e assumersi delle precise responsabilita' politiche legalizzando
con una normativa stringente il lavoro sessuale. Anche per andare incontro
alla situazione della consigliera regionale della Lombardia Minetti che
potrebbe esser accusata di abbandono di minore visto a chi si sarebbe
rivolta per esaudire le richieste del Presidente del Consiglio. Mai la
congiuntura politica e' stata cosi' favorevole per questa riforma
necessaria anche alle casse dello Stato.
Sex workers locali, immigrate, minorenni, una quota di trans. Per strada - l´analisi contenuta nella ricerca è del sostituto commissario Antonio Runci, in forza alla squadra Mobile - «ormai si trovano solo determinate entie: nigeriane, ragazze dell´Est Europa e più raramente le cinesi». Nelle case c´è di tutto un po´. Ci sono le donne italiane che esercitano per libera scelta, affrancate dai papponi. Ci sono ancora troppe schiave, straniere e non. «Il fatto di non essere più per strada - sostiene Mirta Da Pra Pocchiella - le rende meno consapevoli dello sfruttamento che subiscono, costrette a ritmi di lavoro no stop, spostate periodicamente da un luogo all´altro, private di relazioni sociali stabili, legate ancora di più all´organizzazione, per loro l´unico riferimento».
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Come è stata contattata dalla sua sfruttatrice?
«In Brasile ero molto conosciuta nel mondo gay, lesbico e transessuale. Facevo spettacoli. Ma non ero felice. Non mi trovavo bene nel mio corpo da uomo, lo rifiutavo. Volevo diventare donna, operarmi. Nel 2004 sono stata contattata su chat da una trans, che viveva da 10 anni a Roma. Era molto bella, un bel seno, glutei alti e grossi, una forma fisica molto prosperosa. Mi ha detto che in Italia era diventata ricca, prostituendosi solo per due anni e che si era potuta permettere ogni intervento di chirurgia estetica. Mi ha promesso anche una collaborazione con alcuni locali notturni. Insomma, ho abboccato».
Chi ha pagato le sue prime spese?
«La pappona mi ha anticipato tutto, a partire dal biglietto aereo. Sono atterrata in Germania. Lì un uomo mi ha preso e portata a Milano. Ero una clandestina. Poi sono arrivata a Roma e la cafetina mi ha mostrato il marciapiede dove mi sarei potuta prostituire. Era di fronte all´ex mattatoio, a Testaccio».
Quanto ha pagato quella piazzola?
«Mi è costata 10mila euro: la cafetina mi ha detto che l´aveva dovuta comprare da un´altra trans. Altre 350 euro a settimana se ne andavano per l´alloggio e il cibo. Col tempo mi sono accorta che non riuscivo a estinguere il debito e a pagare gli interessi».
Quando ha deciso di denunciare la sua sfruttatrice?
«Dopo 10 mesi sul marciapiede, sono stata avvicinata da un´unità di strada. Mi hanno convinto a presentare denuncia e mi hanno ospitata per un anno a Roma, in una casa d´accoglienza. Oggi non mi prostituisco più, vivo in una cittadina sulla costa laziale, ho un lavoro in regola».
(vla.po.)
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LE "PAPPONE"
Oggi in Italia i transessuali sono 40mila e circa 10mila vivono prostituendosi: di questi, il 60% è di origine sudamericana (nell´ordine vengono da Brasile, Colombia, Perù, Argentina ed Ecuador), il 30% italiana e il 10% asiatica (dati dell´associazione Free Woman). Il giro d´affari della prostituzione transessuale supera in Italia i 20 milioni di euro al mese. Gran parte di loro è vittima di sfruttamento. A inchiodarle è la catena del debito, contratto già nel Paese d´origine. Nella prostituzione delle trans straniere, infatti, tutto ha un costo: dal viaggio in Italia, alla piazzola sul marciapiede; dagli interventi chirurgici, al trasporto sul posto di lavoro. La tratta delle trans - soprattutto brasiliane - ricalca quella delle ragazze nigeriane. Se queste ultime sono in mano alle maman, ex prostitute diventate sfruttatrici, le trans brasiliane dipendono in tutto e per tutto dalle cafetinas: trans più anziane, che lucrano sul lavoro delle loro "figliole". Come? Strozzandole con i debiti.
«Tutto ha origine nel Paese d´origine - spiega Francesca Rufino, psicologa dell´associazione "Libellula" - dove le trans vengono contattate anche attraverso apposite chat dedicate. Le cafetinas raccontano loro dell´incredibile generosità dei clienti italiani, della chirurgia estetica a basso costo, della possibilità di sfondare nel mondo dello spettacolo. Sono delle sirene, alle quali è difficile resistere, anche perché si rivolgono a trans che vivono spesso in una situazione di degrado e povertà e che sono alle primissime fasi di trasformazione del loro corpo. Così molte si convincono e partono per l´Italia». Da quel momento comincia la catena dello sfruttamento. La trans infatti contrae con la sua cafetina un debito, che difficilmente riuscirà a saldare. Il primo prestito è per pagarsi il viaggio: «Al costo del biglietto aereo, intorno ai 1.200 euro - racconta la Rufino - si aggiunge il compenso per il "traghettatore": 500 euro. Sarà lui ad accogliere la trans all´aeroporto d´arrivo, solitamente in un Paese del Nord o Est Europa, e a portarla in Italia clandestinamente. Qui la trans viene presa in consegna dalla cafetina, che le vende la piazzola dove lavorare. Il costo? Circa 4mila euro, che possono arrivare a 10mila se la cafetina a sua volta deve comprare la piazzola da un´altra sfruttatrice». Non è tutto. Le spese infatti non si fermano qui: un posto letto, in un appartamento con altre trans, costa mediamente 300 euro a settimana; altre 100 euro a settimana se ne vanno per il vitto e 40 euro al giorno servono a pagare il passaggio da casa al marciapiede.
La chirurgia fai da te
Poi ci sono le spese per silicone e interventi estetici. «Per fianchi, glutei e seno - spiega la Rufino - si ricorre alla chirurgia clandestina delle "bomabeire" o si va in Ecuador, dove i prezzi sono molto bassi». Spesa media per un intervento al seno? 3.500 euro. E chi intende fare l´operazione chirurgica di cambio del sesso, la rinvia, «visto che questa comporta l´espulsione automatica dal mercato della prostituzione». Quella della chirurgia fai da te è una pratica non priva di rischi. «Le "bomabeire" - racconta Mirella Izzo, trasgender non operata e presidente dell´associazione Crisalide Pangender - sono transessuali che ti iniettano, a basso costo, il silicone liquido nei fianchi e nei glutei, in modo da avere dei sederi super-femminili. Ma questi interventi sono estremamente pericolosi. Il silicone liquido col tempo, infatti, tende a scendere. Io stessa ho conosciuto una transessuale brasiliana disperata: il silicone le era calato fin nei piedi, gonfiandoli, ed era impossibile da rimuovere, perché ormai troppo infiltrato nei tessuti».
Insomma, coi prestiti per viaggio, piazzola e chirurgia, le sfruttatrici tengono in pugno le loro "figliole". «Le trans - conferma la Rufino - contraggono un debito con le cafetinas, che riusciranno ad estinguere solo con 2/3 anni di lavoro». Ma cosa succede a chi non riesce più a pagare? Spesso viene minacciata di tagli al volto e di ritorsioni sui familiari rimasti in Brasile. Non solo. C´è anche la beffa finale. Una volta estinto il debito, la trans deve alla sua sfruttatrice un regalo finale: solitamente un gioiello o un orologio di valore.
GLI ARRESTI
Le frequenti notizie di cronaca confermano questo meccanismo. A Roma, nel luglio del 2008, i carabinieri hanno sgominato un´organizzazione di transessuali che sfruttavano proprie connazionali fatte arrivare dalle favelas del Brasile. Le prostitute pagavano alle cafetinas tutto: dal marciapiede dove lavorare, al Viagra; dagli anabolizzanti, al posto letto. A Piacenza, nel luglio scorso, la polizia municipale ha arrestato Costa Wagner, trans brasiliana 45enne: era lei che selezionava e gestiva le varie trans (dieci, tutte in Italia clandestinamente), obbligandole a versare, oltre a una cifra iniziale, una somma mensile, compresa tra 500 e mille euro. E ancora: a Roma, il 26 agosto scorso, una transessuale brasiliana di 19 anni è stata arrestata dai carabinieri per riduzione in schiavitù. Vittima della 19enne, un´altra brasiliana di 34 anni, che ha trovato il coraggio di denunciare la sua aguzzina. La trans era stata adescata su internet. Giunta a Roma, la 34enne è stata costretta a prostituirsi e a dare buona parte dei suoi guadagni alla sfruttatrice.
Non è tutto. A legare trans e cafetinas non sono solo i debiti. «In alcune grandi città, a partire da Roma - spiega Mirella Izzo - c´è una clientela ricca, fatta di politici e imprenditori, che oltre alla prestazione sessuale, chiede anche la cocaina. Questo fa sì che molte trans entrino facilmente anche nel meccanismo dello spaccio, dal quale difficilmente usciranno». Sia ben chiaro. Il mondo trans non va confuso con quello della prostituzione. A vendersi è infatti una netta minoranza dei tanti transessuali che vivono e lavorano - non senza difficoltà - in Italia. E anche tra chi si prostituisce, le differenze non mancano. «Le transessuali italiane che si prostituiscono - chiarisce Giò Sensation, ex trans abruzzese, che ha fatto la riattribuzione chirurgica di sesso - non sono vittima di sfruttamento. Sono state spinte sul marciapiede, non tanto da una scelta libera, quanto dalla difficoltà di trovare un qualunque posto di lavoro normale, ma non hanno pappone. La maggioranza delle prostitute transessuali - aggiunge Giò, che in Abruzzo organizza il concorso Miss Italia Trans - vengono però dal Sud America e loro sì che sono in mano alle loro padrone».
Ma come si esce dal circuito dello sfruttamento? Esiste una tutela legale per chi trova il coraggio di fare una scelta di vita diversa? «Molte transessuali non sono pienamente consapevoli di essere vittime di tratta, non si sentono schiave - sostiene Vincenzo Castelli, presidente dell´associazione "On the road" - e oltretutto per chi vuole uscire dal giro è difficile trovare una rete di sostegno sociale. Questo spiega la difficoltà di denunciare i propri sfruttatori e di ricorrere all´articolo 18». L´articolo 18 è quello del Testo unico sull´immigrazione: concede un permesso di soggiorno per protezione sociale a chi denuncia di essere vittima di sfruttamento e fa i nomi dei suoi aguzzini. Ma poche trans vi ricorrono: sugli oltre 13.500 permessi di soggiorno rilasciati per motivi di protezione sociale tra marzo 2000 e maggio 2007, sono solo 270 le transessuali vittime di sfruttamento che hanno ottenuto i benefici previsti dall´articolo 18. Ma qualcosa sta cambiando. «È vero che lo sfruttamento spesso non è esplicito - conferma Porpora Marcasciano, sociologa e vicepresidente del "Movimento identità transessuale" (Mit) - ma sembra piuttosto un favore: ti pago il viaggio, ti trovo un posto e tu mi fai un regalo. Ma la recente crisi della prostituzione di strada e la conseguente difficoltà di pagare i debiti sta portando molte trans a denunciare i loro aguzzini». Non mancano però gli ostacoli. «Ad oggi in Italia - fa sapere la Marcasciano - c´è solo una piccola casa d´accoglienza per trans, gestita a Roma dall´associazione Ora d´aria. Un´altra struttura verrà aperta a breve a Bologna dal Mit, insieme ad alcuni enti locali, con sette posti letto, per chi denuncia gli sfruttatori e ricorre all´articolo 18. Ma per fortuna le trans possono trovare accoglienza anche nelle case gestite dal gruppo Abele e dal Ceis di Lucca. Per il resto, manca ancora in Italia una vera rete di accoglienza per le prostitute transessuali».
LA CASA D´ACCOGLIENZA
Carmen Bertolazzi è la presidente dell´associazione Ora d´aria. È lei a gestire, a Roma, l´unica casa d´accoglienza per trans aperta oggi in Italia. «Originariamente - ricorda - ospitavamo solo le donne vittime di tratta. Poi, tre anni fa, la questura di Roma ci chiese di dedicare la casa d´accoglienza alle transessuali, perché non sapeva a chi rivolgersi nel caso di trans che decidevano di denunciare le loro sfruttatrici». Nel corso degli anni l´associazione si è presa cura di circa 25 persone: tutte brasiliane, tranne una argentina. Oggi a essere seguite sono in nove, tra transessuali e omosessuali: «Ospitiamo infatti anche omosessuali particolarmente femminili nell´aspetto - spiega Bertolazzi - che sono stati costretti a travestirsi e a prostituirsi». Le storie che si incontrano nella casa d´accoglienza sono le più diverse e drammatiche. «Alcune sono vittime di feroci violenze fisiche e psicologiche da parte delle loro sfruttatrici; altre sono state implicate nel mercato nero dello spaccio di ormoni o degli stupefacenti, che servono tanto a loro per tenersi sveglie e lavorare, che ai loro clienti». Le trans ospitate nella casa d´accoglienza ricorrono all´articolo 18 della legge sull´immigrazione, ma non manca chi negli anni passati ha chiesto lo status di rifugiata, perché oggetto di violenze nel Paese d´origine. «Nel nostro progetto - racconta Bertolazzi - offriamo anche la possibilità dell´operazione chirurgica di cambio del sesso, in una struttura pubblica della città. Operazione riconosciuta dal Sistema sanitario nazionale. Ma sia ben chiaro - aggiunge - alcune delle ragazze che ospitiamo non desiderano operarsi, ma preferiscono rimanere con gli organi genitali maschili. Scelta, questa, che va naturalmente rispettata, senza ingerenze da parte di nessuno».
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http://liberazione.it/news-file/Sex-worker--una-sorella-nella-lotta-per-i-diritti---LIBERAZIONE-IT.htm
CULTURA
Sex worker, una sorella nella lotta per i diritti
Con la morte di Marcella Di Folco tutte le persone che aderiscono ai movimenti per i diritti civili glbt e di sex workers sentono di aver perduto un pezzo di sé, una parte della propria forza.
Marcella una persona non comune ci lascia un vuoto che resterà incolmabile. Mille attiviste/i tutti insieme non riusciremmo mai a sostituire Marcella, la sua presenza e la sua voce sempre straordinaria e potente e il suo pensiero che veniva dalla mente ma passava dal cuore e che esprimeva sempre appassionatamente com’è tipico di chi le esperienze le ha vissute in prima persona e non solo per sentito dire.
Marcella ha condiviso con molte compagne i momenti drammatici quando ancora negli anni ’70 erano applicate le infami leggi fasciste alle transessuali che venivano messe al bando e relegate al confino e anche in carcere. Con loro e per loro si è battuta per ottenere una legge (Legge 14 aprile 1982, n. 164 “norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso” ) partecipando attivamente alla lotta che fu portata in Parlamento dal Partito Radicale. Sempre in prima linea attivista e militante nel più completo e vero senso di queste due parole. Generosa con tutte/i anche nei giudizi, capace di affermazioni dure ma subito ammorbidite da una grande umanità che aveva spontanea anche verso chi le era antagonista. Dal 1982 ha partecipato e condiviso con il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute le lotte per il riconoscimento dei diritti e contro le discriminazioni. Il sindacato delle sex workers francesi Strass e il Network europeo delle sex workers che conoscevano e apprezzavano il suo lavoro e le lotte del Mit la ricordano come una delle grandi sostenitrici del movimento internazionale. Noi l’abbiamo sempre sentita vicina, in ogni momento di lotta lei c’era. Anche quando era affaticata o stanca, sempre pronta ad un nuovo sacrificio per portare la sua solidarietà e la sua presenza significativa alla lotta.
Ma non solo noi dobbiamo rendere onore a Marcella, anche il mondo della politica lo deve fare. I cittadini e le cittadine di Bologna la stimavano e lo hanno dimostrato eleggendola in Consiglio comunale. La sua popolarità fra la gente se l’è conquistata, non con la pubblicità mediatica o i giochetti di potere, ma con la sua grande autenticità e intelligenza con la quale si relazionava con le persone nelle strade della sua città, ascoltandone i problemi e rispondendo sempre con gentilezza e comprensione. Soprattutto schierandosi con i più deboli contro le ingiustizie. Nel giorno della sua scomparsa voglio ricordare le sensazioni che provocò in me al nostro primo incontro, mi impressionò per la sua dimensione fisica che percepivo sovrastante, quasi imbarazzante. Ma subito mi sentii rassicurata per la sua accoglienza tenera e calda. La sentivo come una sorella, grande e protettiva. Mi stupiva la sua storia personale davvero straordinaria, mi impressionò la sua lucidità sulle rivendicazioni intraprese e il suo senso di giustizia. Ricordo che pensai che sembrava un personaggio di Fellini, un po’ di tempo dopo scoprii che aveva anche recitato con Fellini. Sapeva stare in scena personalità e con ironia e aveva il physique du rôle, indimenticabile la sua partecipazione al concorso del Cassero dove è stata eletta Miss Alternative una autentica “Favolosa” come amano definirsi le transessuali.
Coraggio, orgoglio e dignità è la lezione che ci ha dato Marcella Di Folco come attivista, ma come amica la ricorderò sempre per la sua gentilezza e affettuosa generosità è stato un onore per me avere la sua amicizia..
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_settembre_8/rostitute-casa-chiusa-alemanno-legge-1703720974065.shtml
«La nostra ordinanza antiprostituzione non è sufficiente - spiega Alemanno uscendo dal Viminale, dopo l´incontro con il ministro - serve introdurre il reato per avere risultati concreti. Su questo tema il ministro ha preso un impegno e ci darà risposte».
Per liberare le strade della capitale dalle lucciole, vero incubo per gli abitanti delle periferie, il sindaco firmò il provvedimento nel settembre 2008, appellandosi al "rischio di gravi incidenti stradali". L´ordinanza doveva rimanere in vigore fino al 30 gennaio 2009, in attesa dell´approvazione del ddl del ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, che per prostitute e clienti prevedeva sanzioni da 200 a 3 mila euro e 15 giorni di carcere in caso di reiterazione. Ma quel disegno non ha mai concluso il suo iter e l´ordinanza è stata prorogata: multe fino a 500 euro per prostitute e clienti colti in flagrante, contravvenzione recapitata a casa se il cliente non paga subito.
A favore dell´introduzione del nuovo reato si è già pronunciato il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi. «La proposta del ministro degli Interni deve essere valutata con attenzione e favore», ha detto. Critico il Pd romano. «Dopo aver presentato le sue ordinanze come panacea di tutti i mali, oggi Alemanno si rende conto del fallimento e invoca una legge», accusa il consigliere provinciale Pino Battaglia.
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Bologna
Emergenza prostitute: “Vietati i contatti verbali tra clienti e lucciole”
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FRANCO GIUBILEI
ZOLA PREDOSA (Bologna)
Sono molti anni che la zona industriale di Zola Predosa, paesone da 18.000 abitanti alle porte di Bologna, si è trasformata in un quartiere a luci rosse battuto giorno e notte da prostitute, trans e clienti. E da anni il Comune cerca di combattere il fenomeno con ordinanze sempre più severe. Quella appena firmata dal sindaco Pd Stefano Fiorini prevede misure già sperimentate anche altrove, come il multare automobilisti e camionisti che si fermino vicino a chi vende sesso, vieta di «consentire la salita a bordo del veicolo o manifestare tale consenso», e, novità, proibisce anche di parlarci. In burocratese: «E’ vietato prendere contatti verbali con dette persone».
Il divieto colpisce sia i potenziali clienti sia la controparte, e in modo altrettanto draconiano: non è infatti consentito né «prendere contatti verbali con i conducenti dei veicoli in transito», né «salire a bordo o manifestare l’intenzione di farlo», così come «scendere dai veicoli - con esclusione dei mezzi di trasporto pubblico di cui abbiano correttamente fruito - con i quali ci si reca negli abituali luoghi di stazionamento».
Per chi non rispetta le nuove regole, la sanzione prevista è di trecento euro. Il provvedimento, l’ultimo (forse), sostituisce l’ordinanza precedente, emessa dallo stesso sindaco meno di un anno fa e che a sua volta sostituiva un’altra ordinanza del 2008. Già sul finire degli anni Novanta l’amministrazione di Zola Predosa aveva cominciato a multare i clienti. Ma nell’area industriale di giorno restano all’opera le prostitute, prevalentemente straniere, nigeriane e nordafricane, di notte i transessuali. «E’ così 24 ore su 24: dalle 9 del mattino al giorno dopo – racconta il sindaco, in carica da un anno –. Quella è una zona ben nota per la prostituzione a Bologna, in provincia e non solo».
Ecco perché, constatata l’inefficacia dei divieti precedenti, la giunta è intervenuta di nuovo dopo aver ascoltato i suggerimenti di carabinieri e vigili che da anni fanno multe nelle vie del sesso a pagamento. «Con loro abbiamo “mappato” le strade dove si concentra il fenomeno – racconta Fiorini -, e individuato i comportamenti da perseguire: ecco la decisione di vietare anche i contatti verbali. Potrà sembrare banale - aggiunge il sindaco -, ma chi va in quella zona sicuramente non ci va per fare una chiacchierata». Ora solo il tempo dirà se funziona, Fiorini d’altra parte non ha dubbi: «Da tempo, in tutta l’Italia, dovrebbe essere in vigore lo stesso provvedimento».
Se poi prostitute e clienti dovessero cominciare ad accordarsi da lontano e a gesti, non resterà che emettere una nuova ordinanza.
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La gravissima decisione del Governo di operare tagli su specifiche iniziative di lotta alla tratta della prostituzione produrrà effetti devastanti riguardo la difesa delle persone sfruttate obbligate a prostituirsi nelle strade italiane. Oltre all’incremento di leggi e ordinanze in chiave proibizionista contro la prostituzione, che finora hanno prodotto in molte città miseri risultati che alimentano ancora di più il mercato nero e l’aumento di violenze senza che nemmeno vengano denunciate, si operano tagli che ledono la dignità delle persone ridotte in schiavitù da bande criminali.
Incontro dal titolo "Prostituzione: il fallimento delle politiche proibizioniste. Le proposte di regolamentazione. Lotta alla tratta e allo sfruttamento della prostituzione".
http://www.radioradicale.it/scheda/307614
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PROSTITUTE TASSATE E CASE CHIUSE ALTOLA' DELLA CARFAGNA "UNO SBAGLIO, SERVE CONTRASTO"
Da "GIORNO/RESTO/NAZIONE" di martedì 22 giugno 2010
LA PROPOSTA DEL SENATORE MALAN (PDL): Prostitute tassate e case chiuse
Altolà della Carfagna «Uno sbaglio, serve contrasto»
ROMA COME QUESTA pazza estate:
emendamenti come se piovesse. Al Senato, sulla manovra da 24 miliardi del governo si sono già abbattuti 2.550 emendamenti quasi equamente divisi tra maggioranza (1.200) e opposizione (1.350). Messi insieme formano una pila di 13 volumi molto corposi. Di fronte alla valanga il Pdl ha spiegato che tutti gli emendamenti dei suoi senatori sono stati presentati "senza filtro". Quindi, è probabile che, una volta filtrati, molti saranno ritirati.
Come è facile capire c`è dentro di tutto e di più. E tra le proposte, ritorna quella didi riaprire le case chiuse, di regolamentarle e di tassare il "mestiere più antico del mondo" per rastrellare un po` di denaro.
La proposta è del senatore Malan (Pdl). Pochi giorni fa, però, un`idea simile era stata avanzata anche dalla senatrice dell`opposizione Donatella Poretti (Pd-Radicali).
L`emendamento di Malan prevede che venga conferita una delega al governo per rivedere l`intera materia su "disciplina e tassazione della prostituzione" e, inoltre, introduce il controllo sanitario periodico e l`obbligo di protezione profilattica dei rapporti.
Ma subito arriva lo stop del ministro per le Pari Opportunità: «Non sono assolutamente d`accordo, la proposta del senatore Malan è in aperto contrasto con la linea di Governo», sottolinea Mara Carfagna, bocciando la proposta avanzata dal senatore Lucio Malan di tassare il mercato nero del sesso. «La linea di Governo è contenuta chiaramente nel disegno di legge approvato nel 2008 dal Consiglio dei Ministri.
L`obiettivo di questo disegno di legge - spiega il ministro -- è quello di contrastare e non regolamentare la prostituzione, un`attività che offende e lede i diritti fondamentali delle donne».
A PARTE l`emendamento immediatamente bocciato dal governo (condono edilizio) e subito ritirato, per tutti gli altri dovrà essere valutata l`ammissibilità e poi dovranno essere discussi. Va tenuto presente che la prima approvazione da parte del Senato è prevista entro il 9 luglio. I tempi, quindi, sono stretti. Di fronte a tutto ciò il governo si tiene le mani libere facendo sapere (Maroni) che la manovra "potrà essere cambiata, ma senza toccare i saldi", anzi "potrà essere migliorata". La sensazione e che accadrà come in passato: alla fine il governo raccoglierà in un suo maxiemendamento i cambiamenti alla manovra.
I-M. rta.
IL PUNTO Nel 1958 la legge Merlin sancisce l`abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e, quindi, la chiusura delle case di tolleranza Nel 2008 il ddL Carfagna introduce il reato di esercizio della prostituzione in strada e in generale in "luogo pubblico" con multe a lucciole e clienti Un emendamento alla manovra firmato dal senatore pol Malan prevede la tassazione delle prostitute che possono "lavorare" solo al chiuso La prima approvazione del decreto correttivo è prevista entro il 9 luglio.
LO STOP DEL MINISTRO L`obiettivo del governo è contrastare la prostituzione e non regolamentare un`attività che lede i diritti fondamentali delle donne
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di R.P.
parlamentare sulla "porno-tax" durante una Finanziaria di qualche anno fa – è avanzata dal senatore del Pdl Lucio Malan (valdese), ma c’è anche una analoga disposizione firmata dalla Radicale-Pd Donatella Poretti. A dispetto di chi voleva ormai archiviata la sessione di bilancio, l’assalto alla diligenza e gli interventi perlomeno «fuori tema».
Ma non basta. Si buttano al l’attacco i tre senatori del Pdl che propongono un maxicondono e vengono ripresi per le orecchie da Tremonti. Ci prova la Lega che chiede una sorta di «scudo» per gli invalidi che emergono e si autodenunciano e un contributo di solidarietà del 3% per tre anni sulle pensioni oltre i 60 mila euro. Maurizio Saia (Pdl) chiede di poter destinare il 5 per mille anche alle Università e Facoltà
Pontificie, oppure - dice Paolo Tancredi (Pdl) - bisogna aumentare l’addizionale comunale sui diritti di imbarco di 20 centesimi. Nel mirino, dopo la prudenza di Tremonti e i distinguo di Berlusconi, anche le Fondazioni bancarie: Giuseppe Menardi del Pdl ha proposto un’imposta straordinaria del 2% per il triennio 2011-2013. Inoltre, torna il discorso dei conflitti d’interesse tra fondazioni e società controllate: lo stesso emendamento dispone che non si possa sedere in entrambi i consigli di amministrazione. Al mondo della finanza guarda anche l’altro emendamento firmato da Cosimo Latronico (lo stesso del condono): propone che l’addizionale su stock option e bonus peri manager del settore finanziario sia
elevata dal 10 al 20 per cento. C’è chi tenta di trovare risorse per finanziare i propri emendamenti raschiando il fondo del barile: in questo caso si tratta della birra e dei prodotti alcolici per i quali viene proposto da Giampiero D’Alia (Udc) un aumento delle tasse per alimentare per prorogare al 31 dicembre la Tremonti-ter.
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di Fulvio Cammarano
Il governo, attraverso il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, si è espresso contro la prostituzione. La dichiarazione è stata fatta a margine delle proposte, disgiunte ma convergenti, del deputato Pdl Lucio Malan, membro della Chiesa Evangelica valdese, e della senatrice radicale del Pd, Donatella Perotti, di legalizzare il mercato del sesso per poterlo legittimamente tassare. Qualcuno ha stimato il gettito fiscale potenziale che potrebbe derivarne, in oltre un miliardo di euro. In Germania, sembra, che lo Stato percepisca dalla tassazione sulla prostituzione, circa tre miliardi. La contrarietà del governo è dovuta. Ci mancherebbe altro. Essere contro la prostituzione è come essere contro l’evasione fiscale, l’abusivismo edilizio, la corruzione, lo sfruttamento del lavoro nero e minorile. Chi non lo è, contro? Però mentre dalla lotta a quei misfatti lo Stato riesce ad ottenere un qualche tipo di introito, senza peraltro poterne impedire la diffusione, la prostituzione resta un cospicuo affare che rimane interamente nelle mani dei privati. Se uno vende il proprio corpo compie un’azione riprovevole dal punto di vista morale, socialmente condannata dall’etica pubblica ma da quell’azione ottiene un vantaggio economico. La stessa cosa si può dire dell’alcolismo o dei giochi d’azzardo, solo per fare alcuni esempi. Ma mentre questi comportamenti disdicevoli sono consentiti, garantendo allo Stato un enorme guadagno, la prostituzione è non solo proibita ma anche negata. Quelle signore ai bordi della strada o quelle strane donne un po’ mascoline nelle periferie delle città sono dei passanti che prendono aria fresca. Non esistono, visto che, comunque, la repressione di tale “riprovevole” commercio è materialmente impossibile e anche molto dispendiosa dal punto di vista del consenso politico. Prevalga dunque l’”ipocrisia” di Stato: ognuno venga abbandonato a se stesso e alla criminalità organizzata, lesta ad occupare il territorio che lo Stato rifiuta di controllare. Quale modo migliore per favorire gli sfruttatori?
ROSALIA GUARNIERI, LEGA
Il sindaco di Albenga: “Case chiuse da riaprire”
ALBENGA (Savona)
«Sì alle case chiuse dove le prostitute possono esercitare la loro professione liberamente, censite, controllate e quindi senza costrizioni da parte delle organizzazioni criminali». E’ la proposta del sindaco di Albenga Rosalia Guarnieri (Lega Nord), che ha acceso il dibattito politico subito dopo la visita del ministro Maroni in prefettura a Savona. «Le prostitute potranno essere monitorate anche dal punto di vista sanitario e credo che sia una buona cosa anche per chi le frequenta», sostiene il sindaco albenganese.
Immediata la replica del consigliere di opposizione Simona Vespo (Pd): «Chi chiede l’istituzione di case chiuse o strade a luci rosse difende soprusi e violenze sulle donne. Mercificare il corpo femminile va contro i principali valori cristiani. Spero invece che il Comune apra al più presto lo sportello contro la violenza sulle donne». Il sindaco attacca: «Lo sportello contro la violenza? Esiste: è operativo presso la sede della Provincia di Savona ed è improponibile aprire doppioni. E’ più logico sostenere il centro d’ascolto della Caritas diocesana».
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Intervento della sen. Donatella Poretti, Radicali/Pd
BLITZ DEI CARABINIERI LE RAGAZZINE PORTATE IN CANAVESE DIRETTAMENTE DALLA CINA E POI SMISTATE IN TUTTO IL NORD ITALIA
La scuola delle prostitute cinesi
GIAMPIERO MAGGIO
MONTALTO DORA
Una palazzina di due piani dalle pareti esterne grigie e scrostate. Di fianco al portone di ingresso non ci sono né campanelli, né targhe che indicano chi ci abita. Una volta dentro, una scala con i tappeti azzurri porta direttamente alle camere con le pareti tinteggiate di fresco e con le luci soffuse.
È in questo stabile alla periferia di Montalto Dora, tra le villette in stile liberty con i giardini curati e i vasi di geranio appesi ai balconi, che venivano addestrate decine di ragazze cinesi. Giovanissime, minute e spaventate: da avviare alla prostituzione. Una vera e propria scuola per giovanotte reclutate in tutto il Nord Italia o fatte arrivare apposta dalla Cina. Una specie di casa-lager, a dire il vero. Qui, raccontano i carabinieri della Compagnia di Legnago (che dopo sei mesi di indagini hanno sgominato una banda organizzata nel traffico clandestino e nella prostituzione) a queste ragazze veniva insegnato come e cosa mangiare, come trattare con i clienti, cosa dire, come curarsi in caso di malattia, come gestire il denaro. La tenutaria, Liu Wenping, 42 anni, è stata arrestata ieri notte: era lei la maîtresse che insegnava il mestiere e smistava i clienti. Quando i carabinieri si sono presentati alla porta, nelle due stanze al primo piano c’erano un paio di ragazze all’opera assieme a due insospettabili quarantenni. Oltre a lei, in manette, sono finite altre 5 persone, arrestate tra il milanese e il veronese: l’accusa, per tutti, è favoreggiamento della prostituzione e violazione delle leggi sull’immigrazione clandestina.
La banda aveva ramificazioni in tutto il Nord Italia, in particolare in otto province: Verona, Bergamo, Reggio Emilia, Milano, Treviso, Vicenza, Padova e Torino.
Ieri, a Montalto, la notizia aveva già fatto il giro del paese. Tutti sapevano che in quella casa, a pochi passi dalla statale, capitava qualcosa di strano. E, in molti hanno visto arrivare le auto dei carabinieri. «C’era un viavai continuo - racconta Natale Ribotta - macchinoni a tutte le ore del giorno e della notte. Tutti erano al corrente della casa d’appuntamenti». Dai sospetti al pettegolezzo il passo è breve. C’è chi racconta che in quell’appartamento ci andava anche gente della zona. «Sarà anche solo una voce - spiega Anna D’Amico, titolare di un negozio di elettronica - però bastava andare nei bar del centro. Tutti sapevano che quel via-vai andava avanti da due anni».
Ieri la postina del paese, Maria Grazia Gardin, si è fermata davanti al numero civico 21 di via Cernaia: aveva una raccomandata per Liu Wenping e una bolletta del gas da consegnare. Quando ha saputo ha allargato le braccia: «Prima o poi doveva capitare». Poi racconta: «Le ragazze non le vedevi mai. Ogni volta che la mia collega ed io consegnavamo la posta si presentava sempre la stessa donna. Aveva modi gentili ma sempre sbrigativi. Come se non volesse che qualcuno ficcasse il naso nei loro affari».
I carabinieri tenevano d’occhio quella palazzina da mesi. Da quando i tasselli dell’indagine, partita da un appartamento di Sanguinetto, nel veronese, avevano portato fino qui, nella casa lager di Montalto.
È POLEMICA SULLA PROPOSTA DEL SOTTOSEGRETARIO
Santanchè: “Sì ai bar a luci rosse. Basta con le prostitute in strada”
ROMA
«È necessario togliere la prostituzione dalle strade e individuare dei luoghi idonei, come in Spagna, dove esistono bar e ristoranti che ai piani superiori dispongono di stanze che vengono utilizzate per questo. Si tratta di situazioni regolamentate, dove è più facile eseguire controlli, dove viene meno la tratta delle schiave e delle minorenni». La proposta viene dal sottosegretario all’Attuazione del Programma, Daniela Santanchè, che in questo senso si è espressa durante una intervista a Klaus Davi, per il programma «KlausCondicio».
La proposta è l’ennesima istanza per un quesito che agita la politica italiana da quando la legge Merlin ha abolito le case chiuse: come gestire la prostituzione? Questo governo vuole trovare la soluzione, «ed è sbagliato - ha spiegato il sottosegretario - pensare che dopo il caso D’Addario per il governo sarebbe impopolare varare una legge a riguardo».
La buona volontà della Santanchè non è stata però adeguatamente apprezzata, e appena diffuso il virgolettato, sono iniziate le polemiche. La prima insurrezione si è levata dalla Fipe, la federazione dei pubblici esercizi aderente a Confcommercio, che ha respinto con sdegno l’ipotesi di dover servire cappuccino e cornetto con l’aggiunta di escort.
Ma anche la politica ha reagito con diffidenza. «In Parlamento ci sono importanti proposte sul tema. È una vergogna solo poter pensare di legare le attività commerciali con la prostituzione» ha commentato Alessandra Mussolini, che poi è andata giù pesante: «La Garnero Santanchè si limiti a scaldare la poltrona che ha gentilmente quanto misteriosamente ottenuto».
Più garbato, ma ironico, il senatore del Pd Roberto Di Giovampaolo: «Complimenti per la proposta. Il Pdl pencola sull’argomento tra ipotesi reazionarie, nostalgia per le case chiuse e libertarismo sfrenato. Pensino piuttosto a combattere la tratta». La Santanchè ha rettificato, in serata, che non ha mai parlato di bar, ma ha pensato, semmai, ai nightclub. La precisazione, però, è arrivata quando ormai la disputa era fuori controllo e la gragnuola di colpi difficile da parare.\
Un´inchiesta discreta ma capillare, che parte dagli annunci online e sui giornali specializzati e che ha già portato a 880 contatti con le donne che si prostituiscono in appartamento a Torino e dintorni. È un fenomeno, quello della prostituzione nelle case, che aumenta costantemente anche in seguito ai timori legati al reato di clandestinità: né le persone che vendono il loro corpo né, tanto meno, i loro clienti sono più disponibili a correre il rischio di un controllo, un´identificazione, una denuncia. Se ne è discusso ieri per tutto il giorno in un seminario al Gruppo Abele di corso Trapani, promosso tra gli altri dalla Provincia: hanno partecipato dalla Toscana alla Campania, dai Padri Somaschi di Milano alla squadra mobile di Cuneo. Fino alle forze dell´ordine e ai magistrati torinesi che da anni si occupano di tratta delle persone e che oggi devono mettere a punto strumenti nuovi per un fenomeno che non sempre porta con sé dei reati e nelle pieghe del quale è perfino più difficile riconoscere, quando c´è, lo sfruttamento e l´abuso. A Torino, tra i gruppi attivi negli interventi «a bassa soglia» per prevenire i rischi sanitari e aiutare le prostitute che potrebbero averne bisogno ci sono realtà vecchie e nuove, dall´associazione Tampep al Progetto prostituzione e tratta del Gruppo Abele. Il principio è quello di trasferire sul fronte della prostituzione in casa quello che gli operatori hanno appreso in anni di esperienza sulle strade: «agganciare» le donne, raramente italiane, mentre prevalgono quelle di origine sudamericana, est-europea e cinese; offrire loro i primi strumenti di consapevolezza e di prevenzione per combattere le malattie sessualmente trasmissibili; dare aiuto in caso di violenza o vera e proprio schiavitù, stabilire un rapporto di fiducia. Ma al posto del camper che si spostava e si sposta sui luoghi dei sex-workers ora ci sono operatori che hanno seguito corsi di formazione per parlare al telefono con le donne dei bordelli del terzo millennio: prima una breve presentazione, poi l´offerta di una visita, di consigli medici o di un aiuto. Molte rifiutano, il 70 per cento, forse di più, ma una parte accetta almeno di ricevere una seconda telefonata. Un approccio, quello delle associazioni, che al momento risulta altrettanto utile degli interventi di polizia e magistratura (ieri al seminario hanno partecipato anche il sostituto procuratore Stefano Castellani, il dirigente della squadra mobile Antonio Runci e della polizia municipale Marco Sgarbi). Anche perché, spesso, dietro la prostituzione in appartamento non esistono reati: la polizia arriva, perlopiù chiamata dai condomini infastiditi da un viavai che dura dalle cinque, sei del pomeriggio fino alle 22, il contratto di affitto è intestato a qualcuno di irreperibile, le donne nella casa non hanno nulla da dichiarare. Ma in alcuni casi (è successo ad Asti dove le «case» impiegavano giovani thailandesi appena arrivate dal paese d´origine e senza alcuna possibilità di sottrarsi) lo sfruttamento è palese, in altri (come negli appartamenti riservati ai soli cinesi, anche se ultimamente alle prostitute orientali si rivolge anche una nuova clientela italiana) tutto è avvolto dal mistero. Per strada restano in poche, perlopiù africane. Le tariffe in appartamento? Fino a 100 euro. E la domenica, hanno raccontato le donne intervistate, chi accetta di lavorare può tenere per sé tutto ciò che guadagna.
Evidentemente il commento è parso inopportuno a qualche compagno di partito o saggio consigliere della presidente. Perché pochi minuti dopo, dal medesimo indirizzo email è stato inviato il seguente messaggio. «Si prega di non tenere conto ai fini della pubblicazione della nota inviata in seguito a disguido tecnico alle ore 13.01 e avente ad oggetto "Dichiarazione del presidente della Provincia Gianna Gancia"». Resta una curiosità: ma quando Gancia pensava alle condizioni igienico-sanitarie, si riferiva forse alla curiosa abitudine attribuita al capo del governo di farsi decine di docce fredde nell´arco di una notte?
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www.fuoriluogo.it
On line la mappatura della prostituzione in Europa
Si è chiuso a dicembre il progetto europeo Tampep 8 e i risultati sono ora on line sul sito tampep.eu. Qui si può trovare la mappatura della prostituzione nel vecchio continente e le tendenze di mobilità in Europa, un rapporto sul quadro giuridico nei paesi della UE in relazione alla migrazione e alla salute delle lavoratrici del sesso. Inoltre è on line anche un manuale scaricabile in pdf con esempi di buone pratiche da tutta Europa. Infine è da segnalare il sito www.services4sexworkers.eu, un aggiornato database dei servizi per la Salute e l'Assistenza sociale per le Prostitute che si manterrà aggiornato anche in futuro anche a seguito delle segnalazioni online.
Ai cosidetti stranieri ci penseranno le lucciole buoniste e cattocomuniste nostrane che non andranno tanto per il sottile: magrebini o altri africani del corno (d'Africa).
Mandi,
Renzo Riva
renzoriva@libero.it
349.3464656
Viene da chiedersi cosa vuol dire essere "stranieri" per queste ragazze venute da paesi lontani. Pensi subito al razzismo, ma una di loro, Argentina, sostiene che non è così: «Preferisco gli italiani perché con loro non ci sono mai stati problemi. Pagano e non fanno storie. A volte si diventa pure amici. Sì, è vero, anch´io non sono italiana. Diciamo che non mi piace andare coi nordafricani, allora». Porte chiuse per i figli del maghreb, accusati di essere violenti, rissosi. Qualcuno, raccontano le ragazze, scappa via con l´incasso della giornata.
Uno "sbarramento" emerso anche in alcune intercettazioni della Squadra Mobile in un´indagine sulla prostituzione cinese. «In alcune occasioni - rivela un investigatore - abbiamo sentito la tenutaria dare istruzioni alle ragazze su come comportarsi con i clienti. E dicevano di fare attenzione ai nordafricani perché secondo loro non sono affidabili». Adesso, lo hanno messo anche negli annunci sui giornali.
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PECHINO
dal nostro corrispondente
In Cina, ogni giorno, sembra cambiare tutto. La memoria muore con la notte. Solo su un punto la tradizione non transige: il sesso. Si nasconde qui l´unico fallimento del potere. Nel 1949 Mao chiuse i bordelli e dichiarò reato la prostituzione. Risultato: sessant´anni dopo prospera in Cina la città del sesso più grande del mondo. Si chiama Dongguan e giace tra i canali, nel delta del fiume delle Perle, nella regione meridionale del Guangdong.
L´ultimo rifugio delle concubine è stato collocato sull´acqua dopo un´indagine di mercato, piuttosto che per una romantica nostalgia. Dongguan è a metà strada tra Shenzen e Guangzhou, megalopoli industriali del cuore produttivo del pianeta. Milioni di lavoratori migranti, centinaia di manager, migliaia di clienti in viaggio, tutti con il requisito-base: una vita lontano da casa e qualche soldo fuori controllo in tasca. In trent´anni, grazie all´esplosione globale dell´economia cinese, la città delle ultime concubine ha trasformato, a sua volta, un mestiere artigianale in un´industria. Si può leggere, in questo passaggio, la sconvolgente metamorfosi cinese. Le prostitute sono oltre 300mila e il settore impiega stabilmente 800mila addetti.
Dopo un´iniziale, timida, opposizione, la municipalità si è sviluppata su misura. Ogni giorno, perché l´attività inizia già al mattino, aprono 25 mila locali: saune, centri-massaggio, bar, karaoke, bagni e discoteche. Sono sorti anche 120 alberghi di lusso, per uomini particolarmente generosi che amano le ragazze d´alto bordo. Nessuno, ufficialmente, è un bordello. E infatti le ragazze, come impone il destino di ogni concubina, adempiono innanzitutto ad un servizio di "sostegno umano": chiacchierano, consolano, brindano e mangiano con chi ne ha bisogno, addormentano, consigliano. Soprattutto ridono, considerata la difficoltà e l´importanza della pratica, nella quotidianità.
Solo dopo tale opera sedativa, con orientale finezza e cinese determinazione, si passa all´amore. Qui termina l´esotismo imperiale e inizia la catena di montaggio statale. Ogni locale offre una quarantina di ragazze, distinte per qualità. Ogni aspirante viene sottoposta ad un regolare corso settimanale di addestramento professionale. «Sufficiente - ha confessato una novizia - per farti spellare non solo le ginocchia». I servizi offerti sono 30 e vanno concordati prima. Le concubine più raffinate seguono anche corsi di recitazione: devono sapere cantare e suonare, fare lo spogliarello, ballare, travestirsi, fingere su tutto. Due ore standard, con «doppio amplesso su letto ad acqua», costano tra i 15 e gli 80 euro. Base di partenza.
La genialità cinese, innescata dalla proverbiale parsimonia popolare, è arrivata a certificare l´indice "Iso" anche per garantire la qualità del prodotto di Dongguan. Trecento ispettori esaminano ogni mese locali e concubine: valutano lusso, ampiezza, pulizia, salute, attrezzatura, età, caratteristiche, riservatezza e così via fino al titolo di studio delle signore, all´opportunità di girare video personali e alla probabilità dei clienti di restare vittime di una retata della polizia. I centri più eleganti, tra i servizi, offrono anche la tecnologia. Concubine hi-tech aiutano i clienti, provenienti ormai da tutta l´Asia, a navigare in internet. Realizzano e stampano, su carta di riso rossa, ricerche da Google. Una società, per venti euro all´anno, invia agli abbonati sms quotidiani con le novità, le disponibilità di giornata, le offerte. A fornire i nominativi degli interessati potenziali, le concessionarie d´auto della regione. In due mesi hanno sottoscritto in 7 mila. L´organizzazione è all´altezza dei risultati. Si calcola che il 10% dei lavoratori di Dongguan frequentino ormai abitualmente le prostitute, per un giro d´affari di 70 milioni di euro a settimana.
«Chiudere - ha osservato il segretario comunale del Partito comunista, Liu Zhigeng - significherebbe bruciare il 30% del Pil e produrre quasi un milione di disoccupati. Ma possiamo dire che sarebbe a rischio la nostra intera economia. E questo, si capisce, è il problema».
Nonostante il successo, e il suo valore, l´ultimo mercato delle concubine cinesi è vissuto dal Paese come una vergogna nazionale. «Trecentomila prostitute in una città di prostitute - dice Pan Suiming, docente di sociologia all´Università del Popolo - certificano un fallimento politico. Le donne, nelle fabbriche del Guangdong, vengono sfruttate e molestate. Il 90% delle concubine, prima di diventarlo, hanno lavorato nelle catene di montaggio. Finiscono nei bordelli camuffati da sauna perché non hanno scelta. Se devi subire, meglio farlo guadagnando trenta volte di più e lavorando il 50% in meno».
Da anni, il ministero della Pubblica sicurezza, pressato da masse di mogli inferocite, annuncia piazza pulita. Migliaia di poliziotti effettuano periodiche retate. Poi si scopre, regolarmente, che nei locali si rilassano funzionari di partito e vertici delle forze dell´ordine. Che saloni e night appartengono ai leader del potere e delle organizzazioni di categoria. O che le stesse autorità affittano interi piani di hotel e relative ragazze per tenere le riunioni politiche più delicate. «La pressione per chiudere un occhio - dice il capo della polizia, Cui Jian - è enorme». Per questo l´ultimo eden delle concubine cinesi non conosce tramonto. Cresce, come tutto, qui: assieme alla tristezza della sua solitudine.
Giornata Mondiale contro la violenza sulle Sex Workers